Guida alla lettura
Il materiale che vi presentiamo è composto da tre stralci di discorsi tenuti da Trockij nel giugno del 1921, in occasione del III congresso dell’Internazionale comunista.
Nel primo, Trockij fa un bilancio complessivo del Biennio rosso, soffermandosi sui limiti della direzione del Partito Socialista Italiano nel dirigere una classe lavoratrice disposta ad andare fino in fondo.
Il secondo affronta brevemente i compiti tattici del neonato Partito Comunista d’Italia dopo la sconfitta del periodo rivoluzionario.
Il terzo è un estratto dalla Relazione di bilancio del III Congresso dell’IC e riprende la dialettica tra crescita della coscienza della classe e compiti della direzione.
Non si tratta per me di analizzare il Partito Socialista, di cui si è parlato abbastanza.
Il fatto principale è la grande crisi del settembre[1] dell’anno passato che ha creato questa situazione. Se si esamina anche da lontano la situazione politica si ha l’impressione, anzi la certezza, che il proletariato italiano ha preso, nel corso degli anni che hanno seguito la guerra, un orientamento nettamente rivoluzionario. Quello che diceva l’Avanti!, quello che dicevano gli oratori del Partito Socialista, era compreso dalla grande massa operaia come un appello alla rivoluzione proletaria; questa propaganda è penetrata nella coscienza, nella volontà della classe operaia e l’azione del settembre ne è stata la prova.
Se si giudica il partito politicamente, bisogna supporre – perché è la sola spiegazione che se possa dare – che il Partito Socialista Italiano falsando la sua politica verbalmente rivoluzionaria, non ha mai tenuto conto delle conseguenze che tale politica poteva avere. Perché tutti sanno che l’organizzazione che fu la più spaventata e la più paralizzata dagli avvenimenti del settembre non era altra che il Partito Socialista che li aveva preparati.[2] Ed ecco, tali fatti ci provano che l’organizzazione italiana era cattiva, perché il partito non è soltanto una corrente di idee, uno scopo, un programma, è anche una macchina, una organizzazione che crea con la sua opera costante le garanzie della vittoria. Il mese di settembre è stato il teatro di una grande crisi per il proletariato e per il Partito Socialista Italiano. Quali sono le conseguenze che il proletariato ha tratto da questi avvenimenti?
E’ molto difficile rendersene conto adesso, dato che la coscienza di una classe, quando tale classe rompe col suo partito, è subito disorientata. Ma il Partito, quale conclusione ha tratto dalla sua esperienza? Durante i tre anni che hanno seguito la guerra, tutti i compagni che venivano dall’Italia ci dicevano:”Noi siamo pronti, arcipronti per la rivoluzione.” Si sapeva di essere alla vigilia della rivoluzione; scatenata la rivoluzione, il Partito ha fallito. Quale conclusione si è tratto da questo avvenimento? Che si è fatto? Si è forse detto:”Non eravamo pronti, dato che il nostro organismo aveva nel suo seno degli elementi in disaccordo completo che si paralizzavano scambievolmente. Per creare delle condizioni, per quanto queste condizioni dipendono dalla nostra volontà, bisogna volerle.” Questa, compagno Lazzari, è la condizione essenziale, bisogna volere la vittoria rivoluzionaria. Si può dopo di ciò discutere, si può analizzare, perché ci vuole strategia, e non si ottiene la vittoria con la volontà pura. Occorre della strategia. Ma occorre soprattutto volere la rivoluzione e la sua vittoria. Turati e i suoi amici sono onesti in questo senso, che ripetono ogni giorno con assoluta chiarezza che non vogliono la rivoluzione. Non la vogliono, e tuttavia restano nel Partito Socialista, di cui anzi sono l’elemento essenziale.
