
Tutto occupato
“I partiti che successivamente lottarono per il potere considerarono il possesso di questo enorme edificio dello Stato come bottino principale del vincitore.”
[K. Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte]
Ad agosto il comune di Milano ha esteso il patentino di costituzionalità per le associazioni che vogliono affittare sale comunali[1]. Tempi duri per le organizzazioni di estrema destra che si nascondono dietro la patina delle associazioni culturali: d’ora in avanti dovranno firmare niente meno che sulla condivisione della Costituzione. Nella calura estiva i giornali fotografavano il cartello “Qui vive un antifascista” sulla porta di casa del sindaco, anche se ad aprile Sala non si è sottratto a rendere omaggio alla lapide dei fascisti Ramelli e Pedenovi[2]. A inizio settembre il candidato della destra Bernardo veniva messo con le spalle al muro sulle sigle neofasciste che appoggiano i suoi candidati[3]. Sala si rifà alla medaglia d’oro della resistenza ormai quotidianamente. A sentir la stampa, sembra che a Palazzo Marino ci sia il CLN.
E’ indubbio che anche sul fronte ambientale la giunta sembra orientarsi a un apparente ambientalismo. E’ poco importante che il sindaco abbia puntualizzato nel marzo scorso che l’ambientalismo va bene, purchè parli alle imprese[4]. Nè balzano agli onori della cronaca quelle vertenze ambientaliste che la stampa dipinge come marginali, come quella dell’ex gasometro della Bovisa o delle vasche di laminazione per il contenimento del Seveso che trasformeranno una quota di Parco nord alberato in un prato con laghetto artificiale. L’iscrizione ai Verdi europei è stata ribattuta da tutte le agenzie di stampa lasciando il movimento ambientalista, Fridays for Future, mediaticamente sospeso nel vuoto[5]. Seppure la città sia letteralmente inondata da cantieri e volumetrie cementizie, anche in questo caso la retorica ci parla di un Sala col pollice verde.
Ma se pure ci spostassimo sul fronte delle discriminazioni di genere non potremmo sentirci che protetti da un sindaco diventato perfino murales, sui navigli, coi suoi calzini arcobaleno e la sponsorizzazione del pride come evento mediatico, capace di fare di Milano una New York in sedicesimi[6]. Il sindaco ne ha ben approfittato in chiave elettorale, dicendo che il suo PD confligge con Salvini su questo terreno.[7]
Ha già fatto tutto Sala, che con abili mosse ha riempito lo spazio di consenso alla sua sinistra per ridurre alla testimonialità movimenti antifascisti, ambientalisti, e dei diritti di genere. Ci pensa il sindaco, con l’efficienza maturata durante Expo.
Il punto che vogliamo sollevare è precisamente questo: Sala ha strumentalmente accolto parole d’ordine che il PD non vuole e non può far proprie perchè oggi sono dominante nel movimento milanese. Antifascismo, ambientalismo, libertà affettiva sono merci gratuite e vendibili a una società sindacalmente anoressica ma sfibrata dal veleno odioso della destra. Questo processo ha una radice precisa. Negli ultimi 30 anni la composizione operaia della città è cambiata. Precari, liberi professionisti, impiegati di commercio e servizi hanno sostituito non solo le grandi aziende produttive ma anche le loro tradizioni di discussione interna. La sindacalizzazione è stata frantumata. I temi sociali sono diventati predominanti man mano che quelli sindacali venivano marginalizzati. Da rivendicazione dei più sfruttati e discriminati, che li associavano alla lotta per migliori condizioni di vita materiali, i diritti civili sono diventati una battaglia culturale interclassista diretta dalla piccola borghesia che è cresciuta all’ombra dell’espansione dei servizi nella metropoli. Antifascismo sì, ma per proteggere questa democrazia; antirazzismo e antisessismo sì, ma per proteggere il diritto alla carriera; LGBTQ sì, purché arricchisca gli investimenti. Precari e lavoratori sono stati privati di alternative che riflettessero il loro punto di vista come classe. L’operato di Pisapia prima e di Sala poi è stato valutato sulla capacità di attrarre investimenti e briciole di lavoro. In un paese in crisi occupazionale, perfino i lavori precari di Expo sono stati visti come un impegno.
Nella città degli spazi occupati che dieci anni fa ha cacciato la Moratti, Sala sembra aver occupato tutti gli spazi politici. Ammetterlo dovrebbe essere il primo passo da fare per uscire dalla nostra marginalità.
