Venerdì 26 ottobre, il Consiglio Nazionale Liberi Sindacati, di nuova formazione, pubblicò la sua famosa risoluzione. Questo Consiglio era una federazione di sindacati da poco disciolti e quindi ricostituiti. La risoluzione comprendeva una lista di rivendicazioni di ampia portata. Riuniva e chiariva rivendicazioni sostenute da vari Consigli Operai nel paese. Era firmata dal Presidente del Consiglio. Le rivendicazioni erano le seguenti:
Politiche
1) Che cessassero i combattimenti, fosse promulgata un’amnistia, ed iniziasse un negoziato coi delegati della Gioventù.
2) Che fosse costituito un governo allargato, comprendente rappresentanti dei sindacati e della gioventù, presieduto da Imre Nagy.
3) Che la situazione economica del paese fosse esposta al popolo in piena onestà.
4) Che fosse prestato soccorso alle persone ferite nelle tragiche battaglie che erano appena occorse nonché ai familiari delle vittime.
5) Che, per mantenere l’ordine, alla polizia ed all’esercito fossero aggiunti i rinforzi di una guardia nazionale composta da lavoratori e giovani.
6) Che, con il sostegno dei sindacati, si costituisse un’organizzazione sindacale giovanile.
7) Che il nuovo governo aprisse immediatamente delle trattative per il ritiro delle truppe russe dal territorio ungherese.
Economiche
1) La costituzione di Consigli Operai in tutte le fabbriche per instaurare: a) la gestione operaia e b) una radicale trasformazione del sistema di pianificazione e gestione centralizzata dell’economia da parte dello Stato.
2) L’adeguamento dei salari: un aumento immediato del 15% nei salari inferiori a 800 forint e del 10% di quelli inferiori a 1.500 forint. Che fosse, inoltre, fissato un massimo salariale di 3.500 forint.
3) L’abolizione delle norme di produzione eccetto che nelle fabbriche dove il consiglio operaio abbia votato in loro favore.
4) L’abolizione della tassa del 4% imposta alle persone non sposate ed alle famiglie senza figli.
5) Che fossero aumentate le pensioni minime.
6) Che fossero aumentate le indennità di famiglia.
7) Che si incrementasse la velocità di costruzione abitativa dello Stato.
8) Che fossero mantenute le promesse fatte da Imre Nagy, riguardanti l’avvio immediato di trattative con i governi russo e di altri paesi, tendenti ad instaurare dei rapporti economici che assicurassero vantaggi reciproci, essendo conformi al principio dell’eguaglianza.
La risoluzione concludeva rivendicando che i sindacati ungheresi tornassero a funzionare come prima del 1948, e fossero quindi denominati Liberi Sindacati Ungheresi. Il Daily Worker del sabato, 27 ottobre 1956, ignorò, significativamente, le rivendicazioni politiche, ma pubblicò una versione approssimativamente esatta di tutte e otto quelle economiche. I punti economici del programma avrebbero dovuto stupire i lettori, ai quali veniva simultaneamente detto che la rivoluzione era di “ispirazione fascista”. Il quotidiano del Partito Comunista Britannico probabilmente aveva ripreso le note della Pravda. Il portavoce del Cremlino, echeggiava le parole di Shepilov, il Ministro degli Esteri russo, quando riportava: “Gli eventi in Ungheria hanno ampiamente dimostrato che un apparato clandestino reazionario e controrivoluzionario, ben armato e ben addestrato per una violenta azione contro il sistema popolare, è stato preparato con aiuti esterni… (ma) è chiaro che l’Ungheria Popolare aveva, e continua ad avere una quantità di difficoltà e di problemi irrisolti. Vi sono stati gravi errori in campo economico…”.
Ma perchè il Daily Worker mantenne completamente sotto silenzio le rivendicazioni politiche del Consiglio Nazionale dei Liberi Sindacati? Indubbiamente perchè l’intero programma era un’ulteriore ed indisputabile prova di quali fossero le reali forze dietro la Rivoluzione.
Sebbene i lavoratori ungheresi considerasse ancora il problema in termini di ‘uomini di buona volontà’, ai quali potevano dare fiducia, erano sufficientemente consapevoli delle carenze di questo atteggiamento, da richiedere che dei diretti rappresentanti dei lavoratori e della gioventù fossero ammessi nel governo, e che tale governo fosse costantemente sostenuto dai lavoratori e dalla gioventù armati. La gioventù era, indubbiamente, l’avanguardia della Rivoluzione. Inoltre, i sindacati ungheresi non erano disposti a lasciare al governo il compito di decidere tutto in loro nome. Attraverso la rivendicazione del riconoscimento della propria autonomia organizzativa (libera, eletta democraticamente, e realmente rappresentativa della classe), intendevano consolidare ed estendere la forza che già avevano. Di qui la rivendicazione della “costituzione di Consigli Operai in tutte le fabbriche”. Può darsi che non fossero consapevoli delle implicazioni nelle loro rivendicazioni e della propria forza potenziale per sostenerle. Tuttavia, l’orientamento era chiaro. Nella vita quotidiana, come sul lavoro, non erano disposti a rimanere dei semplici esecutori. Volevano essere loro ad agire in proprio nome.