Voi avete fatto l’esperienza di settembre, e dopo quel mese così tragico cosa avete fatto? Un movimento a destra. Nella vostra nuova frazione parlamentare, i riformisti, cioè quelli che non vogliono la rivoluzione, sono la maggioranza. Il vostro organo centrale, l’Avanti!, ha dato un colpo di timone a destra. Ecco la situazione. Non si può richiamarsi al passato, quando si ha oggi una situazione così chiara e così convincente. C’è contraddizione tra il rivoluzionario verbale e le esigenze brutali della situazione rivoluzionaria che si osserva da voi nel mese di settembre. Da questa situazione si possono trarre due conclusioni: o respingete quella parte del vostro passato che era soltanto verbalmente rivoluzionaria, e diventate rivoluzionari, ossia vi separate dai riformisti che ostacolano l’azione rivoluzionaria, o dovete dire:” Poiché non volevamo gli avvenimenti di settembre, dobbiamo respingere i metodi che li hanno provocati.”[3]
Turati non mancherà di trarre profitto dalle lezioni di settembre e saprà dimostrare la contraddizione evidente che se ne sprigiona. Quanto a voi, come il vostro Partito o il vostro Comitato Centrale, non fate che mantenere la confusione che ha preparato, determinato, predestinato, il fallimento di settembre, lasciando il Partito Socialista Italiano svilupparsi a destra. L’idea di Serrati era la concentrazione delle forze, egli ha voluto conservare i comunisti, i centristi e i riformisti in uno stesso partito.[4] A un dato momento, questa idea di concentrazione di forze ha potuto essere motivata dalla speranza di serbare in seno al partito il massimo possibile di forze rivoluzionarie. Ha voluto farlo, ha voluto associare questi tre gruppi per dire in seguito:” Ecco i veri contorni del nostro partito, e ciò che resta al di fuori è nocivo.”
Voi avete fatto le più dure esperienze, le più chiare e le più tragiche. E solo in seguito l’idea della concentrazione, che era un’idea un po’ astratta, ha preso una forma politica delle più nette. Essa è diventata profondamente riformista, perché lo sviluppo del Partito è ora orientato verso destra.
Turati ha detto:” Nel mese di settembre, il proletariato non era maturo.” Non era maturo, ma avete forse spiegato al proletariato perché il partito non lo era? Avete forse detto al proletariato:” Sì, Turati ha ragione in questo senso, che voi, operai italiani, non eravate abbastanza maturi per purificare il vostro Partito, prima di lanciarvi in un’azione decisiva, dagli elementi che paralizzano l’azione. Turati ha ragione in questo senso, che, dato che il proletariato italiano non lo aveva respinto in questo senso, dimostrava con ciò che non era abbastanza maturo in settembre per un’azione decisiva.”
Qual’è dunque la situazione attuale del proletariato italiano? Esso è diventato, ne sono certo, molto più prudente, dato che il partito nel quale aveva la più intera fiducia, l’ha ingannato senza volerlo. Il compagno Lazzari è incline a comprendere delle espressioni simili: moralmente e individualmente. Il compagno Lazzari dice:” Ma se ci accusano di tradimento, che abbiamo ricevuto per il nostro tradimento?” Ora, non si tratta di un tradimento individuale e interessato: si tratta del fallimento di un partito, ciò che politicamente altro non è che il tradimento degli interessi del proletariato.
Io mi chiedo cosa deve pensare ora il proletariato. Il Partito è certo molto compromesso ai suoi occhi. E’ sorto un nuovo piccolo partito: il Partito Comunista. Noi siamo sicuri che questo partito si svilupperà, anche se resta isolato come lo è oggi. Questo partito si rivolge al proletariato e gli espone il suo programma rivoluzionario comunista. Non temete che prestando orecchio il proletariato non faccia questa riflessione:” Ma ho già sentito queste arie, e tuttavia mi hanno già ingannato nel mese di settembre”? Ecco una situazione molto difficile che avete creata, spero per un tempo brevissimo, in Italia.
