
Troppo spesso si discute della Questione Femminile trattando il tema con un approccio interclassista, relegando l’argomento ad un mero fenomeno culturale o un semplice vezzo delle compagne. Come marxisti non riteniamo che la cultura sia qualcosa di indipendente dal contesto economico-sociale in cui si sviluppa. Tutti i giorni siamo bombardati da immagini e messaggi che sviliscono la figura della donna, che spaziano dalla prostituzione alla manager in carriera, senza prendere in considerazione la realtà di milioni di donne lavoratrici.Questa cultura non nasce da sola né si sviluppa in maniera indipendente: è il capitalismo che promuove questo genere di modelli e lo fa perché diffondere nella società un punto di vista patriarcale è funzionale al proprio mantenimento. E’ sempre stato così?Le società preistoriche, in cui vigeva una sorta di comunismo che potremmo definire primitivo, erano organizzate con forma matriarcale. Solo con lo sviluppo di agricoltura e allevamento, quindi con la creazione di un surplus da vendere e tramandare, è nata l’organizzazione dell’uomo tramite la famiglia.
Questo cambiamento fece perdere alla donna un ruolo paritario nella produzione e nel sostentamento, relegandola entro le mura domestiche per la cura dei figli e della casa. Proprio ciò che inizialmente la rendeva simile ad una divinità – ossia dare la vita ad un essere umano – si trasformò nel suo contrario: un motivo di oppressione.
Questo tema viene affrontato in un testo fondamentale del marxismo: “L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato” di Engels, di cui pubblichiamo il capitolo “La famiglia” come apertura al nostro percorso di lettura.
Il capitalismo ha avuto il pregio di far uscire la donna dalla propria casa e di reinserirla nel processo produttivo, gettando le basi per una sua emancipazione. Il problema che questo sistema economico non è in grado di risolvere, però, è l’affidamento e la gestione di tutte quelle attività che abitualmente vengono svolte dal sesso femminile.
Si pretende che la donna sia forza-lavoro da sfruttare – spesso ancora più dell’uomo perché più ricattabile e sottomessa – e contemporaneamente colei che si fa carico della cura del resto dei lavoratori (mariti, figli, padri, fratelli), possibilmente riproducendo altre braccia da lavoro nell’arco della propria vita.
I marxisti hanno affrontato la questione femminile trasversalmente, all’interno di testi diversi e in occasione di analisi più generali. Abbiamo scelto di inserire alcuni stralci tratti dagli scritti di Clara Zetkin e Lenin per entrare nel vivo del dibattito del marxismo a riguardo.
Nella società attuale, l’ostacolo principale all’emancipazione della donna è rappresentato dal doppio carico lavoro/famiglia che unisce una qualità dell’occupazione mediamente più bassa ad una forma di lavoro non riconosciuto e non retribuito: il lavoro domestico.
Si potrebbe pensare che questa condizione sia innanzitutto affar suo e sicuramente le donne devono essere in prima linea nella lotta per i propri diritti, ma un’analisi più attenta ci consegna una necessità politica che è ancora da raggiungere: la discriminazione nei confronti delle donne è un’arma che il capitalismo utilizza per rompere l’unità tra i lavoratori e proprio per questo le rivendicazioni volte a migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle donne devono essere riprese da tutta la classe lavoratrice.
A questo proposito pubblichiamo alcuni passi di un libro di Camilla Ravera, “Breve storia del movimento femminile in Italia”, che descrive con attenzione l’evoluzione della condizione della donna nel nostro paese grazie alle lotte condotte dalle stesse lavoratrici.
Infine, non ci resta che augurarvi buona lettura e un buon 8 marzo di lotta. Vogliamo dedicarlo a tutte quelle donne che anche oggi, nonostante le mimose, i festeggiamenti e tutte le ipocrisie connesse, stringono i denti per tirare avanti e si battono per un futuro migliore, un futuro dove vedremo – con le parole della Ravera – la donna libera dall’uomo, entrambi liberi dal capitale.