Fin dal dopoguerra Milano è riuscita a costruirsi la fama di città “operosa”: città industriale fino agli anni ottanta, si è successivamente trasformata nella città dei servizi. Le fabbriche ormai si sono spostate nella zona della Brianza, lasciando spazio al terziario: basti pensare alle multinazionali che si trovano nella metropoli o nelle zone limitrofe. Se paragonata al resto d’Italia, non c’è dubbio che Milano offra maggiori opportunità lavorative. Può inoltre vantare una rete di trasporti pubblici (funzionante 24 ore su 24 grazie alle sostitutive), che permettono di spostarsi agilmente anche a chi non possiede una automobile. L’Amministrazione Comunale sta investendo molto, come abbiamo già visto, nel restyling dei quartieri per renderli più appetibili.  Nonostante ciò, sorge spontanea una domanda: è tutto oro quello che luccica?

“Milano non si ferma”

Se il processo di terziarizzazione è iniziato ormai da qualche decennio, l’organizzazione di Expo ha dato una notevole spinta verso l’idea di città h24, sempre attiva. Lo si è visto con l’esplosione negli ultimi anni del mercato del delivery. Durante il primo lockdown, ma anche con l’instaurazione del coprifuoco nei mesi successivi, le consegne dei rider sono state una costante delle nostre vite. E’ importante parlare della condizione dei rider, ma anche della loro lotta. Partiamo dai numeri: secondo un sondaggio condotto dagli studenti della Statale nel 2019 su 218 intervistati, il 97%  dei rider ha un’età compresa tra i 18 e i 30 anni, il 61% è straniero. La stessa ricerca smentisce però l’idea che si tratti di un “lavoretto” per arrotondare: il 29% arriva a lavorare oltre 50 ore, il 25% tra le 40 e le 49 ore, il 27%  lavora dalle 30 alle 39 ore[1]. Si tratta di un campione chiaramente limitato, se si considera che la Prefettura di Milano stimava in 3000 il numero di rider all’inizio della pandemia, ma comunque significativo. Le inesistenti condizioni contrattuali, e il dilagare del cottimo, hanno spinto sempre più rider a organizzarsi e a porre come condizione primaria l’assunzione, regolarizzata secondo il contratto di lavoro della logistica. Assodelivery, per aggirare la questione, ha quindi sottoscritto lo scorso autunno un accordo con la sola Ugl. L’accordo negava il rapporto di lavoro subordinato, mantenendo lo status di lavoratore autonomo e lasciando inalterato l’utilizzo del cottimo. La scorsa primavera i rider hanno quindi proclamato uno sciopero che ha spinto Just Eat a regolarizzare i lavoratori. Non si può dimenticare però che si tratta solo di un primo passo: a fronte del riconoscimento del rapporto subordinato, si è però accettato un accordo al ribasso dal punto di vista retributivo. Allargando il campo alla logistica più in generale, è emerso che la task force nominata dal Ministro Orlando ha riscontrato irregolarità in tutte le 18 aziende controllate tra la provincia di Milano e la provincia di Bergamo.

Si potrebbe pensare che la situazione dei rider rappresenti un’eccezione in una città piena di opportunità dal punto di vista lavorativo. E’ stata proprio la  pandemia a mettere in crisi l’idea di “Milano non si ferma” (secondo l’infelice slogan utilizzato da Sala nel febbraio 2020). Anche il sindaco è stato costretto ad ammettere che l’occupazione è tornata ai livelli del 2014 (pre Expo). Il rapporto di Assolombarda, pubblicato nella scorsa primavera, è impietoso al riguardo: 20000 posti in meno rispetto al 2019 (persi soprattutto nella ristorazione e più in generale nei servizi); l’aumento di 50000 inattivi (persone cioè che hanno smesso di cercare una occupazione); una diminuzione del tasso di occupazione tra i giovanissimi (15-24 anni) dal 21,4% al 18,9% (in ogni caso sopra la media nazionale); l’aumento del tasso di disoccupazione che dal 34% del 2014 era costantemente sceso fino al 18,1% del 2019, per poi risalire per la prima volta fino al 22% nel 2020. Il covid ha quindi messo in evidenza la fragilità della locomotiva Milano[2].