Il giovane partito italiano deve ora riconquistare con un lavoro energico e coraggioso la fiducia veramente rivoluzionaria, fiducia che è necessaria, non solo per un’azione parlamentare – ciò che è già un’altra cosa ma per un nuovo attacco contro la società capitalista.[5] Bisogna riconquistare la fiducia rivoluzionaria che il partito ha persa con la sua azione, o per meglio dire con la sua inazione, nel mese di settembre. Voi ci dite che i turatiani si sottomettono alla disciplina del Partito. Ah, davvero si è detto che qui si faceva la difesa di Turati, e una difesa concepita in modo del tutto giuridica. Che si intende per disciplina di partito? C’è la disciplina di forma e c’è la disciplina di sostanza. Quando non posso fare altrimenti, o quando faccio una cosa volentieri, mi pare che vi sia differenza. Noi ci sottomettiamo alla disciplina dello stato capitalista, alla legalità capitalista, ma come? Solo in quanto vi siamo forzati. Ma, in pari tempo, mettiamo in ridicolo la legalità borghese, creiamo degli organi illegali per annientarla, e usiamo ogni mezzo per rompere o allargare la legalità borghese. E che fa Turati con la vostra disciplina? Fa lo stesso, compagno Lazzari. Si sottomette alla vostra disciplina come noi ci sottomettiamo alla legalità borghese. Crea i suoi organi illegali, la sua frazione all’interno del vostro Partito, complotta col governo, naturalmente clandestinamente, illegalmente. Fa di tutto per allargare questa disciplina, per romperla, e specialmente fa di tutto per metterla in ridicolo in tutti i suoi discorsi e nel suo giornale. Egli è dunque il nostro nemico cosciente, metodico, sistematico, come noi siamo i nemici della società borghese e della legalità. Ecco la verità. [6]
Voi dite: “Ma Turati non ci ha dato dei fatti per escluderlo. Sono i fatti che ci mancano.” Ora io vi dico, anche se aspettiamo ancora una piccola eternità, questi fatti ci mancheranno sempre, perché Turati sa benissimo ciò che vuole. Turati non è un arrivista banale che voglia diventare ministro nello stato capitalista. Per quanto lo comprendo, esso fa la sua politica che vuol vedere riuscire e non tiene ad avere un portafoglio ministeriale. Ora, io mi figuro benissimo una piccola conversazione tra Turati e Giolitti; Giolitti gli dice: “Ecco il portafoglio che vi spetta”, e Turati risponde: “Non avete sentito, caro collega, i discorsi eloquentissimi di Lazzari? Dal momento che accetto il portafoglio, io gli do il motivo che aspetta, io sono escluso dal partito, ed essendo escluso io perdo ogni valore politico per voi e per la conservazione dello stato capitalista.[7] Ora, poiché si tratta, non di fare un ministro socialista in più, ma di sostenere la democrazia, vale a dire, di sostenere la società capitalista, io non voglio saperne del vostro portafoglio perché non tengo a dare dei fatti al mio severissimo collega Lazzari. Lasciamo dunque le cose come sono ora per il maggior vantaggio della società borghese.”
Voi dite: “Ma si fa troppa attenzione a Turati, ai suoi discorsi, ai suoi libri, alle sue prefazioni: è piuttosto un caso personale, una quantità trascurabile. Ma se è così, se non si tratta per voi che di perdere un individuo, o alcuni individui, o una quantità trascurabile, perché siete tanto ostinati? Immaginatevi, cari compagni italiani, che mentre noi parliamo qui, Giolitti domandi per telefono a Turati: “Non vi è pericolo che Lazzari sia andato a Mosca per prendere impegni?” E Turati gli risponde: “Niente affatto, è un caso individuale.” Ora, come sapete, vi è nella società capitalista la divisione del lavoro, e rompendola con l’Internazionale Comunista per serbare Turati, voi gli siete stati molto utili. Voi dite di avere i sentimenti più entusiastici per il Partito Comunista Russo, e per la Russia dei soviet. Permettetemi di parlarne un po’ francamente, non solo per i compagni italiani, ma per tutti i partiti. Ora, si parla molto spesso di noi in un tono molto delicato, come per non urtarci, per averci riguardo. La nostra situazione è molto difficile, lo sapete tutti, voi eravate sulla Piazza Rossa, avete visto non solo i nostri soldati, i nostri comunisti armati, che sono pronti a difendere la III Internazionale. Avete pure visto i nostri adolescenti, i nostri bimbi, una gran parte dei quali sono senza zoccoli e molto magri. Ognuno di voi, che visiterà le nostre officine, vedrà la nostra miseria economica e la miseria materiale che oltrepassa ogni altra miseria.
