Guida alla lettura

Lo scritto di John Reed ripercorre le fasi salienti dell’organizzazione dei proletari russi come classe e delle strutture di cui si sono dotati nei momenti di lotta. L’esigenza di avere degli organi di decisione e rappresentanza, infatti, nasce proprio durante l’esperienza rivoluzionaria del 1905 e dà vita alle Federazioni di mestiere, represse e costrette alla clandestinità subito dopo la sconfitta.

Nel febbraio del 1917 queste organizzazioni riemergono e vedono un’affluenza notevole al proprio interno grazie alle battaglie per la diminuzione dell’orario, l’aumento dei sa­lari e il miglioramento delle condizioni di lavoro. Il pregio di queste strutture è l’unificazione dei lavoratori di una stessa categoria. Il limite, come in tutte le organizzazioni sindacali ovunque nel mondo, è il trattare unicamente questioni di tipo economico tralasciando temi politici di carattere più generale.

Per far fronte a questo ostacolo, i lavoratori formano le Commissioni operaie di fabbrica, che permettono loro un vero controllo sull’industria, contrastando anche l’azione delle Federazioni e dei loro funzionari quando questi sostengono accordi dannosi per i dipendenti. Le prime aziende ad essere prese in mano dalle Commissioni (o Soviet) sono quelle gestite dai rappresentanti governativi, che abbandonano stabilimenti e interi paesi, lasciando sulle spalle degli operai non solo la direzione del lavoro, ma la stessa gestione politica delle città. Nelle fabbriche private, invece, i padroni tentano continuamente di screditare le Commissioni perché queste ultime esigono di verificare la produzione, le spese e i profitti.

La gestione dei Soviet dimostra come le condizioni materiali, in particolare l’esperienza maturata in anni di lavoro, valga più di tutti gli studi di economia e lavoro condotti da funzionari statali e borghesi: nonostante gli operai abbiano poca istruzione e siano per la maggior parte analfabeti, le Commissioni riescono ad ottenere un incremento della produzione, una diminuzione delle spese e la piena occupazione aumentando persino i salari. Questo è possibile solo eliminando coloro che si appropriano dei profitti derivanti dal lavoro di altri e costruendo una società in cui siano i lavoratori a governare tramite le proprie organizzazioni e i propri delegati, eletti democraticamente, revocabili e senza privilegi.


La storia dell’organizzazione operaia in Russia è piuttosto breve. Prima della rivoluzione del 1905 non esisteva alcuna Federazione di mestiere, nel senso stretto della pa­rola. L’unico sistema di rappresentanza degli operai che fosse riconosciuto dalla legge era l’elezione dello starosta; gli starosta erano eletti anche nei villaggi e persino nelle prigioni, con poteri quasi uguali dappertutto.

Durante il processo rivoluzionario del 1905, circa 200mila operai diedero vita alle prime organizzazioni di lavoratori, ma come sappiamo Stolipin le soppresse con ferocia. Rimasero in vita solo le più piccole, ma in seguito vennero ugualmente soppresse e private dei loro beni, mentre i capi venivano mandati in Siberia. Negli anni successivi, l’esistenza delle Federazioni fu pressoché segreta: i loro membri continuarono a essere, per tutta la Russia, circa 10mila. Durante la guerra ogni tentativo di organizzare gli operai era combattuto spietatamente; i lavoratori coinvolti in una qualche relazione con le organizzazioni di classe venivano mandati al fronte.

 

Federazioni di mestiere

La Rivoluzione in parte liberò gli operai da questi lega­mi costrittivi e l’organizzazione ne ricevette un rapido im­pulso. Quattro mesi dopo lo scoppio della Rivoluzione si riunì la prima conferenza panrussa degli operai organizzati e vi parteciparono 200 delegati rappresentanti più di 1.400.000 lavoratori. Due mesi dopo, secondo una relazione di Riazonov, si calcolava che gli organizzati fossero più di 3 milioni: oggi questo numero è raddoppiato.

Base dell’organizzazione fu l’industria e cosi si costi­tuirono grandi organismi federativi, nei quali scompar­vero le piccole divisioni di mestiere. Ad esempio, nella fabbrica governativa di armi di Sestroretzk, tutti gli operai addetti alla fabbricazione dei fucili (i forgiatori di canne, i meccanici costruttori del congegno di sparo, i falegnami che facevano le “casse” di legno, ecc.) erano tutti indistintamente membri della Federazione metallurgica.

