“Una rivoluzione è certamente la cosa più autoritaria che esista. E’ l’atto con il quale una parte della popolazione impone la sua volontà sull’altra, mediante fucili, baionette e cannoni, strumenti autoritari come pochi altri ve ne sono…”.  
Engels. Sull’Autorità (1872)

Alle 8.30 di mattina a Budapest già circolavano notizie di lavoratori che avevano ingaggiato battaglia con i carri armati russi. Un’altra notizia era che Suslov e Mikoyan erano arrivati a Budapest all’alba. Essi, evidentemente, provenivano direttamente da Mosca, dove il Cremlino cominciava a preoccuparsi per come i suoi uomini stavano mandando le cose in rovina. Circolò la voce che Mlkoyan si era molto arrabbiato con Gerö. Fosse vero o no, presto si seppe che Gerö era stato ‘sollevato dal suo incarico’ di Primo Segretario dei Partito Comunista. Il suo posto fu occupato da Janos Kadar. Molti nella gerarchia comunista pensavano che questa fosse una mossa da  maestro. Kadar era di origine proletaria. Era stato a lungo in prigione come titoista. Aveva sopportato notevoli sofferenze. Era stato torturato. Aveva alcune unghie mancanti e cicatrici in varie parti del corpo. Si dice che fosse un uomo di ghiaccio. Si dimostrò soffice argilla nelle mani di una dirigenza spietata! 

 

Appena dopo le 9.00 Nagy trasmise un appello personale come Primo Ministro. Invocò la fine dei combattimenti, chiese che l’ordine fosse restaurato: “Popolo di Budapest! Annuncio che tutti coloro i quali, nell’intento di evitare spargimenti di sangue, interromperanno il combattimento entro le ore 13.00 di oggi e deporranno le armi, sarà risparmiata la giustizia sommaria. Dovremo realizzare il più presto possibile, con tutti i mezzi a nostra disposizione e sulla base del Programma Governativo del giugno 1953, come io lo argomentai all’epoca in Parlamento, la democratizzazione sistematica in ogni sfera della vita, di Partito, dello Stato, politica ed economica. Esistono tutte le condizioni perchè il Governo realizzi il mio programma politico poggiando sul popolo ungherese, sotto la  direzione dei comunisti. Date ascolto al nostro appello. Cessate i combattimenti e garantite la restaurazione della calma e dell’ordine nell’interesse del futuro del nostro popolo e del paese. Tornate al  lavoro pacifico e creativo”. 

 

Questo appello suona forse come il discorso di un uomo capace di chiamare le truppe russe?  In primo luogo, occorre rilevare l’implicita minaccia, travestita da concessione: “Se smetterete di combattere entro l’una del pomeriggio, sarete solo soggetti a normali (?) procedimenti legali. Altrimenti giustizia sommaria!”. Tutti sapevano cosa significasse la giustizia sommaria. In secondo luogo, “deporre le armi”? Questo significava cedere la forza appena acquistata alle autorità. Per quale motivo Nagy avrebbe dovuto sperare che dei lavoratori che combattevano i carri armati russi, l’A.V.O., e l’intero marciume del dispotismo burocratico, avrebbero immediatamente ceduto le loro armi quel mercoledì mattina?

 

In quello stesso momento, al contrario, i lavoratori e gli studenti  avevano tutte le ragioni per intensificare la loro lotta. E cosa dire del “Programma Governativo del giugno 1953”? Tale programma era reso obsoleto dagli eventi degli ultimi giorni. Avrebbe potuto funzionare ad aprile. Il 24 ottobre appariva ridicolo. Potrebbe anche essere vero che Nagy fosse il più umano e liberale della gerarchia comunista ungherese. Tuttavia, egli era prigioniero di certe idee che cozzavano contro il desiderio della gente per un  fondamentale cambiamento politico ed economico.

 

Andava oltre le capacità di Nagy comprendere cosa voleva veramente la gente ciò che ora tentavano di realizzare. Anche nell’ipotesi che Nagy fosse onesto e sincero, non dimostrò un’incredibile ingenuità a parlare in questa fase del “popolo ungherese sotto la direzione dei comunisti”? La direzione? Era proprio contro questa che il popolo stava lottando. Questo approccio apparentemente negativo ne comportò uno estremamente positivo: quello di stimolare la gente a prendere e a portare a compimento le  proprie decisioni. L’unico effetto del primo discorso da Primo Ministro di Nagy fu quello di rafforzare la risoluzione della maggior parte dei rivoluzionari a combattere. Come vedremo più avanti la gente aveva già iniziato a costruire le proprie organizzazioni rivoluzionarie. Fin dal primo giorno di lotta armata, a Budapest furono distribuiti volantini che chiamavano allo sciopero generale. La firma di questi volantini riportava: ‘Il Consiglio Rivoluzionario dei Lavoratori e degli Studenti”.       

