È vero che lo stalinismo rappresenta un legittimo prodotto del bolscevismo, come lo stesso Stalin dichiara e come i menscevichi, gli anarchici e certi dottrinari che si considerano marxisti credono? “Noi l’abbiamo predetto da sempre” dicono “Essendo partiti con la proibizione degli altri partiti socialisti, la repressione degli anarchici e l’instaurazione della dittatura bolscevica nei Soviet, la Rivoluzione d’Ottobre poteva concludessi solo nella dittatura della burocrazia. Stalin è la continuazione ed anche la bancarotta del leninismo”.

La pecca di questo ragionamento comincia con la tacita identificazione di bolscevismo, Rivoluzione d’Ottobre e Unione Sovietica. Il processo storico di lotta tra forze ostili è così rimpiazzato dall’evoluzione del bolscevismo all’interno di un vuoto. Il bolscevismo, però, è solo una tendenza politica strettamente unita alla classe operaia, ma non identica ad essa. Ed oltre alla classe operaia esistono in Unione Sovietica cento milioni di contadini, diverse nazionalità ed un’eredità di oppressione, miseria ed ignoranza. Lo stato costruito dai bolscevichi riflette non solo il pensiero e le volontà del bolscevismo, ma anche il livello culturale del paese, la composizione sociale della popolazione, le pressioni di un passato barbarico e di un non meno barbarico imperialismo mondiale. Presentare il processo di degenerazione dello stato sovietico come evoluzione del bolscevismo puro vuol dire ignorare la realtà sociale nel nome di uno solo dei suoi elementi, isolato per mezzo della logica pura. È sufficiente chiamare quest’errore elementare col suo nome per sbarazzarsene.

Il bolscevismo, in ogni caso, non si è mai identificato con la Rivoluzione d’Ottobre o con lo stato sovietico da questa generato. Il bolscevismo considera se stesso come uno dei fattori della storia, il suo fattore “cosciente” – uno molto importante ma non decisivo. Noi non abbiamo mai peccato di soggettivismo storico. Noi vedevamo il fattore decisivo – sulle basi reali delle forze produttive – nella lotta di classe, non solo su scala nazionale ma anche internazionale.

Quando i bolscevichi hanno fatto concessioni alle tendenze contadine, alla proprietà privata, quando hanno realizzato rigide regole per l’appartenenza al partito, purgato il partito da elementi alieni, proibito altri partiti, introdotto la NEP, fatto concessioni o concluso accordi diplomatici con governi imperialisti, essi stavano traendo conclusioni parziali dai fatti basilari che erano stati teoricamente chiari per loro sin dall’inizio; perché la conquista del potere, per quanto importante possa essere in se stessa, non trasforma affatto il partito in sovrano del processo storico. Avendo assunto la direzione dello stato, il partito può, certamente, influenzare lo sviluppo della società con un potere che prima gli era inaccessibile; ma in cambio esso sottomette se stesso ad un’influenza 10 volte maggiore da parte degli altri elementi della società. Esso può, a causa del diretto attacco delle forze a lui ostili, essere scacciato dal potere. Dato un più lungo tempo di sviluppo, esso può degenerare al suo interno pur continuando a restare al potere. È precisamente questa dialettica del processo storico che non viene compresa da quei logici settari che cercano di trovare nell’imputridimento della burocrazia stalinista argomenti schiaccianti contro il bolscevismo.

In sostanza questi gentiluomini dicono: il partito rivoluzionario che non contiene in se stesso garanzie contro la sua propria degenerazione è mal fatto. Secondo questo criterio il bolscevismo è ovviamente condannato: esso non possiede talismani. Ma è il criterio stesso ad essere errato. Il pensiero scientifico richiede un’analisi concreta: come e perché il partito è degenerato? Nessuno, tranne gli stessi bolscevichi, ha, finora, portato avanti tale analisi. Nel far ciò essi non hanno avuto bisogno di rompere col bolscevismo. Al contrario, essi hanno trovato nel suo arsenale tutto ciò di cui abbisognavano per la spiegazione del suo destino. Essi hanno tratto la seguente conclusione: senza dubbio lo stalinismo è “scaturito” dal bolscevismo, non logicamente però, ma bensì dialetticamente; non come affermazione rivoluzionaria, ma come rinnegazione termidoriana. Non è affatto la stessa cosa.