Le federazioni compirono un lavoro importante: co­struite secondo un piano il quale riuniva i tratti migliori degli organismi operai francesi e tedeschi, esse raggiun­sero e unificarono gran parte della massa operaia. Come in tutti i paesi, esse si occupavano specialmente della lotta per la diminuzione dell’orario, l’aumento dei sa­lari e il miglioramento delle condizioni del lavoro. Esse fecero loro la teoria tradunionistica, che porta agli “acco­modamenti”, ai “patti” con gli imprenditori – alla colla­borazione tra capitale e lavoro. Esse istituirono, ad esem­pio, un sistema di commissioni arbitrali sotto il controllo governativo.

 

Perché sorsero le Commissioni di reparto

Come negli Usa la massa operaia non è soddisfatta della politica reazionaria e meschina della Federazione americana del Lavoro – perché questa politica di non badare che agli aumenti di salario e alla diminuzione delle ore di lavoro non può condurre a nessun risul­tato definitivo – così erano scontenti anche gli operai russi. Essi desideravano esercitare un controllo sull’industria e nei reparti stessi sul lavoro. Impediti dagli “accordi” e dalle commissioni arbitrali sostenute dai dirigenti delle federazioni, però, essi non potevano agire; sorsero per­ciò nelle fabbriche delle organizzazioni unitarie, opera della Rivoluzione: le Commissioni operaie di fabbrica (Fabricno – Zavodskie Komitiety). Esse furono la base reale del controllo degli operai sull’industria.

I consigli ebbero origine delle officine di stato per le munizioni. All’inizio della Rivoluzione moltissimi dei dirigenti delle officine governative, per lo più funzionari militari che trattavano brutalmente gli operai abusando della legge marziale, abbandonarono i propri posti. A differenza degli industriali privati, questi funzionari governativi non avevano nessun interesse a continuare il lavoro. Gli operai, per impedire la chiusura delle fabbriche, si dovettero addossare il carico della direzione di esse e in alcuni luoghi, come a Sestroretzk, ciò volle dire farsi carico anche della direzione della città.

Fino a quel momento le officine governa­tive erano state dirette con tanta incapacità e corruzione che le Commissioni operaie, quantunque aumentassero le paghe, diminuissero l’orario e impiegassero nuova mano d’opera, riuscirono a ottenere un aumento di produzione e una diminuzione di spese, e in pari tempo condussero a termine nuove costruzioni iniziate da appaltatori diso­nesti. Fecero edificare un ospedale nuovo e diedero alla città il primo impianto di fognatura. Nelle fabbriche governative l’opera delle commissioni fu semplice, per un certo periodo di tempo. Per lungo tempo dopo la rivolu­zione nessuno contestò l’autorità degli operai, e quando infine il governo di Kerensky cominciò a occuparsene, gli operai esercitavano ormai un controllo completo e poiché lavoravano in munizioni, con ordinazioni fisse, non vi era motivo di chiudere le officine. Materie prime e combusti­bili erano forniti dal governo stesso, alcune volte però, sotto l’inetto governo di Kerensky, le Commissioni ope­raie dovettero mandare degli incaricati a Baku per gli acquisti di petrolio, a Karkov per il carbone, e nella Si­beria per l’acciaio.

 

Le Commissioni all’opera

Da Sestroretzk le Commissioni di reparto si estesero come una macchia d’olio a tutti gli altri stabilimenti governativi e poi agli stabilimenti privati che lavoravano per il governo, alle industrie private, e da ultimo alle officine che erano state chiuse allo scoppio della rivoluzione.

Il movimento fu dapprincipio limitato a Pietrogrado, ma ben presto cominciò ad allargarsi a tutta la Russia, e pochi giorni prima della Rivoluzione di Ottobre ebbe luogo il primo Congresso panrusso delle Commissioni operaie di officina. Oggigiorno i rappresentanti delle Commissioni e i rappresentanti delle Federazioni costituiscono il Dipar­timento del lavoro del nuovo governo e formano il consi­glio del controllo operaio.

Le prime commissioni costituite negli stabilimenti pri­vati si occupavano specialmente di mantenere in vita l’in­dustria che languiva per la mancanza di carbone e di ma­terie prime, specialmente per il sabotaggio dei padroni e dei capi, che cercavano di condurla a completa rovina. Per gli operai era una questione di vita o di morte. Le commissioni di reparto appena formate furono costrette ad individuare l’ammontare e la cadenza degli ordini, in pratica di quanto carbone e di quante materie prime potevano di­sporre, quanto rendeva il lavoro (per poter proporzionare i salar) e soprattutto furono costrette a controllare esse stesse la disciplina degli operai, l’assunzione e il licenzia­mento della mano d’opera. Laddove i proprietari non volevano più tenere aperti gli stabilimenti, gli operai dovettero per forza farsi avanti e sbrigare ogni cosa nel miglior modo possibile.

