
Questo è il ruolo dei consigli o Soviet, come venivano chiamati in Russia. In Italia abbiamo assistito a questo fenomeno durante il Biennio Rosso e nell’autunno caldo del ’69.
Dai documenti si evince poi come i lavoratori difendessero “fino alla morte” le conquiste dell’economia socialista, ma al tempo stesso lottassero per un socialismo dove l’elemento della democrazia operaia fosse presente. Ecco alcuni stralci:
“Vogliamo sottolineare che la classe operaia rivoluzionaria considera le fabbriche e la terra come proprietà del popolo lavoratore.”
“Nell’interesse dell’ordine interno e del ristabilimento generale della calma, rivendichiamo la fissazione di libere elezioni a cui possono partecipare soltanto i partiti che abbiano riconosciuto le nostre conquiste sociali, basate sulla proprietà sociale dei mezzi di produzione.”
“Dichiariamo quanto segue: non rendiamo né la fabbrica né la terra. Vogliamo il socialismo, ma alla maniera ungherese. Teniamo ferme le nostre conquiste. Ci opponiamo con tutte le nostre forze tanto alla restaurazione stalinista-ràkosista quanto a quella di destra. A livello locale, prendiamo le necessarie misure contro quanti aspirano alla restaurazione.”
“Come abbiamo sempre fatto, affermiamo una volta di più che abbiamo ricevuto la nostra missione dalla classe operaia. Fedeli a questa missione difendiamo, foss’anche al prezzo della vita, le nostre fabbriche e la nostra patria contro tutti i tentativi di restaurazione capitalista. Al tempo stesso proclamiamo la nostra volontà di edificare l’ordine sociale ed economico in una Ungheria indipendente e alla maniera ungherese. “
La rivoluzione è quindi contro l’apparato burocratico, per fare in modo che l’economia socialista sia gestita direttamente dai lavoratori, attraverso i consigli di fabbrica, e non da una casta burocratica.
L’unico errore che ci sembra corretto segnalare in queste risoluzioni è l’idea di una via nazionale al socialismo che traspare un po’ in tutti i documenti: l’Ungheria “libera e indipendente”, il socialismo secondo “le nostre peculiarità nazionali” sono frutto della degenerazione anche teorica che la burocrazia portò avanti dalla teorizzazione del “socialismo in un paese solo” di stampo staliniano o di quelle “vie nazionali al socialismo” diffusesi nel dopoguerra.
Purtroppo il mancato appello al proletariato degli altri paesi (Germania e Polonia in primis, anche la stessa URSS) fu un elemento di debolezza della rivoluzione ungherese. Non solo: la mancanza di una teoria politica da contrapporre alla corrente di pensiero stalinista fu uno dei principali motivi della sconfitta del ’56 ungherese e le risoluzioni lo dimostrano ampiamente.