Una delle più eccezionali caratteristiche del bolscevismo è stata la sua severa, esigente, persino litigiosa attitudine verso le questioni di dottrina. I 26 volumi degli scritti di Lenin rimarranno per sempre un modello della più alta coscienza teorica. Senza questa qualità fondamentale, il bolscevismo non avrebbe mai adempiuto al suo ruolo storico. A questo proposito lo stalinismo, grossolano, ignorante e completamente empirico, è il suo esatto contrario.

L’Opposizione ha dichiarato, più di dieci anni fa, nel suo programma: “Sin dalla morte di Lenin è stata creata un’intera serie di nuove teorie, teorie il cui unico scopo è stato quello di giustificare lo spostamento del gruppo di Stalin fuori dall’orbita della rivoluzione proletaria internazionale”. Solo pochi giorni fa uno scrittore americano, Liston M. Oak, che ha partecipato alla rivoluzione spagnola, ha scritto: “Gli stalinisti sono oggi, di fatto, i principali revisionisti di Marx e Lenin – Bernstein non ha osato andare oltre la metà in confronto a Stalin nel suo revisionismo di Marx”. Ciò è assolutamente vero. Bisognerebbe aggiungere che Bernstein sentiva realmente certi bisogni teorici: egli tentò coscientemente di stabilire una corrispondenza tra la pratica riformista della socialdemocrazia ed il suo programma. La burocrazia stalinista, però, non solo non aveva nulla in comune col marxismo, ma è in generale estranea a qualsiasi dottrina o sistema. La sua ideologia è completamente permeata di soggettivismo poliziesco, la sua pratica è l’empirismo della pura violenza. Nel difendere i suoi interessi essenziali, la casta degli usurpatori è ostile a qualsiasi teoria: non può dar conto del proprio ruolo sociale né a se stessa né a nessun altro. Stalin ha revisionato Marx e Lenin non con la penna del teorico, ma con lo sperone del GPU.