Il mondo capovolto delle urne
“Non far sedere lo schiavo del salario accanto al capitalista”
[Rosa Luxemburg, cit. in Frolich]
Perfino le elezioni amministrative milanesi confermano questo processo. Il 3 e 4 ottobre la sinistra milanese si presenterà frantumata in 6 sigle diverse, antagoniste tra loro. Con l’eccezione di Milano Unita, creata per riposare all’ombra di Sala, non vi sono differenze programmatiche reali tra le rimanenti. Certo, la somma aritmetica di cinque debolezze non può dare una forza. Il punto è che questa divisione è invece ben indicativa dell’empasse politica in cui si trova la sinistra radicale del nostro paese. Anni di arretramenti politici sul terreno nazionale, apparentemente così lontani dal contesto locale, non fotografano solo l’incapacità di rispondere ideologicamente alla pressione del PD. Riflettono anche una marginalizzazione del conflitto che, in una città come Milano, si è potuta basare su una relativa crescita economica. Il PD ne è stato il regista, insieme alla destra. Qui le peculiarità locali e le dinamiche nazionali sfumano e divengono indistinguibili.
Dunque la coalizione del sindaco non può essere al centro delle nostre riflessioni militanti. Milano Unita serve a coprire le tonnellate di cemento e l’invasione imprenditoriale di una città che ha un ricco centro sempre più grande e una periferia povera sempre più esterna. La sua esistenza non si riflette nello sviluppo del conflitto a Milano, al massimo vi si accuccia. Basti osservare che questa sigla promuove una “Carta del lavoro buono” nella città regalata ai grandi appaltatori[8] ormai da almeno un decennio. Se è necessario dover lanciare una Carta del lavoro buono dopo dieci anni di governo della città, bocciare la coalizione con la sua sinistra interna è un atto di clemenza più che di giudizio.
Indubbiamente tutti i candidati delle altre sigle a sinistra di Sala riflettono una grande generosità militante. Devono nuotare contro la corrente, in una città dove si cerca di spacciare il voto al sindaco come voto a sinistra. E ancora questa osservazione non può essere programmatica. Letti sulla carta, i programmi di Milano in Comune, Potere al popolo, PCI, Partito Comunista e PCL si replicano e non potrebbe essere diversamente. Chi sarebbe mai contro la reinternalizzazione dei servizi pubblici? Chi si schiererebbe contro un PGT riformulato a favore dell’ambiente? Chi contro un piano di edilizia pubblica o contro la dismissione delle attuali aziende municipalizzate? E’ chiaro che non è questo il terreno che li distingue.
Come per il movimento in generale, il destino di queste sigle è legato alla ripresa generale del conflitto nel paese. Senza, lotteranno per sopravvivere come tutte le realtà antagoniste della città. Certo, il treno della mobilitazione passa ma deve essere preso al volo, perchè non ferma ad alcuna stazione e non è detto che tutte avranno la forza e l’elasticità di farlo. Forse la dinamicità di Potere al popolo o la cosmetica stalinista del Partito Comunista di Rizzo potrebbe attirare settori di giovani in lotta nel prossimo autunno. Ce lo auguriamo, perchè sarebbe veramente progressista vista la situazione. Ma è chiaro che nel mondo capovolto delle urne, questa frammentazione non riflette altro che un’inerzia difensiva che si è trascinata per molto tempo e che solo forze fresche catapultate nella lotta potranno superare.
Il mondo dei movimenti, là fuori
“Gridino pure! La borghesia li loderà.”
[Lenin, Stato e rivoluzione]
Da tempo Milano non ha un vero autunno studentesco. Anche in questo caso non si può imputare questa mancanza esclusivamente alla dimensione locale. Il movimento studentesco italiano manca all’appello da diverso tempo. Semmai la mobilitazione giovanile negli anni precedenti alla pandemia si è concentrata su altri temi, come quello climatico.
Anche quando gli studenti scendono in piazza per l’ambiente dietro le bandiere di Fridays For Future sono informalmente organizzati nei loro spazi di riferimento. Eppure a differenza delle sigle politiche della sinistra radicale, le divisioni che separano Cantiere, Zam, Lambretta ed altri spazi più piccoli sono più storicamente giustificate. Seppur non formalmente tenute ad unirsi per fronteggiare il comune nemico di classe, la loro proliferazione di spazi occupati è invece indice di fermento.
