CONSIGLIO OPERAIO CENTRALE DI BUDAPEST E SOBBORGHI
Compagni operai!
Il Consiglio operaio centrale delle fabbriche e dei distretti di Budapest e sobborghi, eletto democraticamente dalla base, vi inoltra un appello e alcune informazioni, allo scopo di rinserrare meglio i nostri ranghi e di renderli più uniti e più forti.
È noto che il Consiglio operaio centrale di Budapest e sobborghi è stato creato su iniziativa delle grandi imprese lo scorso 14 novembre, al fine di coordinare il lavoro dei consigli operai delle fabbriche e di farsi comune portavoce delle loro rivendicazioni. Fin dalla sua creazione, il consiglio centrale, senza opportunismi, ha presentato alle più diverse istanze le rivendicazioni degli operai di Budapest e dei suoi sobborghi. Benché i risultati siano ben lontani dall’essere sufficienti, possiamo nondimeno affermare che nel corso dei negoziati non abbiamo abbandonato mai, nemmeno per un istante, gli obiettivi essenziali della nostra gloriosa rivoluzione nazionale del 23 ottobre.
Come abbiamo sempre fatto, affermiamo una volta di più che abbiamo ricevuto la nostra missione dalla classe operaia. Fedeli a questa missione difendiamo, foss’anche al prezzo della vita, le nostre fabbriche e la nostra patria contro tutti i tentativi di restaurazione capitalista. Al tempo stesso proclamiamo la nostra volontà di edificare l’ordine sociale ed economico in una Ungheria indipendente e alla maniera ungherese. Non lasceremo cadere nessuna delle rivendicazioni della rivoluzione. Noi crediamo che il lavoro sia la base della società. Siamo operai e vogliamo lavorare. Ecco perché abbiamo convocato al Palazzo dello Sport di Budapest, lo scorso 21 novembre, i rappresentanti della provincia e dei dipartimenti[1], affinché, alla riunione di un consiglio operaio nazionale, si discutano le questioni più importanti che ci preoccupano e in particolare la possibilità di una ripresa del lavoro.
Benché avessimo reso partecipe in anticipo il governo dei nostri propositi e l’avessimo sollecitato ad inviare un rappresentante, il governo ha proibito la nostra riunione. Questa inattesa misura ha inasprito la situazione. Da quando è stata resa nota la proibizione, gli operai delle fabbriche di Budapest, così come i lavoratori dei Trasporti, hanno sospeso il lavoro e hanno avviato uno sciopero di protesta senza aver ricevuto alcuna direttiva dal consiglio centrale.
Nonostante tutto, abbiamo stabilito dei rapporti con i delegati di provincia. Abbiamo votato una risoluzione di stipula, in base alla quale, a dispetto dello sciopero di protesta di 48 ore, saremmo pronti a riprendere il lavoro in tutto il paese – senza per questo rinunciare al nostro diritto di sciopero in generale – all’esplicita condizione che il governo riconosca il Consiglio operaio nazionale come il solo organismo rappresentativo della classe operaia e mandi avanti, senza dilazioni, i negoziati relativi alle nostre rivendicazioni. Queste sono state da noi definite il 14 novembre in conformità agli obiettivi essenziali della rivoluzione.
Un comitato operaio rappresentante il nostro Consiglio, completato da un membro della delegazione dei minatori di Pécskomlo, ha avuto un incontro in materia con Jànos Kàdàr, presidente del Consiglio dei ministri, nella notte tra il 22 e il 23 novembre.
La mattina del 23 novembre, József Balàzs, uno dei membri della nostra delegazione, ha annunciato personalmente alla radio il risultato di questi incontri. Il presidente del Consiglio dei ministri ha riconosciuto il Consiglio operaio centrale di Budapest e sobborghi come qualificato a proseguire i negoziati e ha promesso di sottoporre al Consiglio dei ministri le rivendicazioni che gli sono state presentate. Ha infine assicurato che il Consiglio operaio ha la possibilità di fornire informazioni circa i risultati ottenuti nel corso dei negoziati fra il Consiglio e il governo.
Ci corre l’obbligo di dichiarare che tutte queste promesse non sono molto. Nondimeno, abbiamo deciso di riprendere il lavoro, perché abbiamo di mira soltanto gli interessi del popolo.
Non ci lasceremo ingannare. Siamo persuasi della riuscita finale della nostra lotta e tenteremo di prendere misure che non si ripercuotano contro di noi.
Il 23 novembre è stata pubblicata un’informativa secondo cui Imre Nagy e altre personalità politiche che si trovano presso l’ambasciata di Jugoslavia avrebbero abbandonato gli edifici dell’ambasciata dietro un accordo col governo ungherese, che gli avrebbe fornito garanzie sufficienti.
