
Scontri e denunce, roghi e omicidi: gli Stati Uniti non sono più lo stesso paese dal 25 maggio. Lungi dall’essere un fulmine a ciel sereno, l’omicidio di George Floyd ha innescato un movimento più ampio e più maturo di quelli che hanno attraversato il paese negli ultimi 20 anni. Il ferimento di Jacob Blake il 24 agosto ha ridato linfa a una mobilitazione che stava attraversando un parziale riflusso. Black Lives Matter (d’ora in poi BLM) ha raccolto le simpatie di molte minoranze e dei lavoratori americani di molti stati.
Eppure, la principale minaccia per questo meraviglioso movimento cova nel suo seno e precisamente nei limiti della sua direzione, prevalentemente intellettuale e non operaia, per la quale BLM rischia di raggiungerne il limite mobilitativo; allo stesso tempo, la borghesia americana non ha la forza di fermarlo, nè attraverso la repressione diretta nè attraverso le lusinghe democratiche. Questo genera una tensione permanente, destinata a prolungarsi nel tempo fino a che il movimento non sarà maturato, ossia finché scioperi e mobilitazioni operaie da sporadiche non diverranno permanenti, fino a irrompere nella gestione del movimento stesso.
Un movimento di questa portata va compreso nel quadro generale in cui si è sviluppato. Ma è lo stesso quadro generale a spiccare per i particolari che lo caratterizzano.
Il terreno cedevole del capitalismo americano
Il sogno proibito degli analisti borghesi democratici, con Joseph Stiglitz in testa, è stato quello di vedere l’economia americana sprofondare in recessione fin dal primo giorno della presidenza Trump. L’idea che il protezionismo di The Donald fosse una sciagura per un capitalismo che avrebbe dovuto aumentare la spesa pubblica e al tempo stesso aprirsi ancora di più al mercato, è stato il mantra con cui hanno criticato l’economia del governo repubblicano fin dal primo giorno.[1]
Ancora nel novembre 2016, a tre mesi da inizio mandato, Stiglitz scriveva sulle colonne del New York Times:
Il candidato repubblicano vuole dare la colpa di tutti i problemi degli Stati Uniti al commercio e all’immigrazione. Ma sbaglia. Negli Stati Uniti la deindustrializzazione sarebbe avvenuta anche senza le aperture dei mercati: i posti di lavoro nel settore manifatturiero sono diminuiti in tutto il mondo, con i miglioramenti di produttività che hanno superato la domanda globale.[2]
Ma il protezionismo dell’agenda economica di Trump non cadeva dal cielo. Esprimeva in realtà l’affanno del capitalismo americano rispetto alla concorrenza cinese; allo stesso tempo, era un invito a ridurre l’esposizione militare dell’imperialismo americano, sempre meno profittevole.
Precisamente per questo gli industriali americani hanno innanzitutto chiesto all’amministrazione Trump l’indipendenza energetica. Trump ha fatto leva sul fracking per trasformare l’economia americana da importatrice a esportatrice di energia, in particolare di gas e petrolio. La combinazione di queste politiche fiscali e di questi investimenti ha fatto crescere l’economia americana del 3% dalla fine del 2017 a settembre 2018. Allo stesso tempo, hanno momentaneamente compresso la disoccupazione, caduta al 3.5%[3].
Il protezionismo di per sè è una ricetta di disperazione per il capitalismo contemporaneo. L’idea di esportare disoccupazione di fatto rappresenta un desiderio. Economicamente riflette un periodo nel quale lo sviluppo di borghesie nazionali prevedeva gran parte della produzione in patria a cui affluivano materie prime da tutto il mondo. Era l’alba dell’imperialismo. Oggi la produzione è semplicemente troppo articolata sul piano mondiale. Ancora nel giugno 2019 sui dazi da imporre al Messico, il Sole 24 Ore era costretto ad ammettere:
e Trump ha minacciato di tassare tutti i prodotti messicani, quando ancora deve essere ratificato il nuovo accordo di libero scambio. Una decisione che avrebbe rallentato l’economia americana, considerando che molte aziende Usa – vedi Gm – producono componenti che arrivano dal paese, e considerando anche come ricordavano in queste settimane le associazioni dei produttori manifatturieri, che gran parte delle società che lavorano al confine con il Texas dipendono dalle forniture messicane.[4]
Il bluff di Trump è emerso rapidamente. Il paragone con gli ultimi 12 presidenti è emblematico: peggio di lui solo George Bush, in una progressiva contrazione della crescita del capitale americano[5]: Alla fine il Congresso americano ha stanziato lo stesso 3mila miliardi di dollari con il benestare di Trump, da sempre contrario alla spesa pubblica.
Il presidente della FED, Jerome Powell, ha ora dichiarato che la politica monetaria USA rimarrà espansiva anche quando il capitalismo mondiale si sarà ripreso dalla recessione causata dalla pandemia[6].