Ora, quello che viene qui coll’idea di trovare un paradiso comunista deve essere ben deluso, quello che viene coll’idea di raccogliere impressioni per fare l’elogio della Russia, non è un vero comunista, ma quello che viene per raccogliere i fatti della nostra miseria e per servirsene da argomento contro il comunista è un nemico dichiarato (applausi). Ma, compagni, ecco ciò che Turati, che è membro del vostro partito, dice della Russia: “I russi hanno inventato per loro profitto, per loro interesse nazionale, i Soviet e l’Internazionale comunista”. Ecco che cosa dice all’operaio italiano che è stato trascinato nella guerra per dei pretesi interessi nazionali ed è stato ingannato come tutti gli altri. Adesso, gli si profila un altro pericolo nazionale. E’ la Russia soviettista che vuole, per l’intermediario dell’Internazionale Comunista, servire i propri interessi nazionali. Se prendete la stampa tedesca durante l’azione di marzo, troverete la stessa idea sulla situazione dei Soviet che, a lor dire, in quella situazione era molto compromessa, e i quali per salvarsi hanno, per l’intermediario dell’Internazionale Comunista, servire i propri interessi nazionali. Se prendete la stampa tedesca durante l’azione di marzo, troverete la stessa idea sulla situazione dei Soviet che, a lor dire, in quel momento era molto compromessa, e i quali per salvarsi hanno, per l’intermediario dell’Internazionale Comunista, ordinato in Germania lo scatenarsi dell’azione rivoluzionaria. Ora i nostri nemici più perfidi e più intelligenti diffondono la leggenda – della quale un propagandista accanito è pure il vostro Turati – che noi esigiamo dagli altri partiti per aiutarci nella nostra situazione interna, delle azioni rivoluzionarie che non hanno alcun rapporto con la situazione interna politica e sociale, del paese in causa.
Se serbiamo in questa Internazionale dei propagandisti di tale idea, ciò può creare per essa una situazione ben difficile.
Ora, compagni, noi abbiamo piantato nel nostro paese un pilastro. Il nostro paese è ben indietro, ben barbaro; è un paese che vi offre il quadro della miseria.[8] Ma questo pilastro della rivoluzione mondiale, noi lo difendiamo, perché per il momento non ve ne sono altri. Quando ce ne sarà uno in Francia o in Germania, il pilastro russo perderà nove decimi della sua importanza, e noi siamo tutti pronti a venire da voi in Europa a difendere un altro pilastro più importante. Ed ora, compagni, credere che noi consideriamo questo pilastro come il centro del mondo, e che abbiamo il diritto di esigere da voi di fare la rivoluzione in Germania, in Francia, in Italia, nel momento in cui è necessario per la nostra politica interna, è un’assurdità. Se fossimo capaci di un tale tradimento, bisognerebbe metterci tutti contro un muro e fucilarci tutti, uno dopo l’altro.
In che modo, compagno Lazzari, potremmo restare nella stessa Internazionale di Turati, che è membro del vostro partito, e che chiama la nostra Internazionale “l’Internazionale fantastica”? E’ la sua espressione. Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg sono morti, ma sono ancora vivi per questa Internazionale. Ora, come potremmo riunire nei quadri della nostra Internazionale Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg insieme a Turati? Turati ha detto che la nostra organizzazione era fantastica; quando penso che fino a ieri ne era ancora membro! Ecco certo nella fantasmagoria nella III Internazionale!