 

Una città accessibile?

Fin dai tempi di Letizia Moratti, l’obiettivo dell’amministrazione comunale è stato quello di competere con le grandi città europee in termini di attrattiva, soprattutto dal punto di vista turistico. Expo ha giocato un ruolo importante da questo punto di vista. Aggiungiamo anche l’organizzazione delle Olimpiadi Invernali del 2026 (condivise con Cortina). Questa rincorsa degli eventi ha sicuramente reso la città più attrattiva anche per gli investimenti. Creando un vero e proprio effetto vetrina che ha parzialmente nascosto il problema della vivibilità e, più in generale, del costo della vita. Ma nascondere un problema non significa affatto eliminarlo.

Partiamo dalle disparità economiche tra i vari quartieri. Se prendiamo il reddito medio annuale della zona più ricca (Brera/Castello) e di quella più povera (Quarto Oggiaro) notiamo che la differenza è enorme: 100489 euro nel primo caso, 18926 nel secondo. A fronte di una media cittadina di 35585 euro. Non va molto meglio anche nelle altre zone periferiche: Forze Armate, Villapizzone, Affori – Comasina, Crescenzago: in nessuno di questi quartieri si arriva a 24000 euro. Tra le altre zone più ricche si segnalano City Life e Sant’Ambrogio dove il reddito medio si attesta tra gli 80000 e i 76000 euro[3]. Milano, in seguito alla pandemia, ha registrato anche un dato negativo per quanto riguarda il numero di abitanti: tra il primo gennaio e il primo giugno 2021 la città ha perso 1193 abitanti. In particolare ad aprile e maggio, il saldo migratorio ha registrato il segno meno: 3557 nuovi iscritti, a fronte di 4087 cancellati per trasferimento di residenza. Il totale nel 2020 è di – 278. Non si può ancora identificare una ragione precisa, tuttavia è indubbio che l’effetto smartworking possa aver giocato un ruolo, considerati anche i costi della città[4]. Un altro dato che dovrebbe far riflettere è il dato elettorale del 2019, dove il centrosinistra vince nei quartieri più centrali, e il centrodestra domina nelle periferie. Un cambiamento iniziato già nei primi anni dell’amministrazione Pisapia, ed esploso con Sala che ha cementificato il consenso nelle zone della cerchia, lasciando però le zone “popolari” in balia della demagogia della destra[5].

Al tema del precariato e delle disparità economiche si lega anche quello relativo agli sfratti. Con la fine del blocco degli sfratti il 30 giugno (in concomitanza con la fine del blocco dei licenziamenti), sono state rese di nuovo attuabili le richieste di sfratto previste prima del 28 febbraio 2020. A farne le spese per prima l’occupazione dell’ex fabbrica abbandonata di via Iglesias 27, abitata da famiglie che avevano cominciato a riqualificare la palazzina per renderla più vivibile. Una palazzina precedentemente disabitata quindi: fatichiamo a capire quale urgenza abbia spinto le forze dell’ordine a sgomberare le famiglie. Da parte sua il Comune ha trovato una sistemazione temporanea nel Koala Hostel. Soluzione che però non risolve il problema[6]. Ma la Milano dei grandi eventi dichiara guerra anche agli spazi sociali. Ultima vittima Ri-make, spazio sociale nel quartiere Bruzzano. L’ex liceo Omero, abbandonato nel 2017 (le classi furono trasferite presso il Liceo Russell a Niguarda), è stato occupato nel 2018. Il comune ha infatti approvato ad agosto la delibera di abbattimento della struttura[7]. Non è ancora chiara la tempistica di esecuzione, nè il futuro utilizzo dello spazio. Tuttavia, il fatto che Ri-make rappresenti l’unica alternativa dal punto di vista aggregativo all’Oratorio di quartiere, non sembra essere un problema per l’amministrazione comunale. Significativo inoltre il fatto che il centrosinistra si riempia la bocca di antifascismo in campagna elettorale, finendo però per assecondare una delle battaglie di punta della Lega milanese.