Alcuni dei tentativi fatti in questa direzione furono mol­to interessanti. A Novgorod gli operai di un cotonificio, assunta la direzione di esso, dovettero praticamente im­parare il modo di farlo fruttare e di vendere i manufatti; cominciarono prima a lavorare solo per sé, poi per gli altri abitanti della città, fino a che giunsero a scambiare i loro prodotti con i lavoratori delle regioni produttrici di materie prime, di combustibili ecc. e a ricevere ordinazioni da aziende commerciali.

Nelle industrie che mantenevano dei proprietari privati, le Commissioni operaie man­darono delegati a conferire con la direzione per quanto riguardava il combustibile, le materie prime e le ordinazioni; la direzione doveva rendere conto di tutto ciò che entrava e di ciò che usciva dalla fabbrica; fecero una stima totale dello stabilimento per sapere quale fosse il suo valore, quali riserve di prodotti vi si trovavano, quali erano i profitti. Le maggiori difficoltà si ebbero da parte dei padroni che cercavano di tener celati i guadagni e le ordinazioni e in ogni modo si adoperavano per render nulla l’efficienza della fabbrica, per screditare l’organizzazione degli operai. Le Commissioni operaie dovettero licenziare tutti gli ingegneri, gli impiegati e i capi tecnici di spirito antirivoluzionario e antidemocratico, e i licenziati non potevano trovare occupazione in nessuna officina se non presentavano un benservito delle commissioni operaie. D’altra parte gli operai prima di essere ammessi al lavoro erano costretti a iscriversi alla federazione e le Commissioni sorvegliavano l’applicazione di tutti i regolamenti e i patti federali.

 

La lotta contro le Commissioni operaie

La lotta dei capitalisti contro le Commissioni operaie di reparto fu estremamente aspra. La messa in opera dei regolamenti e dell’organizzazione operaia fu impedita ad ogni passo. I giornali borghesi pubblicarono le più stravaganti menzogne contro i “pigri operai”, che in­vece di lavorare sprecavano il tempo a chiacchierare (in realtà le Commissioni di officina dovevano lavorare diciotto ore al giorno), contro lo sviluppo enorme delle Commissioni (era vero il contrario, per esempio nelle ollicine Putilov, le più vaste di Pie­trogrado, nelle quali erano occupati 40mila uomini, la Commissione operaia centrale rappresentante 11 dipartimenti e 46 reparti, era composta da solo 22 membri). Skobelev stesso, ministro del lavoro “socialista” nel governo di Kerensky, nella prima metà di settembre 1917, emanò un ordine  per cui i Commissari operai di reparto potevano riunirsi solo “dopo le ore di lavoro” e non potevano ricevere nessuna paga per le ore impiegate nei lavori della Commissione. Sta però il fatto che solo le Commissioni operaie di reparto salvarono l’industria dalla completa disorganizzazione durante il governo di Kerensky. Nella nuova Russia industriale l’ordine fu creato dalla necessità.

Ogni Commissione centrale fu divisa in cinque sezioni:

1) produzione e distribuzione; 2) combustibile; 3) materie prime; 4) organizzazione tecnica dell’industria; 5) smobilitazione o passaggio dalle condizioni di guerra a quelle di pace. In ogni distretto tutte le officine di una stessa industria si accordarono per mandare due delegati a un con­siglio distrettuale e ogni consiglio distrettuale mandò un delegato al consiglio cittadino, che a sua volta mandava delegati al Consiglio panrusso, alla Commissione centrale delle Federazioni e ai Soviet.

Nella Russia non tutti gli operai erano organizzati, ma ogni operaio di officina doveva essere rappresentato nella Commissione di officina e questa a sua volta costrinse i suoi membri a entrare nell’organizzazione federale.

Oggigiorno le Federazioni si occupano di regolare e uni­ficare i salari e gli orari di lavoro in ogni industria e i re­golamenti federali sono fatti applicare in ogni reparto dal­la Commissione operaia di reparto. La Federazione fissa le ore e la paga: la Commissione di reparto controlla nelle officine la produzione e la requisizione di combustibili e le materie prime, e si accorda con gli operai delle ferrovie e con le cooperative per la distribuzione. E’ altrettanto importante il fatto che le Commissioni di officina, che controllano i reparti e sono le dirette rappresentanti degli operai, sul luogo del lavoro possono contrastare l’azione delle Federazioni e controllarne i funzionari.

L’intera vita economica della Russia è oggi diretta dal Consiglio supremo dell’economia pubblica, che è compo­sto dai rappresentanti delle organizzazioni di mestiere, del­le Commissioni operaie di reparto, delle Commissioni dei contadini per la terra e dalle organizzazioni di tecnici (ingegneri, chimici, ecc.).

La proprietà di ogni industria è del governo del Soviet, in esso solo i lavoratori hanno diritto di voto: il lavoro è quindi In Russia il supremo regolatore della Societa.