
George Orwell pubblica Omaggio alla Catalogna nel 1938 come volume che raccoglie i suoi appunti sul fronte aragonese e a Barcellona come combattente nelle file del POUM. La critica letteraria si spende spesso per sottolineare come questo sia il libro della maturità. Precedente a 1984 e a La fattoria degli animali, Omaggio alla Catalogna è il primo romanzo di Orwell che, pur essendo scritto in prima persona, ha un protagonista collettivo, rappresentato dai miliziani del POUM e dalla delegazione di combattenti dell’ILP.
Premessa: come abbiamo voluto leggere Omaggio alla Catalogna
Marxpedia non è un sito di critica letteraria. Non lo sarebbe nemmeno se le opere d’arte che racconta fossero completamente ispirate ai principi della lotta di classe. Marxpedia è un sito dedicato alla teoria marxista. Come tale, racconta della teoria e del banco di prova supremo di ogni teoria che vuole spiegare la lotta di classe: le rivoluzioni.
Chiunque approcci una rivoluzione non può non rimanere colpito dall’enorme influsso sull’arte che essa muove. Come già evidenziato in altri articoli, questo vale anche e soprattutto per la rivoluzione spagnola.
E in un certo senso si può dire che valga ancor di più quando l’occhio che guarda gli avvenimenti rivoluzionari non è l’occhio allenato di un quadro politico marxista, ma quello di un giornalista laburista che, reduce dagli scioperi degli anni ’20 che hanno agitato l’Inghilterra, ha rotto con il proprio partito di riferimento ed è approdato nelle file dell’ILP (Partito Laburista Indipendente, una formazione centrista che godrà di un lento declino dalla sua fondazione alla sua morte politica).
George Orwell pubblica Omaggio alla Catalogna nel 1938 come volume che raccoglie i suoi appunti sul fronte aragonese e a Barcellona come combattente nelle file del POUM. La critica letteraria si spende spesso per sottolineare come questo sia il libro della maturità. Precedente a 1984 e a La fattoria degli animali, Omaggio alla Catalogna è il primo romanzo di Orwell che, pur essendo scritto in prima persona, ha un protagonista collettivo, rappresentato dai miliziani del POUM e dalla delegazione di combattenti dell’ILP.
I protagonisti cessano di essere i piccoli borghesi delle città inglesi, dilaniati da contraddizioni materiali ed intellettuali che non possono risolvere con le proprie forze individuali (è il caso dei romanzi d’esordio, Fiorirà l’aspidistra e Una boccata d’aria) e divengono l’intero proletariato spagnolo ora, gli eredi del bolscevismo incarnati nel cittadino Smith in 1984 o gli animali-operai de La fattoria degli animali.
Ciò che la critica non spiega è perché questo romanzo è considerato il lavoro della maturità di Orwell. E la risposta sta proprio nella sua esperienza materiale. Orwell non avrebbe potuto maturare l’evoluzione dei propri personaggi, la consapevolezza del loro posto nella società, senza che aver fatto tale esperienza. Quei protagonisti dei primi romanzi che istintivamente confliggevano con i padroni della società ma che cercavano una via di fuga per sé stessi non sarebbero potuti cambiare finché lo scrittore non avesse imbracciato il fucile per difendere l’assalto al cielo di un’intera classe.
E qui ritorniamo precisamente al punto di partenza: l’arte per Marxpedia è il racconto di come l’assalto al cielo della classe lavoratrice si imprime nell’occhio dell’artista, che ne fa uno strumento di lotta ideologica. Il prodotto di uno scontro materiale sì, ma leggibile solo con gli occhi dell’arte stessa.
Questo è il modo in cui abbiamo voluto leggere Omaggio alla Catalogna: come un’opera d’arte frutto dell’esperienza rivoluzionaria vissuta dal proprio autore. Come tale, essa è un prisma attraverso cui è possibile distinguere tutte le sfumature di questo vivo scontro tra le classi.
La cronaca di una rivoluzione e della sua controrivoluzione
George Orwell combatté nella 29esima Divisione Lenin guidata dal POUM di stanza sul fronte aragonese. Una parte consistente del romanzo è costituita da una vivida descrizione delle difficoltà del fronte. Orwell stette sul fronte aragonese per 4 mesi e a Jaca, durante l’offensiva verso Huesca, venne ferito al collo. Il 17 giugno 1937 venne mandato a Barcellona come ferito di guerra e poté assistere personalmente agli scontri tra miliziani ed Esercito Popolare che imperversavano per la città. Pur non essendo formalmente iscritto al POUM ma dotato del foglio di congedo di una milizia del POUM, Orwell fu costretto a nascondersi per 5 giorni per evitare di essere arrestato. Riuscì ad allontanarsi da Barcellona il 23 giugno, quando la città era ormai in preda ai rastrellamenti.
