INTRODUZIONE

In questo brevissimo testo del 1931, Trotsky condensa alcuni concetti chiave che ruotano intorno al tema del controllo operaio sulla produzione. Le poche righe che seguono possono essere lette come un distillato del Programma di transizione, che l’autore terminerà nel 1938. Non ci soffermeremo qui, dunque, sui contenuti del testo, che abbiamo già ampiamente trattato all’interno di questo nostro percorso e che vi invitiamo in ogni caso a ad approfondire leggendo direttamente le parole dell’autore. Vogliamo piuttosto contestualizzare dal punto di vista storico e politico la stesura di questa lettera, e i suoi intenti nel parlare a un gruppo isolato di compagni, l’Opposizione di sinistra in Germania all’inizio degli anni ’30.

Schiacciata da una crisi economica profonda, dall’inflazione alle stelle e dall’impossibilità di ripagare le riparazioni di guerra imposte dal trattato di Versailles, la Germania di primissimi anni ’20 vede da un lato lo sviluppo di scioperi di grande portata e la nascita dei consigli di fabbrica, dall’altro l’esitazione dei dirigenti del Kpd (Partito comunista tedesco), incapaci di cogliere le opportunità del periodo prerivoluzionario e impantanati nelle politiche di Fronte unico. La titubanza del gruppo dirigente peserà sul consenso elettorale a sinistra già nel maggio del 1924, quando le sinistre scenderanno al 33%, mentre i nazisti cominceranno la loro ascesa, assestandosi al 6,5%. Le elezioni presidenziali dell’anno successivo, inoltre, vedranno la vittoria del generale monarchico Hinderburg.

Tre anni più tardi, sarà il socialdemocratico Müller ad essere eletto Primo Ministro al Reichstag, in coalizione col partito popolare. Nel 1929 si scatena la Grande Depressione, e il Kpd vede crescere le fila dei propri aderenti. Lo stesso, però, si potrà dire di quelle dei nazisti e delle loro squadracce. La polarizzazione nel paese cresce, e con essa il livello dello scontro e le aggressioni delle SA[1] ai militanti operai di sinistra. Dopo le dimissioni di Müller nella primavera del 1930, il Reichtag passa nelle mani del centrista Brüning. A fronte dei risultati delle elezioni di settembre, che vedranno il partito nazista schizzare a oltre il 18%, la socialdemocrazia tedesca sosterrà il governo Brüning in chiave anti-nazista, ottenendo però l’effetto contrario: 26 mesi di governo centrista e impopolare faranno sì che a beneficiarne in termini di consensi siano proprio i nazisti.

Nel 1931, anche il Partito comunista tedesco farà una scelta scioccante. Appellandosi a un articolo della Costituzione nel tentativo di conquistare il Land tedesco più grande e popoloso, la Prussia, i nazisti avevano lanciato, l’anno prima, un referendum contro il governo locale socialdemocratico. Il Kpd si rivolgerà alla socialdemocrazia chiedendo di fare fronte unico, e, davanti al rifiuto di questa, deciderà di schierarsi contro di essa e al fianco del partito nazista, in quello che definiranno il “referendum rosso” – che finirà in ogni caso con la sconfitta dei promotori.

La socialdemocrazia tedesca espellerà in quell’anno due deputati, responsabili di essersi opposti al governo Brüning. È dall’avvicinamento tra socialdemocratici di sinistra, giovani pacifisti e alcuni dirigenti dell’Opposizione comunista (Kpo) che nascerà il Partito operaio socialista (Sap). La formazione si muoverà però in maniera piuttosto confusa e frammentaria, ottenendo nell’anno successivo qualche decina di migliaia di voti e non avendo un reale impatto sul movimento operaio.

È in questo clima di conflitto e isolamento crescente, dunque, che Trotsky si rivolge ai compagni dell’Opposizione per chiarire i compiti del proletariato in una fase delicatissima dello scontro, nella quale la minaccia nazista pesa più che mai e una sconfitta dei lavoratori determinerebbe l’ascesa della forma più barbara del capitalismo. Lucidissimo, Trotsky affida ai compagni il compito di trovare connessioni con le avanguardie operaie nei consigli di fabbrica, ravvisando la necessità di prendere in mano il destino della produzione – e della società tutta – come unica alternativa alla catastrofe.

 

 

 

 

 

 

Trotsky sul controllo operaio sulla produzione

 

In risposta alla vostra domanda intendo abbozzare qui uno scambio di idee preliminare, alcune considerazioni generali sul controllo operaio sulla produzione.

La prima domanda che si pone è la seguente: si può prospettare il regime di controllo operaio sulla produzione come un regime stabile, ovviamente non eterno, ma abbastanza lungo?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo definire la natura di classe di un simile regime. I lavoratori hanno il controllo. Ciò significa che la proprietà e il diritto di comando restano nelle mani dei capitalisti. Così questo regime ha un aspetto contraddittorio, essendo caratterizzato a suo modo come un interregno economico.

Il controllo è necessario agli operai non per scopi platonici, ma per influire praticamente sulla produzione e sulle operazioni commerciali delle aziende. Non si può giungere a questo se il controllo non si trasforma in un modo o nell’altro, in questa o quella misura, in una gestione diretta. Così, nella sua forma più ampia, il controllo implica una specie di dualità di poteri nella fabbrica, nelle banche, nelle imprese commerciali.

Per essere duratura, stabile, “normale”, la partecipazione degli operai alla direzione della produzione dovrebbe essere basata sulla collaborazione e non sulla lotta di classe. Ma una simile collaborazione di classe è possibile solo tra i vertici dei sindacati e le associazioni padronali. Le esperienze del genere sono state numerose: in Germania (la democrazia economica), in Inghilterra (il mondismo), ecc.