Il problema del costo degli affitti in città è un problema reale. Non va molto meglio per chi decide di investire i propri soldi nell’acquisto di una casa. Secondo un recente studio di Tecnocasa, per acquistare un immobile sono necessari oltre 12 anni di stipendio, a fronte di una media nazionale di sei anni e mezzo. Il dato è ancor più significativo se consideriamo che i costi a Milano sono rimasti sostanzialmente invariati rispetto a 10 anni fa, quando però la media nazionale era di oltre 8 anni[8].

Anche il sindaco ha in passato sollevato la questione. Tuttavia l’incapacità del centrosinistra ad affrontare la questione ha prodotto un paradosso: Sala ha  attaccato gli stipendi dei dipendenti pubblici calabresi, rei, a suo dire, di essere molto alti in rapporto ad un costo di vita decisamente più basso rispetto a Milano. Ci fa piacere che il sindaco si ponga il problema della vivibilità. Molto meno che per ragioni di propaganda finisca, seppur involontariamente, per rispolverare un tema molto caro alla Lega Nord di Bossi che negli anni novanta sosteneva la necessità delle gabbie salariali[9].

Atm

Il trasporto pubblico è senza dubbio un fiore all’occhiello di Milano. Con la ramificazione della metropolitana, l’utilizzo dell’automobile è diventato quasi superfluo. La costruzione della linea 4 permetterà di coprire anche zone precedentemente trascurate. Anche il treno è un mezzo utilizzato per spostarsi in città, soprattutto per chi viene da fuori. Il discorso cambia quando ci si sposta in provincia, dove la situazione è l’esatto opposto rispetto alla metropoli: i collegamenti sono carenti e l’automobile diventa sostanzialmente l’unico mezzo di trasporto. Stando quindi a una visione superficiale, potremmo parlare di Milano come una città assolutamente all’avanguardia nel trasporto. La convocazione degli scioperi da parte delle organizzazioni sindacali del settore, certifica invece il contrario. Non ci interessa soffermarci sugli attacchi della stampa ai lavoratori definiti sostanzialmente degli “estremisti irresponsabili”. E’ molto più interessante evidenziare le ragioni che portano a questi scioperi. I temi in discussione sono diversi: il rinnovo del contratto, l’opposizione al piano di privatizzazione, e la contrarietà all’esternalizzazione dei servizi, per citarne alcune. Purtroppo la litigiosità tra le varie sigle sindacali non aiuta la comprensione da parte degli altri lavoratori, con il rischio concreto di renderli sensibili alla propaganda. Il fatto che non si abbia una piattaforma comune per la convocazione degli scioperi non rafforza certo la lotta degli autoferrotranvieri.  Un esempio di privatizzazione è il progetto “Milano Next”. L’idea presupponeva l’unione di Atm con altre imprese private per la gestione del trasporto pubblico locale. Come anche denunciato dai CUB, si profilava il rischio concreto della cessione di una parte importante del traporto pubblico locale[10]. Con la pandemia, il progetto è finito momentaneamente in standby. La dirigenza Atm ha però dichiarato di volerlo riprendere in mano una volta finita l’emergenza.

Pochi mesi fa Atm ha annunciato 600 assunzioni. Tuttavia, a causa dell’elevato costo della vita in città, sono inizialmente arrivate poche candidature. Inoltre, come denunciato dai Cobas, si trattava  esclusivamente di assunzioni part – time[11]. L’anno scorso Atm è invece balzata agli onori della cronaca per la vicenda degli appalti truccati. Nell’estate 2020 erano stati arrestati alcuni dirigenti ATM, tra cui Paolo Bellini, ritenuto a capo di un sistema di tangenti ai fornitori. Tanto che la stessa Atm ha dovuto porre fine ai contratti in essere coi fornitori coinvolti[12].

Sala, una alternativa al centrodestra?