Il romanzo si apre con una viva descrizione della Barcellona in mano agli operai:
“Praticamente tutti gli edifici, piccoli o grandi che fossero, erano stati occupati dagli operai ed erano pavesati di bandiere rosse o di quelle rosso-nere degli anarchici; su ogni muro erano disegnati falci e martelli e le sigle dei partiti rivoluzionari; quasi ogni chiesa era stata saccheggiata e le immagini sacre bruciate.
(…)
Le formule d’indirizzo servili o addirittura cerimoniose erano per il momento scomparse. Nessuno più diceva ‘Segñor’ o ‘Don’ e neanche ‘Usted’; tutti si chiamavano ‘compagni’ e si davano del tu, si salutavano con ‘Salud!’ invece che con ‘Buenos dias’. Una delle mie prime esperienze appena arrivato fu quella di sentirmi fare una ramanzina dal direttore dell’albergo per avere tentato di dare la mancia a uno degli inservienti.”
E nonostante le enormi difficoltà a cui il proletariato catalano doveva far fronte, Orwell sottolinea:
“Anche in quel periodo le file per il pane erano spesso lunghe centinaia di metri. Tuttavia, per quanto si poteva vedere, la gente sembrava contenta e piena di speranze. Non c’era disoccupazione e il costo della vita era ancora estremamente basso; si vedevano pochissime persone visibilmente povere e nessun mendicante, tranne gli zingari. Soprattutto c’era fede nella rivoluzione e nel futuro, la sensazione di trovarsi improvvisamente in un’epoca di eguaglianza e di libertà. Gli esseri umani stavano cercando di comportarsi come tali e non come ingranaggi nella macchina capitalista.”
Giunto al fronte, l’estrema debolezza delle milizie del POUM è palese. Non esiste una vera direzione politica e quindi, di conseguenza, non può esistere una vera direzione militare nonostante l’enorme coraggio dei miliziani. Eppure Orwell difende le milizie e spiega come la denigrazione a cui saranno sottoposti dalla stampa del governo deriva dalla paura delle conseguenze politiche che ha basarsi sulle milizie anziché su un esercito regolare:
“Perché, date le circostanze, le milizie non potevano certamente essere migliori di quello che erano. Un moderno esercito meccanizzato non spunta certo fuori dal nulla, e se il governo avesse aspettato di avere truppe adeguatamente addestrate a disposizione, non ci sarebbe stata alcuna opposizione a Franco. In seguito è prevalsa la moda di disprezzare le milizie e perciò di fingere che i difetti attribuibili alla mancanza di addestramento e di armamenti fossero il risultato del sistema egualitario. In realtà, una nuova leva di volontari della milizia era una massa indisciplinata non perché gli ufficiali chiamavano ’ compagni’ i soldati semplici, ma solo perché truppe formate da pivelli sono sempre delle masse indisciplinate.”
E infatti aggiunge:
“La disciplina rivoluzionaria dipende dalla coscienza politica – dalla comprensione del perché si deve obbedire agli ordini; ci vuole tempo per diffondere questa consapevolezza, ma del resto ci vuole tempo anche ad addestrare un uomo fino a farlo diventare un automa da piazza d’armi.
(…)
Il fatto stesso che le milizie abbiano resistito sul campo è un tributo alla forza della disciplina rivoluzionaria, visto che almeno fino al giugno del 1937 non c’era niente che li obbligasse a farlo se non la solidarietà di classe.”
Qualche capitolo più in là, Orwell ritornerà sulla vera forza delle milizie, la solidarietà operaia:
“Molte delle motivazioni normali della vita civile – lo snobismo, l’avidità di denaro, il timore dei capi eccetera – avevano semplicemente cessato di esistere. La normale divisione della società in classi era scomparsa a un punto tale che è quasi inconcepibile nell’aria dell’Inghilterra, inquinata dal denaro; lì non c’eravamo che noi e i contadini e nessuno era padrone di un altro.”
Al fronte, Orwell può anche rendersi conto delle conseguenze politiche dell’assenza di una vera direzione rivoluzionaria. Questo valeva soprattutto rispetto all’immensa questione agraria che la borghesia spagnola non poteva e non avrebbe potuto risolvere:
“Il fatto che io non sia riuscito neanche a scoprire con certezza se la terra lì fosse stata collettivizzata o se i contadini se la fossero semplicemente divisa tra di loro è caratteristico della vaghezza di cui è avvolta la rivoluzione agraria spagnola. Immagino che in teoria fosse stata collettivizzata, dato che eravamo in un territorio controllato dal POUM e dagli anarchici.”
