Era il 6 dicembre 2014 quando Forza Nuova convocava un corteo alle Piagge, un quartiere popolare nella periferia di Firenze, proprio a pochi chilometri da Prato. La notizia allora non turbò il mondo democratico. Qualche centinaio di compagne e compagni risposero alla convocazione di Firenze Antifascista ed il corteo di Forza Nuova fu impedito, non senza pagare un prezzo: la polizia caricò il corteo antifascista e in seguito arrivarono 8 denunce.

Denunce che arrivarono un anno dopo, ad orologeria, alla vigilia di un altro tentativo di corteo di Forza Nuova sempre a Firenze.

La Toscana non è zona di forte attivismo di estrema destra. Storicamente i fascisti hanno una propria roccaforte a Lucca e dintorni. Eppure il processo di “espansione” delle forze di estrema destra, da Lucca verso Firenze, passando per Pistoia e Prato, va avanti da quasi un decennio. Gianluca Casseri, il killer di Piazza Dalmazia (strage del 2011), era originario ed attivo nella provincia di Pistoia. Questo processo di crescita capillare dell’estrema destra nel pistoiese e nel pratese, è stato sì accompagnato da ondate di denunce: tutte nei confronti degli ambienti antifascisti.

Per chi volesse approfondire quanto diciamo, rimandiamo al documentario “Il Nemico in piazza” che racconta dei fatti della strage di Piazza Dalmazia a Firenze e della successiva crescita dell’estrema destra.

Ma allora cosa è cambiato dalle Piagge 2014 a Prato 2019, dove lo scorso sabato più di 5000 persone sono scese in piazza contro un corteo di Forza Nuova? Non è cambiata di certo Forza Nuova, né i suoi patetici tentativi di dar vita a cortei o presidi.

Si è innescato certamente un effetto Salvini: un numero crescente di persone è turbato dalla potenziale collusione tra l’estrema destra e l’azione del Ministro degli Interni. Aggiungiamo anche l’effetto emotivo della recente strage fascista in Nuova Zelanda. Strage che non rappresenta però una novità qualitativa: essa si colloca perfettamente nel solco dei vari Breivik, Casseri e Traini. Ricordiamo tra l’altro che dopo la tentata strage di Traini, l’Anpi e le varie “forze democratiche” scelsero consapevolmente di non scendere in piazza. Era il febbraio 2018: poco più di un anno fa.

C’è tutto questo, insomma, ma c’è altro. E sarebbe sbagliato nasconderlo, magari in nome dell’entusiasmo che si respirava in piazza a Prato. Niente di quanto detto finora è sufficiente a spiegare la presenza in piazza delle bandiere di Cisl, Uil, del governatore regionale Rossi o dei sindaci del Pd.

E’ evidente che il Pd, i vertici Cgil, e vari raggruppamenti di sinistra, hanno scelto l’antifascismo “democratico” e l’antirazzismo “umanitario” come terreno di differenziazione da Salvini e come collante ideologico di un nuovo centrosinistra. Non vengono messi in discussione il decreto Minniti o il Jobs Act, nè  le grandi opere o i diktat della Bce. Rimane intatto l’intero impianto su cui il Pd ha governato. Esso viene semplicemente nascosto sotto i richiami alla Costituzione (con dentro il pareggio di bilancio, sia chiaro…) e sovrastato dalle note di Bella Ciao.

E’ evidente che sottostimare tale contraddizione rischia di portare la sinistra di classe a due errori speculari. Da un lato c’è chi cederà alle sirene della “sinistra del Pd”: non si può dividere il campo antifascista, è un bene che ci siamo tutti, viva il fronte democratico….

Conosciamo questi ragionamenti e sono gli stessi che negli ultimi decenni hanno permesso alla destra di crescere. Sarebbe drammatico e devastante se l’antifascismo diventasse un bidone vuoto, con cui coprire una opposizione a Salvini priva di contenuti sociali e di classe. Sarebbe il viatico a una ulteriore crescita di consensi del Ministro degli Interni  e con lui dell’estrema destra.

Il nostro problema non è mai stato solo o fondamentalmente, il confronto di piazza con l’estrema destra. Togliere l’agibilità di piazza o di riunione ai fascisti è dialetticamente funzionale a impedire loro una agibilità ideologica e militante nei quartieri popolari, nelle fabbriche, nelle scuole. E qua sta il problema.

Con il suo corteo per il centenario dei Fasci di combattimento, Forza Nuova voleva probabilmente lanciare un messaggio funzionale a reclutare all’interno della galassia stessa dei gruppetti di estrema destra: siamo noi gli unici che non hanno paura di rivendicare apertamente i fasci di combattimento. Un tentativo grossolano e goffo. Ma da tempo l’estrema destra ha elaborato strategie ben più complesse: campagne securitarie, attacco ai migranti, gruppi social sul degrado, convegni su Ucraina e Venezuela, associazioni di fiancheggiamento, raccolte fondi per i cani randagi o i terremotati, sedi sotto mentite spoglie, revisionismo sulle foibe e partecipazione alle elezioni. In tutti questi casi il cosiddetto “mondo democratico” rimane muto, inconsapevole, privo di anticorpi e analisi o in alcuni casi complice degli stessi contenuti.

Commetteremmo un errore altrettanto grave però se ci ritirassimo da quelle piazze, lasciandole al proprio destino “centrosinistro”. Grave perchè è evidente che nel suo pompare strumentalmente la mobilitazione antirazzista e antifascista, la sinistra moderata trascina e coinvolge strati di lavoratori e giovani che normalmente non intercettiamo. Grave perchè la risonanza di massa di queste manifestazioni interrogherà sempre più persone comuni, su quale sia la via per sconfiggere razzismo, fascismo e Salvini.

Sta a noi attraversare queste piazze, rivendicando il legame indissolubile tra antifascismo, antirazzismo e contrasto al capitale. Sta a noi legare la lotta contro Forza Nuova, ad esempio, alla lotta per l’abrogazione del Jobs Act, della Fornero, del decreto sicurezza di Salvini ma anche del Decreto Minniti. Sta a noi approfondire il dibattito su come l’antifascismo della piazza di Prato debba trovare un terreno sociale e di classe per svilupparsi. Un dibattito da cui sono evidentemente squalificati coloro che al primo cenno di Zingaretti sono pronti a rituffarsi nell’alveo del centrosinistra e che ancora oggi non comprendono o fanno finta di non comprendere come siano stati il Pd e il centrosinistra ad aprire le porte alla crescita della destra tra i ceti popolari.