Arrivando alla fine di questo articolo, possiamo rispondere negativamente alla domanda posta nel titolo. Milano non è una città a portata di tutti. Rimane sicuramente una città attrattiva per imprenditori e forza lavoro in fuga dalla disoccupazione, capace di organizzare grandi eventi, ma sostanzialmente rimane anche una vetrina molto fragile. Proprio la pandemia ci ha mostrato come la presunta forza di Milano nascondesse in realtà una debolezza. L’inclusività di cui parla il centrosinistra rimane appunto uno slogan da sventolare durante la campagna elettorale (si pensi alle denunce dei senatori De Falco e Nocerino in merito al trattamento degli immigrati che si trovano nel CPR di via Corelli)[13]. Dovrebbe inoltre far riflettere il fatto che il centrosinistra utilizzi spesso la parola d’ordine “dell’argine contro le destre”. Se dopo cinque anni di “buona” amministrazione Pisapia e altri cinque anni di “buona” amministrazione Sala, la destra rappresenta ancora un pericolo, evidentemente la politica “progressista ed educata” ha qualche responsabilità. Anche lo spostamento dei flussi elettorali, con un netto sostegno alla destra proprio nei quartieri periferici, certifica che lo zoccolo duro del centrosinistra è ormai circoscritto alle zone più centrali. Zone che l’amministrazione ha costantemente privilegiato negli investimenti con il tentativo di allargarle a scapito della periferia, spingendo la povertà agli estremi della città, come se si trattasse di cartacce da mettere sotto al tappeto. Naturalmente non c’è nulla di progressista nelle idee di Salvini o di Giorgia Meloni, ma se si vuole davvero sconfiggere quelle posizioni, non basta un vuoto richiamo all’antifascismo o il patrocinio al Pride. E’ la politica reale quella che conta. E la coalizione di centrosinistra, come prevedibile, non ha fatto nulla per bloccare il proliferare di certe idee. Privilegiando al contrario il “buon nome della città” per attrarre turisti e investimenti, lasciando lavoratori e studenti  in balia della demagogia della destra.

 

 

[1]https://milano.repubblica.it/cronaca/2019/02/05/news/under_25_stranieri_e_in_sella_per_50_ore_la_radiografia_dei_tremila_rider_di_milano-300890125/

[2]https://www.assolombarda.it/media/comunicati-stampa/in-50mila-in-piu-non-cercano-lavoro-e-la-disoccupazione-giovanile-sale-al-22-invertendo-il-trend-dopo-5-anni-sono-gli-effetti-a-milano-della-sfiducia-e-della-crisi-covid

[3]https://www.milanopost.info/2021/07/26/nella-ricca-milano-disuguaglianze-record-fra-i-quartieri/

[4]https://www.true-news.it/politics/la-citta-di-milano-continua-a-perdere-500-abitanti-al-mese-ne-2021-calo-demografico-e-saldo-migratorio

[5]https://milano.repubblica.it/cronaca/2021/06/24/news/le_geometrie_variabili_del_voto_nella_milano_degli_88_mini-quartieri-307397259/

[6] https://thesubmarine.it/2021/07/05/emergenza-abitativa-stop-blocco-sfratti-milano/

 

[7]https://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/omero-lex-liceo-avra-nuova-vita-1.6675063

[8]https://www.fanpage.it/milano/milano-citta-piu-cara-ditalia-servono-in-media-oltre-12-anni-di-stipendio-per-comprare-una-casa/

[9]https://www.lastampa.it/politica/2020/07/11/news/sbagliato-dare-gli-stessi-stipendi-a-milano-e-reggio-calabria-nuove-polemiche-sul-sindaco-sala-1.39070681

[10]http://www.milano-anticapitalista.org/2019/11/21/parlateci-di-milano-next-sciopero-nel-gruppo-atm/

[11]https://tg24.sky.it/milano/2021/05/19/atm-milano-lavora-con-noi

[12]https://www.milanotoday.it/attualita/atm-tangenti-fornitori-allontanati.html

[13]https://thesubmarine.it/2021/07/30/il-cpr-di-milano-deve-essere-sequestrato/