I bolscevichi, comunque, non hanno aspettato i processi di Mosca per spiegare la disintegrazione del partito dominante dell’URSS. Tempo addietro essi previdero e parlarono della possibilità teorica di tale sviluppo. Permetteteci di richiamare alla memoria le prognosi che i bolscevichi fecero non solo alla vigilia della rivoluzione d’ottobre, ma anni prima. Lo specifico allineamento di forze nel campo nazionale e internazionale può aprire al proletariato la possibilità di prendere il potere dapprima nella Russia arretrata. Ma il medesimo allineamento di forze mostra anticipatamente che, senza una più o meno rapida vittoria del proletariato dei paesi avanzati, il governo operaio russo non sopravviverà. Lasciato a se stesso, il regime sovietico è destinato a cadere o a degenerare. Più precisamente: esso inizialmente degenererà, dopodiché cadrà. Io stesso ho scritto in tal proposito più d’una volta, a partire dal 1905. Nella mia Storia della rivoluzione russa (cfr. l’appendice all’ultimo volume: ‘Socialismo in un paese solo’) sono collezionate tutte le affermazioni sull’argomento fatte dai leader bolscevichi dal 1917 al 1923. Tutte queste affermazioni giungono medesima alla conclusione: senza rivoluzione in occidente, il bolscevismo sarà liquidato o dalla controrivoluzione interna o dall’intervento esterno, oppure da una combinazione d’entrambi. Lenin poneva di continuo l’accento sul fatto che la burocratizzazione del regime sovietico non era una questione tecnica, ma piuttosto l’inizio potenziale della degenerazione dello stato operaio.
All’undicesimo congresso del partito, nel marzo 1922, Lenin parlò dell’appoggio offerto alla Russia sovietica al tempo della NEP da parte di alcuni politici borghesi, particolarmente dal professore liberale Ustrialov. “Io sono per il sostegno del potere sovietico in Russia” disse Ustrialov – per quanto egli fosse un Cadetto, un borghese, un sostenitore dell’intervento – “perché esso ha imboccato la strada che lo riporterà ad essere un ordinario stato borghese”. Lenin preferiva la cinica voce del nemico ai “mielosi nonsense comunistici”. Sobriamente e con severità egli avvertì il partito del pericolo in cui si stava incorrendo: “Dobbiamo dire francamente che le cose di cui Ustrialov parla sono possibili. La storia conosce ogni sorta di metamorfosi. L’appoggiarsi alla fermezza delle convinzioni, alla lealtà e ad altre splendide qualità morali, in politica non è nient’altro che un serio atteggiamento. Sono poche le persone dotate di tali qualità morali, ma le grandi questioni politiche sono decise dalle grandi masse, e queste, se i pochi non soddisfano le loro esigenze, possono ad un certo momento trattarli in modo non troppo educato”. In una parola, il partito non è l’unico fattore dello sviluppo e, in una larga prospettiva storica, non è quello decisivo.
“Una nazione conquista l’altra” continuò Lenin allo stesso congresso, l’ultimo al quale prese parte, “questo è chiaro e comprensibile a tutti. Ma cosa succede alla cultura di queste nazioni? Qui le cose non son così semplici. Se la nazione conquistatrice è più acculturata di quella sconfitta, la prima impone la propria cultura alla seconda; ma se il caso è l’opposto, la nazione sconfitta impone la propria cultura a quella vincitrice. Non è qualcosa di simile ciò che è accaduto alla capitale della RSFSR? Non son forse caduti i 4700 comunisti (quasi un’intera divisione di militari, e dei migliori) sotto l’influenza di una cultura aliena?”. Questo è ciò che venne detto nel 1922, e non per la prima volta. La storia non è fatta da poche persone, anche se queste sono “le migliori”; e non solo: questi “migliori” possono degenerare in uno spirito alieno, cioè, nella cultura borghese. Non solo lo stato sovietico può abbandonare la via del socialismo, ma il partito bolscevico può, in sfavorevoli condizioni storiche, perdere il proprio bolscevismo.
L’Opposizione di Sinistra, formatasi definitivamente nel 1923, è nata proprio da una chiara comprensione di tale pericolo. Registrando giorno per giorno i sintomi della degenerazione, essa ha cercato d’opporre al crescente Termidoro la volontà cosciente dell’avanguardia proletaria. Però questo fattore soggettivo s’è dimostrato insufficiente. Le “masse gigantesche” che, secondo Lenin, decidono il risultato della battaglia, si son stancate di sopportare privazioni interne in attesa della rivoluzione mondiale. Il morale delle masse è declinato. La burocrazia ha avuto il sopravvento, intimidito l’avanguardia rivoluzionaria, calpestato il marxismo, prostituito il partito bolscevico. Lo stalinismo ha vinto. Nelle vesti dell’Opposizione di Sinistra il bolscevismo ha rotto con la burocrazia sovietica e con il suo Comintern. Questo è stato il corso reale degli eventi.
È vero, in senso formale lo stalinismo è scaturito dal bolscevismo. Ancora oggi la burocrazia moscovita continua ad autodefinirsi partito bolscevico. Essa sta semplicemente usando la vecchia etichetta bolscevica per ingannar più facilmente le masse. Ancor più pietosi sono quei teorici che scambiano la conchiglia per il mollusco, l’apparenza per la realtà. Nell’identificare lo stalinismo come bolscevismo essi rendono il miglior servizio possibile ai termidoriani, e proprio per questo giocano un ruolo chiaramente reazionario.
Vista l’eliminazione di tutti gli altri partiti dal campo politico, gli interessi antagonistici e le tendenze contrastanti dei vari strati della popolazione hanno dovuto trovare, in un grado maggiore o minore, espressione nel partito al potere. Al medesimo grado in cui il centro politico di gravità si è spostato dall’avanguardia proletaria alla burocrazia, il partito ha mutato la propria struttura sociale tanto quanto la sua ideologia. A causa del burrascoso sviluppo degli eventi, esso ha patito negli ultimi 15 anni una degenerazione assai più radicale di quella sofferta dalla socialdemocrazia in mezzo secolo. Le purghe attuali tracciano tra bolscevismo e stalinismo non una semplice linea insanguinata, ma un intero fiume di sangue. L’annientamento di tutte le più anziane generazioni di bolscevichi, di una parte importante della generazione di mezzo che ha partecipato alla guerra civile e di quella parte di gioventù che ha ripreso con maggior serietà la tradizione bolscevica, mostra una completa incompatibilità non solo politica, ma addirittura fisica tra bolscevismo e stalinismo. Come si può non vedere questo fatto?