[…] Siamo costretti naturalmente ad occuparci anche di statistiche pur avendo il compagno Brand[9] affermato che sono gli opportunisti a perdere tempo con esse. In uno dei suoi discorsi lo abbiamo sentito mettere sullo stesso piano la spada e le statistiche, mentre in un altro siamo stati accusati di opportunismo. Una simile posizione è pericolosa per i nostri compagni italiani che hanno ancora molto da fare con le statistiche. Se avessi potuto fare riferimento all’Italia come hanno potuto fare Heckert[10] e Thalheimer,[11] avrei potuto dire: “Ecco un paese rovinato dalla guerra, dove i lavoratori hanno occupato le fabbriche, dove i seguaci di Serrati hanno perpetrato un tradimento, dove i fascisti stanno saccheggiando le tipografie del movimento operaio e incendiato le sue sedi. E se questo partito non leva alto il grido “Con tutte le nostre forze avanti contro il nemico”, allora è un partito codardo che sarà condannato dalla storia”.
Se tuttavia giudichiamo le cose, non sul piano di una simile fraseologia, ma valutando lucidamente la situazione, dovremmo dire ciò che ha detto il compagno Zinoviev: essi devono conquistarsi nuovamente la fiducia della classe operaia, dal momento che i lavoratori sono diventati molto più cauti, proprio a causa di questo tradimento. Essi si ripetono: “Abbiamo sentito le stesse frasi pronunciate da Serrati. Egli ha detto praticamente le stesse cose e poi ci ha tradito. Che garanzia abbiamo che anche il nuovo partito non ci tradisca a sua volta?” La classe operaia vuole vedere il partito agire prima di intraprendere la battaglia decisiva sotto la sua direzione.
A questo congresso abbiamo tre tendenze espresse più o meno chiaramente, tre gruppi che si sono trasformati in tendenze e che devono essere tenuti a mente per una valutazione corretta dei rapporti tra le varie forze presenti a questo congresso. In primo luogo abbiamo la delegazione tedesca che si è lasciata da poco alle spalle gli scontri dell’azione di marzo[12] e che esprime molto chiaramente il suo atteggiamento nei confronti della teoria dell’offensiva. La quale, naturalmente, è stata rifiutata da altri compagni tedeschi.
Poi ci sono i compagni italiani, che stanno seguendo la stessa strada. Ciò è del tutto comprensibile se si pensa che il loro partito ha rotto con i centristi. I compagni italiani dicono: “Ora abbiamo finalmente le mani libere; ora possiamo fare il nostro dovere, partecipare alle azioni rivoluzionarie di massa e vendicarci del tradimento di Serrati”. Voi sapete, compagni, che oggi viene detto – non solo da Levi, ma anche dalla stampa capitalista e da quella “indipendente” – che l’azione di marzo era stata ordinata dal comitato esecutivo dell’IC e che Levi è stato espulso per essersi rifiutato di obbedire a quest’ordine. Alcuni compagni dei partiti francese e cecoslovacco hanno cominciato a chiedersi – e ciò dimostra quanto poco abbiano dimostrato lo spirito del CE dell’IC – “Forse anch’io, se un giorno dovessi ricevere un ordine del genere da parte del CE e se non lo assolvessi, sarei espulso dal partito?” Entrambi questi due diversi stati d’animo sono presenti al Congresso. […]
[…] Con questo voglio dire semplicemente che il compito di rovesciare la borghesia davanti al quale si trova la classe operaia non è meccanico. E’ un compito che per la sua attuazione richiede energia rivoluzionaria, intelligenza politica, esperienza, larghezza di vedute, risolutezza, ardore, ma allo stesso tempo una mente lucida. E’ un compito politico, rivoluzionario, strategico.[13] Proprio nel corso dell’ultimo anno un partito ci ha dato una lezione molto istruttiva in questo senso. Mi riferisco al Partito Socialista Italiano, il cui organo di stampa ufficiale si chiama Avanti!.