Lo stesso giorno, la radio di Budapest ha annunciato che Imre Nagy e le personalità che si trovavano presso l’ambasciata di Jugoslavia hanno chiesto il diritto d’asilo alla Repubblica popolare di Romania. Dato che questa notizia ha provocato una grande inquietudine tra gli operai, il Consiglio operaio centrale di Budapest e sobborghi ha nominato una commissione avente il compito di chiedere al governo ungherese, al comandante in capo delle forze sovietiche di stanza in Ungheria, così come all’ambasciata di Romania, il luogo preciso in cui si trova Imre Nagy.
Una volta conosciuto tale luogo, la commissione dovrà richiedere la possibilità di negoziare personalmente con Imre Nagy.
Non ci sono dubbi sul fatto che questo importante avvenimento non ha fatto che aumentare la diffidenza nei confronti del governo. Tuttavia, come abbiamo già detto, è esclusivamente nell’interesse del popolo ungherese che ci pronunciamo in favore della continuazione del lavoro. Al tempo stesso, indirizziamo un appello a tutte le fabbriche del paese, invitandole a fare lo stesso dopo un approfondito esame della situazione.
Le fabbriche sono nelle nostre mani, le mani dei consigli operai. Al fine di incrementare ancora le nostre forze, pensiamo che si imponga, in vista di misure e di azioni unitarie, la realizzazione dei seguenti compiti:
in tutti i distretti[2] e i dipartimenti in cui non si siano ancora costituiti dei consigli operai, simili organismi vanno formati urgentemente per mezzo di elezioni democratiche organizzate dalla base. Le fabbriche, e in primo luogo quelle che si trovano nelle città principali dei dipartimenti, dovranno prendere l’iniziativa di costituire dei consigli centrali.
Ogni consiglio centrale di distretto e di dipartimento si deve mettere immediatamente in contatto con il Consiglio centrale operaio di Budapest e sobborghi (via Akacfa 15-17, tel. 422-130). Il presidente del Consiglio operaio centrale è Sàndor Racz, presidente del Consiglio operaio della fabbrica Standard (Beloiannis); il suo vice è Gyòrgy Kalocsai, delegato del Consiglio operaio degli Oleifici vegetali di Csepel; il suo segretario è Istvàn Babi, presidente del Consiglio operaio dell’azienda ferrotranviaria di Budapest.
Un rappresentante mandatario del Consiglio operaio dipartimentale deve presentarsi personalmente alla segreteria del Consiglio operaio centrale di Budapest e sobborghi al fine di organizzare i contatti e discutere le questioni d’attualità.
Uno dei compiti più importanti dei membri dei consigli operai delle fabbriche consiste non soltanto nell’occuparsi dell’organizzazione del lavoro, ma anche nell’eleggere, urgentemente, i consigli operai definitivi. Nel corso di queste elezioni, dobbiamo dimostrare la stessa identica energia onde contrastare tanto i fermenti della dittatura rakosista che quelli della restaurazione capitalista. I consigli devono essere composti da operai onesti, dal passato irreprensibile! In seno ai consigli, gli operai dovranno possedere una maggioranza di almeno due terzi.
Per quanto riguarda le prerogative dei consigli operai, siamo in disaccordo con le ordinanze del Consiglio del Presidium supremo promulgate in materia. Teniamo fermo il fatto che debbano essere formati dei consigli operai in tutte le aziende di trasporti (ferrovie, tramvie municipali, aziende degli autobus), così come in tutte le imprese in cui l’insieme dei lavoratori lo invochi. In occasione dell incontro del 26 di questo mese, il presidente del Consiglio dei ministri ha promesso di sottoporre la nostra posizione al Consiglio dei ministri. Nell’attesa, invitiamo i consigli operai creati in tali aziende a proseguire la loro attività. D’altro canto, non siamo affatto d’accordo con il decreto del Consiglio del Presidium supremo, che definisce la competenza dei consigli rivoluzionari creati nei ministeri e nelle grandi amministrazioni. Ambiamo infatti a un considerevole rafforzamento dell’autorità di questi consigli.
Per quanto attiene alla persona dei dirigenti, pensiamo che questi ultimi debbano essere eletti dai consigli stessi, previa presentazione di una candidatura. L’ingresso in ruolo di un dirigente non dovrebbe essere subordinato all’approvazione del ministro o del ministero. Invitiamo i consigli operai a porre in opera tutto quanto è necessario per attuare la nostra posizione; a non accettare dirigenti imposti alle fabbriche che in passato abbiano dato prova della loro incompetenza e del loro disinteresse per il popolo. Occorrerà diffidare degli arrivisti dal dubbio passato.
In seguito, è molto importante che l’elezione dei nuovi comitati di fabbrica sia assicurata dai consigli operai, rappresentanti dell’autentica volontà della classe operaia. I «sindacati liberi», il cui numero cresce attualmente senza sosta, tentano di assicurarsi una popolarità formulando rivendicazioni salariali massimaliste. È opportuno precisare che i dirigenti di questi «sindacati liberi» non sono stati eletti dagli operai, ma designati in epoca rakosista, un’epoca nella quale si sono compromessi.