Semmai il punto di debolezza sembra riposare nell’atteggiamento di chiusura negli spazi stessi, che negli ultimi dieci anni forse è stata superata solo una volta con la mobilitazione per proteggere il Cox18 dallo sgombero. Prese singolarmente, ciascuna delle attività di radicamento di queste strutture è fondamentale per il quartiere che la ospita. Prendiamo l’Abba Cup organizzata dal centro sociale Cantiere. E’ un evento molto importante che non sarebbe possibile senza l’attività di radicamento abitativo tra le famiglie migranti della zona sudovest di Milano. Eppure dal punto di vista mobilitativo questo radicamento è custodito gelosamente: non viene investito per un movimento cittadino. E’ tanto forte a San Siro quanto inesistente a Comasina.
Esempi di questo tipo si potrebbero moltiplicare anche sul terreno dell’antifascismo. L’organizzazione della manifestazione per piazza Fontana è esemplare. Il movimento antifascista milanese accoglie la storia delle organizzazioni radicali della città ma nessuno potrebbe negare che funzioni esclusivamente per scadenze. Nella città delle bandiere con la celtica che si intravedono da alcuni uffici della questura[9], ad oggi non esiste una piattaforma antifascista permanente. Per ogni iniziativa del collettivo Zam per una Milano Sud Antifascista e Antisessista manca una strategia di costruzione nel resto dei quartieri della città.
E’ chiaro quindi che tutta questa ricchezza e diversità è tanto un punto di forza quanto di debolezza. Arricchisce il movimento nella dimensione di quartiere e lo rallenta quando la posta in gioco diviene cittadina.
E’ facile allora capire che, per le sue caratteristiche di forte turnover, è il movimento studentesco stesso a pagarne il prezzo più alto, con l’assenza di una struttura centrale di lotta e una competizione tra spazi sociali che negli anni ha favorito lo sviluppo di esempi di conflitto al posto di conflitti esemplari. Lo stato intermittente di autogestioni spesso concordate, delle occupazioni e la logica di visibilità che ha permeato gli ultimi anni di cortei studenteschi hanno minato la tenuta degli stessi collettivi.
In fondo sarebbe complesso stabilire una traiettoria tra queste realtà e l’amministrazione Sala. Nessuno di questi spazi è formalmente compatibile con la città vetrina. Ed allo stesso tempo rinchiudersi negli spazi diviene essa stessa vetrina. Così la città degli eventi finisce col convivere specularmente con la città dei contro-eventi. È indubbio che Palazzo Marino non veda di buon occhio queste occupazioni, eppure è proprio per questo che non si può certo escludere che il centrosinistra prenda in considerazione, almeno nell’immediato, un approccio di quieto vivere. Specularmente alle difficoltà della sinistra radicale, questa armonia circolare potrebbe essere spezzata solo da un effettivo spostamento a sinistra del pendolo politico. Farebbe irrompere forzatamente nuove leve, a cui potrebbero non bastare una simulazione di conflitto e una ritirata in buon ordine nella gestione di uno spazio, per quanto radicale esso sembri.
Un movimento in testacoda
“Presto essi si convinsero che non dovevano più lottare per creare un sistema di governo utopistico, ma dovevano al contrario rappresentare una parte cosciente nei mutamenti sociali in corso.”
[Friedrich Engels, cit. in Meyer]
Sembrerebbe dunque che il movimento milanese sia finito in testacoda. Ma con un po’ di ottimismo rivoluzionario è facile vedere quanto i fattori che lo hanno arretrato potrebbero spingerlo in avanti. Una ripresa delle mobilitazioni studentesche e operaie trasformerebbe la coda del movimento nella sua testa, a patto che queste mobilitazioni siano in grado di irrompere con continuità nelle contraddizioni della città. Nemmeno Milano infatti può essere considerata separatamente dal paese, soprattutto nel conflitto.
E’ emblematico che qui si sia espressa la principale sindacalizzazione dei riders, che è uno sviluppo di quanto avvenuto nella logistica e un anticipo di quanto potrebbe vedersi in altre sacche di precariato. Riflette una logica autonoma dai sindacati confederali ma alla fine finisce col rapportarsi ad essi. La città poggia poi su un forte indotto commerciale e di grande distribuzione. La situazione negli ospedali e nel pubblico impiego, unita a quella delle scuole pubbliche, minaccia tempesta.