Ma di tutto il libro ciò che colpisce di più è come strida la descrizione citata precedentemente della Barcellona rivoluzionaria con quella in mano alle forze della controrivoluzione stalinista, impegnate nella ricostituzione della vecchia società nel nome della “lotta democratica al fascismo”. Tornati dal fronte, troveranno la città in preda agli scontri tra miliziani e l’Esercito Popolare controllato dagli stalinisti che rappresentavano il governo ufficiale:
“Le uniformi della milizia e le tute blu erano quasi sparite; tutti sembravano indossare gli eleganti completi estivi in cui i sarti spagnoli sono degli specialisti. Uomini prosperi e grassocci, signore raffinate e macchine eleganti erano dappertutto.”
Soprattutto, Orwell sottolinea come la controrivoluzione abbia innanzitutto demolito la fiducia della classe in sé stessa, facendo riuscire allo scoperto tutto gli strati più ricchi della società e una profonda sfiducia nella classe lavoratrice. Portato di questo processo è l’indifferenza crescente nella classe nei confronti della guerra, che la classe non vedeva più come una guerra di classe e che la direzione stalinista poteva lasciare ai “militari di professione”:
“I membri del sindacato che si erano organizzati nelle milizie e avevano ricacciato i fascisti sino a Saragozza nelle primissime settimane di guerra erano riusciti a farlo in gran parte perché credevano di combattere in nome della supremazia della classe operaia; ma ora appariva sempre più chiaro che la supremazia della classe operaia era una causa persa e la gente comune, specialmente il proletariato urbano, che fornisce il grosso delle truppe in qualsiasi guerra, civile o esterna che sia, non poteva essere biasimata se mostrava una certa apatia.”
Ritornano i vecchi saluti, le mance, le uniformi e la vecchia polizia dopo l’ordine del governo di sciogliere le milizie. Comincia la repressione nei confronti del POUM da parte del governo de La Generalidad:
“La Batalla (l’organo di stampa del POUM NdR) continuava a uscire, ma il giornale era talmente censurato che la prima pagina finì con l’essere del tutto vuota. I giornali del PSUC invece non erano sottoposti a censura e uscivano con articoli di fuoco che chiedevano a gran voce lo scioglimento del POUM. Si diceva che il partito era un’organizzazione criptofascista e gli agenti del PSUC facevano circolare in città una vignetta in cui il POUM era rappresentato come un losco figuro che si toglieva una maschera su cui c’era una falce e martello per rivelare un volto orrendo e folle segnato da una svastica.”
Orwell continua, poco più oltre, raccontando i rastrellamenti dell’Esercito Popolare ai danni dei miliziani:
“Non importava cosa avessi fatto o non fatto. Questa non era mica una retata di criminali, era l’instaurarsi di un regno del terrore. Io non ero colpevole di alcuna azione certa, però ero colpevole di ‘trotckijsmo’. Il solo fatto di aver prestato servizio nella milizia del POUM bastava e avanzava per farmi andare in prigione. Era inutile restare attaccati all’idea inglese che si è al sicuro fintanto che ci si attiene alla legge. Qui praticamente la legge era quello che la polizia voleva che fosse.”
Ancora alla fine, su un treno che li riporterà oltre la frontiera spagnola, Orwell commenta:
“Due poliziotti fecero il giro del treno e presero i nomi degli stranieri, ma quando ci videro nel vagone ristorante parvero convinti che fossimo gente rispettabile. Era strano notare quanto le cose fossero cambiate. Solo sei mesi prima, quando gli anarchici dominavano ancora, si era rispettabili se si aveva l’aspetto di un proletario.”
E’ sufficiente la lettura di questo romanzo per sfatare le accuse mosse all’autore di essere un agente del servizio segreto inglese. Queste accuse vennero montate ad arte dalla critica stalinista in decenni di critica letteraria. Quando Orwell pubblicò i suoi due successivi capolavori, 1984 e La fattoria degli animali, queste calunnie sarebbero diventate furibonde.
Orwell arrivò per approssimazioni successive a comprendere quanto stava accadendo in Spagna. La sua comprensione del ruolo della CNT e del POUM fu una comprensione basata sulla sua esperienza diretta.
Per quanto ci riguarda non possiamo che invitarvi alla lettura di questo romanzo. Da esso trarrete una viva descrizione di un processo vivo, di uno scontro tra le classi il cui esito non era scontato ma di cui fu determinante l’assenza di una direzione rivoluzionaria con le idee chiare. Un’opera d’arte, che va vista coi canoni dell’arte e tuttavia impregnata della volontà di raccontare quanto accadde in Spagna dal punto di vista della classe lavoratrice. Orwell non si pentì mai della propria partecipazione alle milizie. Erano il tentativo di emancipare la classe con le proprie forze. Come tali, non potevano fare altro che indicare il cammino verso una nuova società:
“Per quanto all’epoca si imprecasse, in seguito si è compreso di essere stati in contatto con qualcosa di strano e prezioso: avevamo vissuto in una comunità dove la speranza era più normale dell’apatia e del cinismo, dove la parola ‘compagno’ indicava vera solidarietà e non, come nella maggior parte dei paesi, un’impostura.”