 

I carri armati russi avevano iniziato ad entrare nella città da vari punti nella mattina del  24 ottobre. Alcune unità furono immediatamente attaccate dai lavoratori e dagli studenti. Altre furono  attaccate dopo che si erano disposte in posizioni strategiche ed avevano aperto il fuoco. In alcuni  posti nessuna delle due parti aprì il fuoco. Qui degli studenti che avevano imparato il russo, si  erano messi a parlare con i soldati. Avevano spiegato loro che erano ungheresi qualsiasi, gente della classe lavoratrice. Molti dei giovani soldati russi sembravano piuttosto imbarazzati. Forse ricordavano qualcuna delle cose che erano loro state insegnate a scuola. Forse qualcosa del marxismo-leninismo non era in perfetto accordo con quanto ora si richiedeva da loro. Battaglie sempre più aspre infuriavano per tutta Budapest: a piazza Baros, fuori dalla Stazione Orientale, vicino allo scalo merci di Ferencvaros, intorno ai Palazzi del Partito nel 13° Distretto e nelle strade circostanti la statua del Generale Bem, scenario delle dimostrazioni pacifiche del giorno  precedente. I carri armati dell’ ‘Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche’, i ‘carri armati dei lavoratori’, sparavano i ‘proiettili dei lavoratori’. I corpi dei lavoratori ungheresi venivano fatti a pezzi. Due delle più grandi battaglie si tennero a piazza Széna ed alla Caserma Killian. A piazza Széna, a Buda, molte migliaia di persone rimasero in attesa senza sapere cosa aspettarsi o cosa fare. La maggioranza erano operai; ma c’erano anche molti studenti, e tra essi due giovani donne.

 

Questa  era generalmente la composizione sociale dei rivoluzionari. C’erano persino degli scolari e qualche scolara. La maggior parte di essi erano armati. L’idea principale era quella di fermare tutte le macchine e chi c’era dentro. Avevano scoperto che potevano farlo facilmente usando centinaia di taniche per barricare il centro delle strade che entravano nella piazza. Vi furono molte sparatorie con gli occupanti delle automobili, che aprivano il fuoco non appena vedevano le barricate di taniche ed i loro difensori armati. Molta gente  fu uccisa o ferita. Più tardi le barricate furono  rafforzate portando nelle strade carrozze e vagoni ferroviari da un vicino scalo merci. Sebbene alcuni vagoni fossero carichi di merci, non fu preso mai  nulla  un’ulteriore indicazione della consapevolezza che il popolo aveva della propria rivoluzione. Presto tutte le entrate della piazza furono  barricate. Si sentirono, allora, le vibrazioni di potenti motori e si fece vedere il primo carro armato russo. Scelse un punto debole della barricata e si avviò verso il centro della piazza. Fu accolto solo da qualche fucilata sparsa. I lavoratori accorsero per riparare la breccia. Quindi arrivarono altri  due carri armati e due autoblindo. Vi fu un nutrito crepitio di colpi di mitragliatrice e di fucile da  parte dei rivoluzionari. Il primo carro armato girò per ritirarsi nella strada. Il secondo si avventò sulla barricata e, spingendo un vagone davanti a sè, si mosse lentamente ed a fatica attraverso la piazza. Sebbene attaccato con bottiglie molotov, continuò ad avanzare. Gli autoblindo furono messi  fuori combattimento. Tutti gli otto occupanti uccisi. Era ormai chiaro che le barricate non erano state costruite nel modo più efficace. Furono di nuovo rafforzate.