Ma in tutti questi casi non si è trattato di un controllo operaio sul capitale, ma di una subordinazione della burocrazia operaia al capitale. Una tale subordinazione, come mostra l’esperienza, può durare anche a lungo: dipende dalla pazienza del proletariato.

Ma più si è vicini alla produzione, alla fabbrica, all’officina, meno è possibile un simile regime, perché si tratta in questo caso degli interessi immediati e vitali dei lavoratori e tutto il processo si svolge sotto gli stessi occhi degli operai.

Il controllo esercitato dai consigli di fabbrica è concepibile solo sulla base di un’acuta lotta di classe e non sulla base della collaborazione.

Ma questo significa che esiste un dualismo di potere nelle imprese, nei trust, in tutti i settori della produzione, in tutta l’economia.

Qual è il regime statale corrispondente al controllo operaio sulla produzione? È chiaro che il potere non è ancora in mano ai lavoratori, perché in questo caso avremmo non il controllo operaio sulla produzione, ma il controllo dello Stato operaio sulla produzione come primo passo verso un regime di produzione statizzata sulla base della nazionalizzazione. Parliamo qui solo del controllo operaio in regime capitalista e sotto il potere della borghesia.

Ora, una borghesia che si regga saldamente, non consentirà mai un dualismo di poteri nelle aziende. Il controllo operaio è dunque realizzabile solo a condizione di un brutale mutamento dei rapporti di forza a svantaggio della borghesia e del suo Stato.

Il controllo può essere imposto alla borghesia solo con la forza, da un proletariato che sia sulla via di strapparle il potere e con ciò stesso la proprietà dei mezzi di produzione. Così il regime di controllo operaio è provvisorio, transitorio per sua stessa natura e può corrispondere solo al periodo di crisi dello Stato borghese, di offensiva del proletariato, di ritirata della borghesia: cioè al periodo della rivoluzione proletaria intesa nel significato più esteso del termine.

Se il borghese non è più il padrone, cioè non comanda più completamente nella sua fabbrica, ne consegue che non comanda più completamente neppure nel suo Stato. Ciò significa che a un regime di dualismo di poteri nelle fabbriche corrisponde un regime di dualismo di poteri nello Stato.

Non si deve tuttavia interpretare questo rapporto meccanicamente, come se la dualità di poteri nella fabbrica e nello Stato sorgesse lo stesso giorno. Il regime di dualismo di potere nella sua forma avanzata, come una delle fasi altamente probabili della rivoluzione proletaria nei vari paesi, può svilupparsi nei vari paesi in modo diverso, con elementi molteplici e differenziati (…).

Sotto l’influenza della crisi, della disoccupazione e degli accordi di rapina dei capitalisti, la classe operaia, nella sua maggioranza, può trovarsi pronta a combattere per l’eliminazione dei segreti commerciali e per il controllo delle banche, del commercio e della produzione prima di convincersi della necessità della conquista rivoluzionaria del potere.

Impegnato sulla via del controllo sulla produzione, il proletariato sarà spinto inevitabilmente alla conquista del potere e dei mezzi di produzione. I problemi del credito, delle materie prime, del mercato, porteranno senza indugio la questione del controllo aldilà dei limiti delle aziende isolate (…) Le contraddizioni del regime, inconciliabili per loro stessa natura con il controllo operaio, si acuiranno inevitabilmente con l’allargarsi della base e dei compiti di questo controllo e diverranno insopportabili a breve termine. La via d’uscita da questa contraddizione può essere trovata o nella conquista del potere da parte del proletariato (Russia) o in una controrivoluzione fascista che stabilisca un’aperta dittatura del capitale (Italia) (…)

Bisogna cominciare dal basso, nella fabbrica, nell’officina. Bisogna verificare e sperimentare i problemi del controllo operaio sulla base dell’esempio di qualche impresa industriale, bancaria o commerciale tipica. Bisogna prendere come punto di partenza casi particolarmente probanti di speculazione, di serrata mascherata, di diminuzione fraudolenta dei profitti allo scopo di diminuire i salari, o di aumento fraudolento dei costi di produzione allo stesso scopo. (…) Bisogna cominciare ponendo il problema sul piano puramente tecnico, sulla base degli esempi particolari più probanti, e sviluppare una tenace propaganda per misurare in tal modo la capacità di resistenza del conservatorismo socialdemocratico: è questo uno dei modi migliori per giudicare quanto è “maturata” la situazione rivoluzionaria (…).

La politica dell’Opposizione di Sinistra in questa questione deriva abbastanza chiaramente, almeno nelle sue linee fondamentali, da quanto è stato detto sopra: si tratta, per cominciare, di una propaganda per una giusta comprensione di principio del problema e allo stesso tempo di uno studio delle condizioni concrete di lotta per il controllo operaio.

L’Opposizione, su scala limitata e nei limiti modesti corrispondenti alle sue forze, deve cominciare questo lavoro di preparazione che è stato delineato, come uno dei compiti immediati del partito. In connessione con questi compiti, l’Opposizione deve ricercare dei legami con i comunisti che militano nei consigli di fabbrica e nei sindacati, spiegare loro la valutazione della situazione generale e apprendere da loro come applicare la nostra giusta valutazione dello sviluppo della rivoluzione alle condizioni concrete della fabbrica e dell’officina.

 

 

 

 

[1] Sturm Abteilung, squadre naziste