Le grandi sconfitte politiche provocano una riconsiderazione dei valori, generalmente in due diverse direzioni. Da una parte la vera avanguardia, arricchita dall’esperienza della sconfitta, difende a denti stretti l’eredità del pensiero rivoluzionario, e su questa base si sforza d’educare nuovi quadri per la lotta di classe a venire. Dall’altra parte gli abitudinari, i centristi e i dilettanti, spaventati dalla sconfitta, fanno del loro meglio per distruggere l’autorità della tradizione rivoluzionaria e tornano indietro alla ricerca di un “mondo nuovo”.
Si potrebbero indicare molti grandi esempi di reazione ideologica, che spesso prendono la forma di prostrazione. Tutta la letteratura della Seconda e della Terza Internazionale, tanto quanto quella dei loro satelliti quale l’Ufficio di Londra, consistono essenzialmente in tali esempi. Non un pizzico di analisi marxista. Non un singolo e serio tentativo di spiegare le cause della sconfitta. Neppure una fresca parola riguardo al futuro. Nient’altro che cliché, conformismo, menzogne e, soprattutto, premura per la propria autoconservazione burocratica. È sufficiente sentir l’odore di 10 parole di un qualche Hilferding o Otto Bauer per avvertire questo marciume. I teorici del Comintern non son neppure degni d’esser menzionati. Il famoso Dimitrov è tanto ignorante e banale quanto un bottegaio con un bicchiere di birra. Le menti di queste persone sono troppo pigre per rinunciare al marxismo: così lo prostituiscono. Ma non sono loro che ci interessano in questo momento. Torniamo piuttosto agli “innovatori”.
L’ex comunista austriaco, Willi Schlamm, ha dedicato un volumetto ai processi di Mosca, sotto l’affascinante titolo La dittatura della menzogna. Schlamm è un giornalista di talento, principalmente interessato alle questioni correnti. Le sue critiche del teatrino moscovita e la sua esposizione dei meccanismi psicologici delle “confessioni volontarie” sono eccellenti. Però egli non si limita a questo: egli vuole creare una nuova teoria del socialismo che ci assicurerebbe dalle sconfitte e dai teatranti futuri. Ma, siccome Schlamm non è affatto un teorico ed è apparentemente non ben informato sulla storia dello sviluppo del socialismo, egli torna completamente al socialismo pre-marxiano, e specialmente nella sua versione tedesca, che è la varietà più arretrata, sentimentale e sdolcinata. Schlamm biasima la dialettica e la lotta di classe, per non parlare della dittatura del proletariato. Il problema della trasformazione della società si riduce in lui nella realizzazione di alcune “eterne” verità morali con le quali egli vorrebbe abbeverare l’umanità, persino sotto il capitalismo. Gli sforzi di Willi Schlamm di salvare il socialismo fornendolo di ghiandole morali è salutato con gioia ed orgoglio dalla rivista di Kerensky, Novaya Rossia (una vecchia rivista provinciale russa pubblicata a Parigi); come l’editore giustamente conclude, Schlamm è giunto ai principi del vero socialismo russo, che molto tempo addietro aveva opposto i suoi santi precetti di fede, speranza e carità all’austerità e alla durezza della lotta di classe. La “originale” dottrina dei socialrivoluzionari russi rappresenta, nelle sue premesse “teoriche”, solo un ritorno alla Germania che precedette il marzo (1848!). Sarebbe però ingiusto pretendere una più intima conoscenza della storia delle idee da parte di Kerensky piuttosto che da Schlamm. Molto più importante è il fatto che Kerensky, che è solidale a Schlamm, fu, quand’era capo del governo, l’istigatore delle persecuzioni contro i bolscevichi come agenti dello stato maggiore tedesco: organizzava, cioè, il medesimo teatrino contro il quale oggi Schlamm scaglia i suoi fuori moda assoluti metafisici.
Il meccanismo psicologico della reazione ideologica di Schlamm e dei suoi simili non è affatto complesso. Per un certo periodo queste persone hanno preso parte al movimento politico che giurava sulla lotta di classe e, nelle parole se non nei pensieri, nel materialismo dialettico. Sia in Austria che in Germania la cosa è terminata in una catastrofe. Schlamm ne trae le conclusioni complessive: questo è il risultato della dialettica e della lotta di classe! E siccome le scelte sono limitate dall’esperienza teorica e dalle conoscenze personali, il nostro riformatore, nella ricerca delle parole giuste, cade su un mucchio di vecchi stracci che egli coraggiosamente oppone non solo al bolscevismo ma anche al marxismo.
Ad una prima occhiata il tipo di reazione ideologica di Schlamm sembra troppo rudimentale (da Marx… a Kerensky!) per fermarcisi sopra. Ma in realtà è molto istruttivo farlo: proprio nella sua rudimentalità esso rappresenta il comune denominatore di tutte le altre forme di reazione, particolarmente di quelle che esprimono una completa denuncia del bolscevismo.