
Tale fu infatti Marx: un genio, una mente di una potenza impressionante. Eppure questo genio non sarebbe potuto essere tale se non in quel periodo storico. Il socialismo scientifico non sorge perché un giorno qualsiasi un grande individuo elabora una teoria e la rivela al mondo. Il socialismo scientifico sorge perché tutte le condizioni – filosofiche, economiche, sociali – spingono nella direzione della sua nascita. E’ necessaria una grande mente per cogliere tali condizioni, anticiparne lo sviluppo e riunirle in una teoria organica.
Marx non inventò il materialismo dialettico. In un certo senso lo scoprì, come qualsiasi scienziato scopre una legge della natura grazie alla tecnica di cui il contesto lo ha dotato, agli studi che lo hanno preceduto e alla sua stessa genialità individuale.
Il libro di Mehring ha il pregio di ricostruire la genesi del materialismo dialettico a partire dalla stessa biografia di Marx. Marx muove i primi passi nelle dispute religiose interne alla filosofia hegeliana tedesca. In Germania, dove la lotta di classe non era matura per esprimersi in nessun altro modo che nel campo filosofico-religioso, si impossessa del metodo dialettico hegeliano. Ciò che Hegel applicava però al campo delle Idee, Marx applicò al campo della lotta sociale. Costretto all’esilio in Francia, qua incontra le grandi correnti di pensiero del socialismo utopico. In Francia laddove la lotta politica si è manifestata apertamente dalla rivoluzione francese in poi, la lotta di classe ha trovato immediato riflesso nella teoria politica. Eppure nessuna corrente socialista è consapevole in maniera compiuta del proprio ruolo di classe.
Anche qua, però, Marx non inventa nulla. Egli non fa altro che scoprire la classe che sta sorgendo a seguito della rivoluzione industriale, che muove i primi passi sul campo politico e che ha la necessità e la possibilità di realizzare il socialismo: il proletariato. Lo scopre attraverso l’incontro con Engels e i suoi scritti sulla condizione operaia in Inghilterra. Lo scopre grazie ai grandi avvenimenti storici. Nel 1848 l’Europa è attraversata da un’ondata di rivoluzioni. E’ la cosiddetta “primavera dei popoli” che non a caso terminerà ovunque in un’ondata di sconfitte. Non poteva essere altrimenti: le rivoluzioni del 1848 sono spurie. Esse giungono troppo tardi perché la borghesia possa giocare un ruolo compiutamente rivoluzionario e troppo presto perché questo ruolo possa essere giocato dal nascente proletariato. Esse sono il colpo di coda della rivoluzione francese del 1789 e l’anticipazione della Comune di Parigi del 1871.
Eppure tanto basta perché Marx e Engels trovino conferma sul terreno storico della propria teoria e del ruolo che il proletariato dovrà giocare. Lo spettro aveva già iniziato ad aggirarsi per il mondo. Aveva bisogno di due grandi menti che lo annunciassero. E, annunciato nel 1848, lo spettro si materializzerà nella prima grande rivoluzione proletaria della storia, la Comune del 1871.
Non fu quindi una grande mente a creare una grande storia. Ma fu una grande storia ad alimentare il funzionamento di una grande mente. Non fu Marx a lasciare una impronta nella testa del proletariato, ma fu il proletariato a lasciare una impronta nella testa di Marx.
Per questo da allora in tanti hanno sognato, provato, ad essere nuovi e provetti Marx annunciando nuove teorie tutte tese a rivedere, a revisionare il marxismo, fallendo clamorosamente e terminando semplicemente nel campo del revisionismo. Il punto non è quanti geni possano nascere ogni giorno su questa terra. Il punto è che un genio può assumere una valenza storica solo quando nasce in un contesto storico dato. Ogni giorno nasce un Leonardo Da Vinci ma Leonardo Da Vinci poteva essere tale solo nel Rinascimento. Così il movimento operaio ha sicuramente avuto nelle proprie file tanti Marx e contemporaneamente di Marx ve ne poteva essere uno solo: una grande mente che ebbe il merito di teorizzare le leggi fondamentali del capitalismo e della lotta di classe tra proletariato e borghesia, nel tempo in cui tali leggi iniziavano a palesarsi su scala maggiore.
