Un invito alla lettura di Proletkult di Wu Ming

Una premessa irresistibile

Questo invito alla lettura non contiene spoiler, perchè abbiamo evitato quanto più possibile qualsiasi riferimento alla trama del romanzo, concentrandoci invece sul contesto politico che l’accoglie.

Anche da sé, sarebbe un motivo più che sufficiente per invitarvi a leggerlo.

“Il campo dell’arte non è uno di quelli dove il partito è chiamato a impartire gli ordini.”

(Lev Trotskij, Letteratura e rivoluzione, 1923)

 

“La critica comunista deve bandire qualsiasi tono di comando.”

(Risoluzione del Comitato centrale bolscevico, luglio 1925)

Ancora poco dopo la morte di Lenin il Partito Bolscevico non aveva assunto quella posizione dirigista nel campo della letteratura e dell’arte, che avrebbe mortificato le avanguardie rivoluzionarie sotto la scure di un realismo da parata. L’arte doveva avere uno sviluppo proprio e l’artista incoraggiato a lavorare libero dal ricatto materiale del finanziamento o del salario. Anzi, l’arte e in generale la cultura erano visti dal partito bolscevico dei primi anni della rivoluzione come elementi essenziali per quella presa di coscienza decisiva per la classe operaia a governare la società, e non come strumenti di consolidamento propagandistico della direzione. Se anche un cuoco avrebbe potuto fare il primo ministro, sarebbe stato necessario che fosse in grado non solo di leggere e di scrivere, ma anche di padroneggiare la cultura.

In un mondo senza internet, dove la maggior parte della classe lavoratrice russa non sapeva nè leggere nè scrivere, il dipinto, la parola declamata, la musica divennero veicoli di coscienza essenziali fin dalla presa del potere nel 1917. Le strade si riempirono d’arte: la rivoluzione risvegliò un popolo col pennello dell’artista, la penna del poeta, il pianoforte del musicista.

Tanto forte era stato l’impulso delle scuole artistiche sovietiche nell’alfabetizzazione di ampi strati di proletariato russo dopo la presa del potere, tanto decisa sarebbe stata la presa dell’apparato stalinista sulle scuole artistiche una volta consolidato il suo potere. Le tendenze che avrebbero dominato la direzione dell’attività artistica sovietica si sarebbero inasprite solo con la crescita di consapevolezza della direzione stalinista, a partire dalla fondazione dell’Associazione degli Artisti della Russia Rivoluzionaria (AARR) fondata per il decimo anniversario della rivoluzione.

Un potere così forte, quello della sperimentazione artistica delle avanguardie russe, avrebbe imposto a tutti un prezzo da pagare, da Majakovskij a Shostakovic, da Tatlin a Mejerchold. Le stesse associazioni fondate alla fine degli anni ‘20 per addomesticare la produzione artistica sovietica, l’AARR ma anche la RAPP (Associazione degli scrittori proletari), sarebbero state sciolte d’imperio nel 1932 da un apparato deciso a cancellare qualsiasi ricordo della rivoluzione d’ottobre e a sedare qualsiasi forma di pensiero autonomo, vicino o lontano che fosse all’Opposizione di sinistra.

Eppure i primi anni della rivoluzione d’ottobre videro non solo fiorire decine di scuole avanguardistiche in ogni campo artistico ma anche un vero e proprio dibattito politico sul destino della cultura in un regime economico completamente nuovo. Un impulso così grande come quello della prima rivoluzione operaia vittoriosa divaricò il dibattito in due posizioni capitali: chi pensava, come Lenin e Trotskij, che un paese arretrato dovesse conquistare innanzitutto le vette della cultura precedente (borghese) prima di porsi il problema di fondarne una nuova; e chi, come Anatolij Lunaciarskij e Alexandr Bogdanov, pensava che la spinta della rivoluzione avrebbe innalzato così tanto la coscienza della classe lavoratrice vittoriosa da permetterle di fondare una cultura nuova.