A riprova, torniamo ad esaminare il primo punto “economico”, che rivendicava l’instaurazione della gestione operaia ed una trasformazione radicale del sistema di pianificazione e direzione centralizzata dell’economia da parte dello Stato. La rivendicazione può non essere formulata con precisione, tuttavia ne possiamo comprendere la logica di base. I lavoratori si stavano opponendo all’idea che la produzione dovesse essere pianificata indipendentemente da loro. Essi stavano negando alla burocrazia statale il ‘diritto’ ad inviare istruzioni in basso. Erano profondamente interessati in ciò che si doveva decidere a livello nazionale ed a chi dovesse decidere; quali industrie o in quali settori industriali si dovessero compiere gli sforzi maggiori e perchè; quale dovesse essere il volume della produzione in ogni settore e come questa dovesse essere organizzata.
Volevano sapere in che modo tutto ciò avrebbe influenzato il loro tenore di vita, la lunghezza della settimana lavorativa ed il ritmo di lavoro che ciò avrebbe comportato. La logica di base della prima rivendicazione è rafforzata dalla seconda e dalla terza. Non possiamo, quindi, avere dubbi su ciò che i lavoratori avevano realmente in mente. La rivendicazione che fossero abolite le norme sulla produzione (eccetto che nelle fabbriche dove i Consigli avevano votato per il loro mantenimento) è abbastanza precisa. Evidenzia un punto elementare: poiché i lavoratori sono i produttori, essi devono essere liberi di organizzare il proprio lavoro come ritengono più opportuno.
Desideravano liberarsi dell’intero apparato gerarchico della burocrazia: da quelli al vertice che prendono le decisioni fondamentali sul livello della produzione, passando per gli ‘scienziati dell’ufficio’ che, con le loro tabelle e grafici, cercano di interpretare tali decisioni, giù fino ai capisquadra ed ai sorveglianti dei ritmi, che in officina, con i loro cronometri, incalzano gli operai a produrre secondo i programmi. In tutto ciò i lavoratori vedevano il tentativo di subordinare il lavoro umano a quello della macchina spesso ad un punto tale che lo sforzo richiesto era troppo grande persino per la macchina.
E’ caratteristico delle burocrazie dirigenziali, ad Est come ad Ovest, il tentativo di mantenere e di allargare una gerarchia tra i lavoratori. Questo è infatti essenziale per i dirigenti. Solo in questo modo essi possono sperare di esercitare il più completo controllo sulla ‘loro’ forza lavoro. La rivendicazione di un riadeguamento salariale voleva bilanciare questa tendenza. I lavoratori ungheresi erano pienamente consapevoli del fatto che un ampio ventaglio di livelli salariali (a volte molto complicato) permetteva ai loro dominatori di alimentare da un lato lo sviluppo di una ‘aristocrazia operaia’ che avrebbe sostenuto il regime costituito e dall’altro di dividere i lavoratori ed isolarli l’uno dall’altro.
Questa lotta contro la gerarchia e le discriminazioni salariali è fondamentale per ogni movimento che cerchi di realizzare il potere operaio e una società senza classi. Si può vederla emergere negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Francia o in Germania, dovunque gli scioperi ‘non ufficiali’ avvengano indipendentemente dalle dirigenze sindacali. Per mantenere il proprio controllo, le dirigenze cercano di frammentare i subordinati. Ma così facendo creano numerosi problemi per se. Man mano che ciò, com’è inevitabile, diventa chiaro per i lavoratori, la lotta si inasprisce. Data la velocità del moderno sviluppo tecnologico e la sempre maggiore parcellizzazione del lavoro, i lavoratori, le attività dei quali prima sembravano differenti, iniziano ora a vedere che non lo sono poi tanto. Le discriminazioni salariali (o almeno per il momento i loro casi più estremi) cominciano ad apparire assurde.
La risoluzione dei sindacati rivelava chiaramente (ed è qui che risiede la sua importanza) che i lavoratori ungheresi avevano scoperto che sotto il dominio della burocrazia essi avevano tanta poca voce in merito alla conduzione dei propri affari quanto sotto al capitalismo privato. Vedevano la discriminazione reale nelle loro industrie, nella loro società, e nella loro vita, come quella tra coloro che decidono tutto e coloro che devono solo obbedire.
Appena tre giorni dopo l’insurrezione ed ancora nel fuoco della battaglia, il loro programma era l’affermazione di tutto ciò per cui essi combattevano. Era un programma fondamentalmente rivoluzionario, sebbene non avessero un’idea ben chiara su come realizzarlo. Questa, nuova federazione di sindacati, depurata dalla dirigenza burocratica, eletta democraticamente, e fondata sui Consigli Operai e le loro rivendicazioni, fu la caratteristica dominante della scena politica ungherese degli ultimi giorni di ottobre del 1956. La libertà divenne un elisir, trangugiato avidamente da coloro che stavano morendo di sete. La gente sembrava presentire che questa libertà sarebbe stata di breve durata, visto la lena con cui si dava da fare ovunque nel tentativo di trasformare ogni cosa intorno a se.