Per questo, nonostante il capitalismo del 2013 sia estremamente evoluto rispetto a quello del 1848, il marxismo continua ad essere totalmente attuale perché attuali rimangono tutte le contraddizioni fondanti del capitalismo stesso. Per questo il marxismo deve essere sì sviluppato, ma sulle proprie stesse basi, senza bisogno di inventare nuove teorie. Quest’ultime faranno capolino nella storia quando avremo relegato al passato storico il capitalismo stesso.
Due parole aggiuntive, per terminare, sul libro di Mehring. Scrisse la biografia di Marx con un intento militante. Usò i suoi legami con la figlia di Marx, per cercare di strappare la memoria del padre alle grinfie dell’apparato socialdemocratico tedesco che stava dipingendo la vita di Marx come quella di un semplice filosofo ed economista e non di un rivoluzionario. Il grigiore mediocre dei dirigenti della socialdemocrazia tedesca spinse Mehring a dare al proprio scritto un carattere particolarmente letterario, quasi romanzesco. Questa è forse la forza del libro di Mehring e in parte la sua debolezza, visto che a tratti la lettura ne risulta appesantita. A Mehring va in ogni caso la nostra piena riconoscenza e anche alcune debolezze di questo libro non possono che essere scusate. Si riconoscerà che scrivere una biografia di Marx ha la stessa complessità di scrivere un libro di storia, di filosofia, di teoria economica, perchè tale Marx è stato. Egli è stato storia, filosofia, economia, lotta di classe del suo tempo. E il suo tempo è ancora il nostro tempo: è il tempo del rovesciamento del sistema capitalista.
Tale fu infatti Marx: un genio, una mente di una potenza impressionante. Eppure questo genio non sarebbe potuto essere tale se non in quel periodo storico. Il socialismo scientifico non sorge perché un giorno qualsiasi un grande individuo elabora una teoria e la rivela al mondo. Il socialismo scientifico sorge perché tutte le condizioni – filosofiche, economiche, sociali – spingono nella direzione della sua nascita. E’ necessaria una grande mente per cogliere tali condizioni, anticiparne lo sviluppo e riunirle in una teoria organica.
Marx non inventò il materialismo dialettico. In un certo senso lo scoprì, come qualsiasi scienziato scopre una legge della natura grazie alla tecnica di cui il contesto lo ha dotato, agli studi che lo hanno preceduto e alla sua stessa genialità individuale.
Il libro di Mehring ha il pregio di ricostruire la genesi del materialismo dialettico a partire dalla stessa biografia di Marx. Marx muove i primi passi nelle dispute religiose interne alla filosofia hegeliana tedesca. In Germania, dove la lotta di classe non era matura per esprimersi in nessun altro modo che nel campo filosofico-religioso, si impossessa del metodo dialettico hegeliano. Ciò che Hegel applicava però al campo delle Idee, Marx applicò al campo della lotta sociale. Costretto all’esilio in Francia, qua incontra le grandi correnti di pensiero del socialismo utopico. In Francia laddove la lotta politica si è manifestata apertamente dalla rivoluzione francese in poi, la lotta di classe ha trovato immediato riflesso nella teoria politica. Eppure nessuna corrente socialista è consapevole in maniera compiuta del proprio ruolo di classe.