Fu proprio attorno a quest’ultima posizione che Lunacharskij e Bogdanov fondarono il Proletkult, l’organizzazione per la cultura proletaria, che all’apice del proprio successo arrivò a vantare 400 mila membri e oltre 15 giornali. E fu contro questa impostazione che i due principali teorici del Partito Bolscevico concentrarono le proprie critiche.

La fantascienza sovietica al servizio della realtà

 

“La verità è che siamo troppi, viviamo troppo a lungo, siamo troppo vecchi e abbiamo quasi esaurito le nostre risorse. Stiamo valutando le strategie migliori per espanderci nella vostra galassia, perché non si può fare il socialismo in un solo pianeta.”

(Wu Ming , Proletkult)

Proletkult, l’ultima fatica del collettivo di scrittori Wu Ming, muove la propria trama proprio a partire da questo dibattito. Il protagonista di questo romanzo è proprio quel Bogdanov contro cui Lenin avrebbe polemizzato aspramente nel suo Materialismo ed empiriocriticismo, scritto nel 1909 durante un periodo di forte reazione per difendere i principi del materialismo dialettico. Il gruppo di Bogdanov sarebbe stato espulso dalla corrente bolscevica dopo quella polemica, ma questo non avrebbe impedito 8 anni dopo a Bogdanov stesso di giocare un ruolo nel dibattito culturale del Partito Bolscevico e, dalla metà degli anni ‘20, nella scienza sovietica.

Alexandr Bogdanov infatti fu un prolifico scrittore di fantascienza, autore tra gli altri di Stella Rossa, romanzo scritto nel 1906 in cui si immagina Marte governata da una società aliena socialista, tanto efficiente quanto costretta a progettare la colonizzazione del pianeta Terra a causa della scarsità di risorse presenti sul pianeta rosso. Proletkult, in questo senso, è un omaggio proprio a questo romanzo. Inoltre, Bogdanov fu pioniere nella scienza delle trasfusioni, base sulla quale teorizzò molte delle posizioni idealiste contro Lenin avrebbe polemizzato e che il romanzo descrive approfonditamente.

E’ un romanzo schietto, Proletkult. Lo spaccato di società sovietica viene descritta senza omettere nulla: la retorica dell’unità della direzione stalinista del partito contro l’Opposizione di sinistra, le bande armate lanciate a disperderne i comizi, il terrore di essere associato a Trotskij, ma anche le memorie delle fatiche della generazione vittoriosa contro lo zarismo, dal periodo terrorista alle dispute durante l’esilio, fino al controllo diretto sulla produzione artistica che emerge nei preparativi del decimo anniversario della rivoluzione. Ci sono tutti questi temi, descritti con molta chiarezza, seppur naturalmente romanzati.

Sono temi di sfondo di una trama avvincente, che mescola il passato dei principali rivoluzionari dell’Ottobre con una trama fantascientifica che si riallaccia perfettamente al romanzo di Bogdanov e che il protagonista, lo stesso Bogdanov, vivrà come se fosse immerso proprio nella sua creatura artistica.

Soprattutto, il tema di Stella Rossa che viene risviluppato in Proletkult in chiave originale suggerisce un problema centrale nell’elaborazione marxista: a partire da quando è possibile edificare una società socialista? Basta un solo paese o è un confine troppo ristretto, essendo i confini strutture borghesi, per non provocare delle distorsioni?

E, relativamente al dibattito sulla “cultura proletaria” tra Lenin e Bogdanov, che fa da sfondo a tutto il romanzo: a partire da quando è possibile edificare una nuova cultura, del tutto indipendente da quella precedente? Basta la sola rivoluzione per fare una “cultura proletaria” o è necessario innanzitutto conquistare le vette della cultura borghese, ancora lontane per un paese con una classe operaia eroica ma semianalfabeta? Ha senso il termine “cultura proletaria” per una classe che dovrebbe estinguersi man mano che si estingue lo stato operaio, perché sempre meno necessario?

Lasciamo che, per una volta, la risposta a questa domanda non provenga dagli scritti di Lenin o di Trotskij. Volgiamo gli occhi al cielo dove, al posto degli dei, pare che possano arrivare gli alieni.

E pare che siano pure compagni.