 

Una ‘bottiglia molotov’ una bomba incendiaria fatta in casa. Può essere molto efficace anche contro un carro armato. Gli ungheresi trovarono che erano facili a farsi ed abbastanza  facili da usare… Man mano che la battaglia andava avanti, i lavoratori e gli studenti a piazza Széna miglioravano i propri metodi di combattimento. Essi erano abbastanza indisciplinati dal punto di vista militare. Non c’erano saluti, nè ordini tuonanti. Nei loro abiti eterogenei, e con le loro piccole armi che sembravano giocattoli a confronto delle pesanti armature e degli enormi cannoni dei carri armati, dovevano indubbiamente apparire patetici alla mentalità militare ‘ordinaria’. Ma prima del sabato, queste poche migliaia di lavoratori e studenti privi di disciplina, avrebbero messo fuori combattimento  una trentina di carri armati russi. Erano una vera avanguardia della classe lavoratrice. Combatterono  con grande coraggio, ardore, iniziativa e persino  buon umore. Quando un carro armato russo prendeva fuoco, l’eco degli urrà rimbalzava da un edificio all’altro della piazza. Quando un carro armato si ritirava la piazza si riempiva di grida e risate. Lo stesso avvenne nelle strade circostanti la Caserma. Un gruppo di lavoratori si era  impadronito di un cannoncino da campo, che manovravano dall’entrata del cinema Corvin, su via Jozsef. Questo cinema, il più grande di Budapest, era arretrato rispetto agli altri edifici sulla strada, costituendo perciò una piccola insenatura. Quando si trovava sotto un fuoco particolarmente nutrito il cannoncino veniva ritirato al riparo di questa insenatura. L’incarico di puntare ed azionare l’arma era stato affidato ad un conduttore di tram. Lui e gli altri a volte spingevano la loro artiglieria su per la strada fino alla Caserma, poi  all’incrocio tra via Ulloi e via Joszef, finchè erano costretti a ritirarsi nel cinema Corvin. Durante le pause della battaglia, l’equipaggio del cannone si sedeva a fumare ed a conversare  il  loro argomento era la rivoluzione.

 

Ad un certo punto erano così assorbiti dalla discussione che non si accorsero che un paio di carri  armati russi erano penetrati in via Joszef e stavano avvicinandosi pericolosamente al cinema. Vi fu una precipitosa corsa di tutto il gruppo per attivare il cannoncino. Un pò più indietro accorreva una strana figura, si agitava furiosamente per arrivare all’arma. Portava sotto il braccio un giornale accartocciato, cercava affannosamente di tirarsi su i pantaloni. Accolto dall’inevitabile scherno: “Ti hanno colto con le braghe calate, eh?”. Le risate continuarono  mentre il cannoncino veniva armato. Spararono il primo colpo quasi a distanza zero dal punto di collisione. Colpì il carro armato, che esplose. Il secondo carro armato girò immediatamente per ritirarsi ma fu accolto, all’incrocio, da un crescendo di fuochi incrociati. Si bloccò definitivamente. Il fuoco cessò. Migliaia di occhi osservavano il carro armato. Immediatamente l’equipaggio russo saltò fuori con le mani alzate. Un gruppo di lavoratori  li scortò alla Caserma Killian” (racconto di Matyas Bajor). 

 

La caserma era stata requisita da un’unità dell’esercito ungherese, diretta dal Colonnello Pal Maléter, che aveva preso posizione al fianco del  popolo. Gli uomini di Maléter furono appoggiati da gran numero di lavoratori e studenti. Una volta nella caserma i civili si armarono. Per tutta la giornata di martedì furono sotto il fuoco di cannoneggiamento russo. Verso sera comparvero sul luogo carri armati ungheresi, che presero posizione punti strategici vicino alla caserma. Entrarono in azione la mattina dopo. Ogni giorno, per tutta  la giornata, infuriava la battaglia intorno alla Caserma Killian e nelle strade adiacenti. Di notte la  situazione era abbastanza calma, poichè i carri armati russi si ritiravano sempre.  Per quasi tre giorni a Budapest la battaglia continuò senza tregua. Al venerdì i russi portarono quattro grandi cannoni da campo per spazzare via  la resistenza della caserma. Pal Maléter, i soldati ed i civili che occupavano la caserma non avevano  altre armi pesanti che la propria fede in se stessi ed in ciò che stavano facendo. Essi combatterono. Combatterono i lavoratori per le strade. Combatterono il conduttore di tram ed i suoi ‘ragazzi’ al cinema Corvin… con solo un cannoncino. Con determinazione e coraggio, e con la vocazione di sfidare l’imprevisto, non solo fermarono gli equipaggi delle armi russe, ma li costrinsero dapprima a ridurre drasticamente il fuoco, quindi, nel giro di due ore,  misero fuori uso i quattro cannoni. Durante i combattimenti Radio Budapest alternava appelli ai combattenti per la libertà (impegnati in questa o quella grande battaglia) ad arrendersi, a notiziari, secondo i quali questo o quell’altro gruppo di combattenti per la libertà era capitolato o stava per farlo. Questa incredibile stazione radio ormai veniva ascoltata solo per ridere.