Senza analizzare l’intero complesso delle questioni tattiche relative alla lotta e alla vittoria, senza alcuna visione chiara delle circostanze concrete di questa lotta, il partito italiano si è gettato in un intenso lavoro di agitazione rivoluzionaria, spingendo i lavoratori italiani appunto in Avanti!. La classe operaia italiana ha dimostrato che il sangue che circola nelle sue vene è abbastanza caldo. Tutti gli slogan del partito sono stati fatti propri dai lavoratori, i quali si sono spinti oltre, hanno occupato le fabbriche, gli stabilimenti, le miniere e così via. Ma subito dopo sono stati costretti ad operare una terribile ritirata, a causa della quale si sono staccati completamente dal Partito per tutta una fase.[14]
Il Partito li aveva traditi – non nel senso che nel Partito socialista italiano si nascondevano dei traditori coscienti – no, nessuno può affermare una cosa del genere. Ma c’erano dei riformisti nascosti, i quali per la loro formazione teorica complessiva sono ostili agli interessi della classe operaia. Nascosti c’erano anche i centristi che non hanno capito e non capiscono alcunché delle esigenze reali di un vero movimento operaio rivoluzionario. Grazie ad essi, l’intero Partito si è cominciato a trasformare in uno strumento di agitazione rivoluzionaria completamente astratta e superficiale. La classe operaia, però, a causa della sua posizione, si è trovata ad appoggiare seriamente questo tipo di agitazione. Ne ha tratte tutte le estreme conseguenze rivoluzionarie, ed il risultato è stata una dura sconfitta.
Ciò significa che qui è stata dimostrata una totale assenza di tattica nel senso più ampio del termine, o, volendo esprimere lo stesso concetto in termini militari, una totale assenza di strategia.[15] Ed ora si può immaginare – tutto ciò è naturalmente pura teoria e non un tentativo di suggerire una simile idea al nostro splendido giovane Partito Comunista d’Italia – è possibile immaginare, dicevo, che questo partito proclami: “Se oggi, immediatamente, dopo la sconfitta conseguente al tradimento del partito socialista, il Comintern affidasse al partito italiano il compito di passare immediatamente all’offensiva, commetterebbe un fatale errore strategico, poiché la battaglia decisiva richiede una adeguata preparazione. Questa preparazione, compagni, non consiste nel raccogliere fondi per le casse del partito per decine d’anni, e neppure nel pubblicare elenchi dei sottoscrittori per la venerabile stampa socialdemocratica, e così via. No, la preparazione – specialmente in un’epoca come la nostra in cui lo stato d’animo delle masse muta e sale rapidamente – richiede non decine d’anni, e forse neppure anni, ma solo pochi mesi. Prevedere gli intervalli di tempo è, in genere, un’occupazione poco piacevole, ma in ogni caso una cosa è chiara: quando noi parliamo oggi di preparazione, questa assume un significato completamente diverso da quello avuto nell’epoca dello sviluppo economico graduale. Preparazione per noi significa la creazione di condizioni tali da assicurarci la simpatia della gran maggioranza delle masse.[16] Noi non possiamo rinunciare a questo fattore a nessun prezzo. L’idea di sostituire la volontà delle masse con la decisione della cosiddetta avanguardia è assolutamente da rifiutare e non marxista.[17]
Attraverso la coscienza e la volontà dell’avanguardia è possibile esercitare un’influenza sulle masse, è possibile conquistare la loro fiducia, ma è impossibile sostituire le masse con questa avanguardia. E per questa ragione, il III Congresso ha posto di fronte a tutti i partiti – come compito prioritario e improrogabile – l’esigenza che la maggioranza delle masse lavoratrici sia attirata dalla nostra parte. […]
Note:
[1] L’occupazione delle fabbriche del settembre 1920
[2] Il materialismo dialettico è lo strumento di analisi del marxismo: i dirigenti del Partito Socialista Italiano non avevano intenzione di rovesciare davvero il capitalismo italiano ma i lavoratori hanno presi comunque sul serio la loro fraseologia, in mancanza di una alternativa credibile di massa.