Finora le lotte in città hanno visto presidi e cortei limitati nel tempo, fiammate che lasciavano studenti e lavoratori della città come testimoni solidali ma passivi, senza che venisse chiesto loro di prendere parte a questa lotta. In questo senso, quanto stanno facendo gli operai GKN nei confronti di Firenze, con una campagna continua fatta di presidi, banchetti, manifestazioni, comizi, volantinaggi che portano operai dallo stabilimento provinciale all’interno del nucleo cittadino è l’unico modo per rinsaldare quel distacco tra città e produzione che ha marginalizzato le mobilitazioni a Milano ma anche il dibattito sul conflitto. D’altronde questo testacoda ha anche un altro effetto. Laddove le città sono attraversate da lotte dirompenti, com’è anche il caso della lotta GKN a Firenze, l’assenza di un soggetto politico o di un percorso coordinativo che ne costituisca la partenza priva di qualsiasi sponda politica, programmatica e organizzativa la lotta stessa. Oggi assistiamo al paradosso di una lotta operaia spontanea che quasi deve creare la propria sinistra politica da sè. Non fatichiamo a intuire che un simile limite possa svilupparsi anche in una città come Milano, in futuro. D’altronde non vi sarebbe altro modo che tale faticoso percorso per diradare la nebbia del centrosinistra cittadino, incentrata a dipingere qualsiasi critica al modello Milano come il capriccio di estremisti fuori tempo massimo. E’ una strategia pensata per trasformare la nostra classe in semplici passanti.
E’ piuttosto probabile che Sala vincerà le elezioni amministrative. Gli industriali e i costruttori locali non hanno bisogno della copia del centrodestra quando possono sostenere direttamente l’originale. Ma la situazione economica internazionale e la fragilità del governo centrale, che ha praticamente giocato l’ultima carta dell’unità nazionale ormai da tempo, rappresentano una minaccia implicita ai padroni della città. Già la pandemia ha fatto vacillare l’amministrazione, che ha potuto risollevarsi solo grazie all’impresentabilità della giunta regionale leghista. Le tensioni esploderanno sul terreno abitativo, su quello studentesco e poi nel pubblico impiego. Non è centrale che questi conflitti interessino direttamente le responsabilità della giunta: quando scoppieranno la discussione aprirà anche fronti esclusivamente locali. Dall’affollamento delle aule alle metro piene il passo sarà molto breve. Dai licenziamenti al caro affitti cittadino lo sarà ancor di più. Queste tensioni fluttueranno tra centro e periferia alimentandosi vicendevolmente. La salvaguardia del clima chiederà conto degli alberi abbattuti.
Salire sul treno del conflitto con la necessaria massa critica, poterne riempire i vagoni richiederà finalmente che gli attivisti di movimento facciano la loro parte per unirsi, superare la frammentazione delle singole vertenze e mettere in discussione la gestione della capitale economica del paese con un solo, compatto, fronte di lotta.
Questo sì, che farebbe tornare il sole a Milano.
[1] https://milano.repubblica.it/cronaca/2021/08/25/news/milano_antifascismo_obbligo_certificazione_associazioni_bandi_spazi_pubblici-315230824/
[2] https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/01/26/qui-vive-un-antifascista-il-cartello-di-sala-sulla-sua-porta-di-casa-la-risposta-del-sindaco-di-milano-alla-scritta-antisemita-di-cuneo/5685496/
[3] https://milano.repubblica.it/cronaca/2021/08/14/news/resistenza_milano_comunali_2021_fascismo_antifascismo_luca_bernardo_beppe_sala_antifascismo_partigiani_anpi-313989707/
[4] https://www.milanotoday.it/politica/sala-verdi-imprese-ambientalismo.html
[5] https://milano.repubblica.it/cronaca/2021/03/18/news/fridays_for_future_sala_ambientalista_speriamo_nel_cambiamento_ma_una_spennellata_di_verde_non_basta_-292698495/
[6] https://www.ansa.it/sito/videogallery/italia/2021/09/13/milano-murale-con-il-sindaco-sala-pro-lgbt_5f3ed49c-8dd3-4c96-b150-9017920c12b7.html
[7] https://ilmanifesto.it/a-milano-festa-dei-diritti-lgbtq-sala-con-salvini-non-si-tratta/
[8] https://www.askanews.it/cronaca/2021/02/06/milano-unita-lancia-idee-per-citt%c3%a0-pi%c3%b9-giusta-e-sostenibile-pn_20210206_00051/
[9] https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/11_maggio_4/croce-celtica-commissariato-190564754376.shtml