Anche qua, però, Marx non inventa nulla. Egli non fa altro che scoprire la classe che sta sorgendo a seguito della rivoluzione industriale, che muove i primi passi sul campo politico e che ha la necessità e la possibilità di realizzare il socialismo: il proletariato. Lo scopre attraverso l’incontro con Engels e i suoi scritti sulla condizione operaia in Inghilterra. Lo scopre grazie ai grandi avvenimenti storici. Nel 1848 l’Europa è attraversata da un’ondata di rivoluzioni. E’ la cosiddetta “primavera dei popoli” che non a caso terminerà ovunque in un’ondata di sconfitte. Non poteva essere altrimenti: le rivoluzioni del 1848 sono spurie. Esse giungono troppo tardi perché la borghesia possa giocare un ruolo compiutamente rivoluzionario e troppo presto perché questo ruolo possa essere giocato dal nascente proletariato. Esse sono il colpo di coda della rivoluzione francese del 1789 e l’anticipazione della Comune di Parigi del 1871.
Eppure tanto basta perché Marx e Engels trovino conferma sul terreno storico della propria teoria e del ruolo che il proletariato dovrà giocare. Lo spettro aveva già iniziato ad aggirarsi per il mondo. Aveva bisogno di due grandi menti che lo annunciassero. E, annunciato nel 1848, lo spettro si materializzerà nella prima grande rivoluzione proletaria della storia, la Comune del 1871.
Non fu quindi una grande mente a creare una grande storia. Ma fu una grande storia ad alimentare il funzionamento di una grande mente. Non fu Marx a lasciare una impronta nella testa del proletariato, ma fu il proletariato a lasciare una impronta nella testa di Marx.
Per questo da allora in tanti hanno sognato, provato, ad essere nuovi e provetti Marx annunciando nuove teorie tutte tese a rivedere, a revisionare il marxismo, fallendo clamorosamente e terminando semplicemente nel campo del revisionismo. Il punto non è quanti geni possano nascere ogni giorno su questa terra. Il punto è che un genio può assumere una valenza storica solo quando nasce in un contesto storico dato. Ogni giorno nasce un Leonardo Da Vinci ma Leonardo Da Vinci poteva essere tale solo nel Rinascimento. Così il movimento operaio ha sicuramente avuto nelle proprie file tanti Marx e contemporaneamente di Marx ve ne poteva essere uno solo: una grande mente che ebbe il merito di teorizzare le leggi fondamentali del capitalismo e della lotta di classe tra proletariato e borghesia, nel tempo in cui tali leggi iniziavano a palesarsi su scala maggiore.
Per questo, nonostante il capitalismo del 2013 sia estremamente evoluto rispetto a quello del 1848, il marxismo continua ad essere totalmente attuale perché attuali rimangono tutte le contraddizioni fondanti del capitalismo stesso. Per questo il marxismo deve essere sì sviluppato, ma sulle proprie stesse basi, senza bisogno di inventare nuove teorie. Quest’ultime faranno capolino nella storia quando avremo relegato al passato storico il capitalismo stesso.
Due parole aggiuntive, per terminare, sul libro di Mehring. Scrisse la biografia di Marx con un intento militante. Usò i suoi legami con la figlia di Marx, per cercare di strappare la memoria del padre alle grinfie dell’apparato socialdemocratico tedesco che stava dipingendo la vita di Marx come quella di un semplice filosofo ed economista e non di un rivoluzionario. Il grigiore mediocre dei dirigenti della socialdemocrazia tedesca spinse Mehring a dare al proprio scritto un carattere particolarmente letterario, quasi romanzesco. Questa è forse la forza del libro di Mehring e in parte la sua debolezza, visto che a tratti la lettura ne risulta appesantita. A Mehring va in ogni caso la nostra piena riconoscenza e anche alcune debolezze di questo libro non possono che essere scusate. Si riconoscerà che scrivere una biografia di Marx ha la stessa complessità di scrivere un libro di storia, di filosofia, di teoria economica, perchè tale Marx è stato. Egli è stato storia, filosofia, economia, lotta di classe del suo tempo. E il suo tempo è ancora il nostro tempo: è il tempo del rovesciamento del sistema capitalista.