[3] “Dovete essere coerenti con quanto dite”: questo è il metodo del marxismo verso il centrismo, quella corrente rivoluzionaria a parole ma riformista nei fatti che emerge sempre durante la prima fase di un processo rivoluzionario, quando i lavoratori entrano le processo a strati diversi, con diversi gradi di consapevolezza, e non hanno ancora raggiunto conclusioni rivoluzionarie in modo omogeneo (nostra enfasi).
[4] La posizione della direzione dell’Internazionale Comunista nei confronti dei dirigenti centristi del Partito Socialista è quella di rompere con la corrente riformista di Turati per allearvisi dopo, così da indicare chiaramente ai lavoratori la differenza con la destra del partito senza lasciare incustoditi quei lavoratori che ancora ne sono diretti. E’ la conseguenza della critica alla corrente centrista.
[5] Trockij indica il fronte unico col Partito Socialista come tattica necessaria per un partito così giovane, al fine di riconquistare la fiducia di lavoratori a cui non era rimasto nulla nelle mani dopo la sconfitta sulle barricate.
[6] Nostra enfasi
[7] Qui Trockij spiega un aspetto centrale dell’analisi marxista del ruolo del riformismo tra i lavoratori. Contrariamente a quanto si legge in molta stampa settaria, infatti, i riformisti non rappresentano l’ala sinistra della borghesia. Separati dai lavoratori su cui hanno una autorità, essi non potrebbero fare il gioco dei padroni. I riformisti, al contrario, sono lo strumento dei padroni tra i lavoratori, il grimaldello per fare egemonia politica nel nostro campo. Per tale ragione, i riformisti sono all’occorrenza pacifisti, guerrafondai, radicali o moderati.
[8] Trockij qui espone un concetto che riprenderà Lenin le L’estremismo, malattia infantile del comunismo: la presa del potere in un paese capitalistico avanzato, con i suoi tecnici, la sua tecnologia, le sue infrastrutture e la sua alfabetizzazione di massa, porteranno la Russia rivoluzionaria dal primo all’ultimo posto nel quadro rivoluzionario.
[9] Membro della delegazione polacca al congresso internazionale
[10] Delegato tedesco. Pur schierandosi anni dopo con Stalin, verrà eliminato dalla GPU.
[11] Delegato tedesco, tra i collaboratori di Rosa Luxemburg ma di posizioni più moderate. Verrà espulso dall’IC, ormai diretta dagli stalinisti, nel 1929.
[12] Nel marzo 1921 la direzione del VKPD, il partito comunista tedesco, lancerà uno sciopero generale insurrezionale improvvisato e avventurista, che fallirà nell’isolamento nonostante il seguito del partito.
[13] Nostra enfasi
[14] L’autorità di cui gode un partito operaio è un capitale che la sua direzione spende nei periodi rivoluzionari. I lavoratori si fidano dei propri dirigenti, spinti a loro volta dagli stessi lavoratori. E’ un processo dialettico in cui idee e metodi vengono messi alla prova e in cui si crea spazio tra la corrente riformista e quella rivoluzionaria per una lotta per la direzione di tutti i lavoratori.
[15] La tattica può mutare rapidamente, la strategia è l’obiettivo di lungo termine che ci si dà. Nella direzione dei lavoratori questi due concetti, a tratti, possono anche apparentemente andare in direzioni diverse, purché sia la volontà di perseguire fino in fondo la strategia a guidare il processo.
[16] Ovviamente Trockij non contrappone la raccolta fondi e l’affiliazione di sostenitori alla propaganda, così come il duro lavoro paziente dei quadri per radicarsi nella classe. Qui Trockij si limita a notare che l’entrata in una fase rivoluzionaria, tempestosa, cambia anche i tempi della costruzione della tendenza rivoluzionaria.
[17] Una critica frontale alla direzione del partito comunista tedesco.