I sindacati tentano attualmente di presentare i consigli operai come se questi si fossero costituiti grazie alla lotta dei sindacati stessi. È superfluo precisare che si tratta di un’affermazione gratuita. Soltanto gli operai hanno lottato per la creazione dei consigli operai, e la lotta di questi consigli, in una quantità di casi, è stata ostacolata dai sindacati, che si sono ben guardati dall aiutarli.
Pensiamo che gli operai abbiano bisogno di organismi che difendano i loro interessi, di sindacati e comitati di fabbrica. Tali però da essere eletti dalla base con metodi democratici, in modo che i loro dirigenti siano onesti rappresentanti della classe operaia. Ecco perché è importante che i comitati di fabbrica siano eletti nel modo più democratico possibile – una volta che i consigli operai si siano definitivamente costituiti – affinché la composizione personale di questi comitati fornisca tutte le garanzie per l’attuazione degli obiettivi della rivoluzione.
Siamo ostili al mantenimento di funzionari permanenti e retribuiti. Infatti, tanto in seno a un comitato di fabbrica che a un consiglio operaio, l’attività deve costituire un lavoro sociale gratuito.
Non vogliamo vivere della rivoluzione e non tollereremo che di essa viva chicchessia.
Riteniamo che l’adesione ai sindacati debba essere libera, tanto più che non vi è altra maniera per preservare i sindacati stessi dal pericolo della burocratizzazione e dell’allontanamento dal popolo.
Protestiamo contro la tesi dei «sindacati liberi» di recente costituzione, secondo la quale i consigli operai dovrebbero essere unicamente organizzazioni economiche. Possiamo affermare che i veri interessi della classe operaia sono rappresentati in Ungheria dai consigli operai e che, d’altra parte, non esiste attualmente un potere politico più potente di essi. Dobbiamo operare con tutte le nostre forze al rafforzamento del potere operaio.
I consigli operai di distretto e di dipartimento dovranno entrare immediatamente in contatto con l’organismo competente della Croce Rossa. Dovranno inviare i loro delegati alla sua sede centrale, al fine di assicurare un’equa ripartizione delle derrate e dei medicinali. È importante che tra i delegati figurino degli esperti.
Allo scopo di impedire l’inflazione, i consigli di distretto e di dipartimento dovranno organizzare il pubblico controllo dei mercati e dei magazzini centrali, affinché i lavoratori impediscano l’aumento dei prezzi.
Dei controllori dovranno presentarsi regolarmente nei punti di vendita, additare pubblicamente i trasgressori e inoltre segnalare a chi di diritto qualsiasi abuso.
I consigli di distretto e di dipartimento dovranno fare tutto quanto è nelle loro possibilità per informare l’opinione pubblica. Tutte le volte che sarà fattibile, chiederanno che gli sia riservato uno spazio sulla stampa locale. Per contro, essi dovranno fornire costantemente informazioni obiettive ai lavoratori delle fabbriche e delle imprese. Per questa ragione, i consigli centrali delle grandi fabbriche debbono fare tutto il necessario perché questo appello sia distribuito in tutti i reparti di lavoro. Poiché queste rivendicazioni sono state formulate a più riprese, il presidente del Consiglio dei ministri ha promesso che il 27 corrente sottoporrà al Consiglio dei ministri la nostra rivendicazione, relativa all’ottenimento di una licenza per la creazione di un quotidiano. Una volta soddisfatta tale richiesta, il problema dell’informazione sarà risolto.
Per concludere, diremo che è necessario, oggi, che i consigli operai, con totale unità e intransigenza, servano – anche con la ripresa del lavoro – la causa della rivoluzione del 23 ottobre. Noi abbiamo fatto il primo passo, sta al governo rispondere. Ci incomberà di vigilare attentamente, durante questo tempo, giacché la compromessa combriccola di Rakosi e Gero tenta di pescare nel torbido e di restaurare il suo regime. I nostri ranghi si rafforzano di giorno in giorno. Abbiamo alle nostre spalle scrittori onesti che hanno giocato un ruolo importante nella preparazione della rivoluzione, artisti, musicisti e il Consiglio rivoluzionario degli intellettuali ungheresi, che raggruppa tutte le organizzazioni degli intellettuali. Un’unità nazionale, mai vista prima, che raccoglie tutti gli ungheresi onesti, si costituisce in questo istante sulla scorta della nostra lotta. Riuniamoci ancora di più, intensifichiamo ancora i nostri contatti all’interno dei consigli operai e continuiamo a combattere, con vigilanza rivoluzionaria, per il nostro sacro obiettivo, un’Ungheria socialista, indipendente e democratica, edificata secondo le nostre peculiarità nazionali.
Budapest, 27 novembre 1956
Note:
[1] Sarebbero il corrispondente delle nostre regioni
[2] Circoscrizione amministrative interne a Budapest, corrisponderebbero ai nostri municipi o consigli di zona