I tassi di interesse sul dollaro rimarranno bassi molto a lungo per cercare di favorire le esportazioni USA il più possibile. D’altronde, il deficit/PIL statunitense è del 106%, praticamente il doppio di quanto fosse nel 2001. Le Banche centrali sono truppe d’assalto di questa guerra dell’amministrazione Trump. E ne pagheranno le conseguenze per anni, perfino dal punto di vista capitalista:
A settembre Fed e Bce dovranno ri-calibrare i loro interventi, la cui portata in questo momento è impressionante. Il bilancio della Fed si aggira sui 7.000 miliardi di dollari e si basa essenzialmente sull’acquisto di titoli di Stato e di Mortgage backed securities, mentre quello dello Bce, è intorno ai 6.000 miliardi di euro, ma qualitativamente è molto diverso, perché è stato in gran parte composto di prestiti alle banche, i Tltro, che ora però sono agli sgoccioli.[7]
Il capitalismo americano non poggia solo su una montagna di debiti: mantenendo i tassi di interesse a zero per un lungo periodo, si priva anche di misure monetarie di recupero. Le rimane solo l’aumento della spesa pubblica e la svalutazione del dollaro, misure che tolgono il terreno sotto i piedi al Partito Democratico. In caso di sconfitta di Trump, a Biden ed Harris non resterà che percorrere la stessa strada: i debiti si pagano.
L’opposizione a Trump diffida dell’opposizione a Trump
BLM ha immediatamente calamitato attorno a sè il dibattito elettorale tra democratici e repubblicani. Come falene pronte a bruciarsi sulla lampadina, Biden e soci ne sono stati attratti e rigettati allo stesso tempo. D’altronde questo movimento non nasce dal nulla, nè è privo di esperienza. E’ semmai il prodotto di maturazione di processi qualitativamente e cronologicamente intrecciati.
Una mobilitazione di questo tipo infatti non avrebbe potuto resistere a tre mesi di sollevazioni, repressioni, pressioni mediatiche e omicidi se non avesse maturato una naturale diffidenza verso l’intero arco costituzionale americano. Ed in effetti BLM è tanto il portato del movimento Occupy (2011) quanto del doppio mandato Obama (2009-2017) e del movimento We call BS (2018)[8] contro il dilagare delle armi nel paese, dopo l’enorme manifestazione a Washington del 24 marzo 2018[9]. Ne ha acquisito alcune caratteristiche e rigettate altre, secondo un processo dialettico di maturazione che è ben lontano dal terminare.
Dove il movimento Occupy aveva rivendicazioni generali più avanzate ma una composizione di classe prevalentemente studentesca e intellettuale, BLM è effettivamente più matura dal punto di vista sociale: in strada vediamo studenti e genitori, lavoratori organizzati e attivisti per i diritti civili.
Allo stesso tempo, BLM è senz’altro più immatura dal punto di vista politico di quanto non fosse Occupy con i suoi slogan radicali: dilaga come un domino nel paese ma fatica a generalizzare le proprie rivendicazioni. In ultima analisi, BLM è la combinazione delle delusioni date dalla lunga palestra democratica sotto la presidenza Obama e delle provocazioni del capitalismo USA targato Trump.
E’ un figlio legittimo della crisi del capitalismo americano.
Ma questo non è tutto. Esiste un terzo fattore politico che non deve essere sottovalutato: l’assenza di una organizzazione con base operaia di massa negli USA. Il Partito Democratico americano non lo è nè il suo rapporto con i sindacati americani (AFL CIO in testa) è pari al rapporto storico che i partiti socialdemocratici, in Europa, hanno storicamente sviluppato con le organizzazioni sindacali. Il movimento deve affidarsi a quel che c’è: la pressione di massa su un partito borghese.
Il tradimento di Bernie Sanders nel 2016[10] (e relativamente di Ocasio Cortez che, pur avendo rotto con Sanders non ha anch’essa abbandonato il partito), ha contribuito a spingere un settore di attivisti a cercare di radicalizzare il movimento. Sarebbe miope non vedere questa dialettica tra la base elettorale di un partito borghese come quello democratico e la dinamica effettiva della mobilitazione nelle strade.
Il ritardo di BLM sul piano rivendicativo a fronte di uno scontro così avanzato riposa nella contraddizione di essere uno dei movimenti interstatali con la composizione più proletaria degli ultimi decenni seppur privo del sostengo attivo dei principali sindacati. Allo stesso tempo è proprio questa assenza che fa emergere i limiti della direzione piccolo borghese del movimento.
Questa assenza politica di una rappresentanza operaia spiega anche l’opportunismo del Partito Democratico rispetto al movimento. Finora Biden ha fatto leva sull’antirazzismo come volano nella propria campagna elettorale per le presidenziali.
E’ una candidatura che non verrà rivitalizzata dalla scelta di Kamala Harris come vicepresidente. Inoltre va da sè che Biden ha 77 anni e la scelta di Kamala Harris è di fatto la scelta della direzione del Partito Democratico di avere un presidente di riserva.
Al di là che sia tipico delle formazioni borghesi (e di quelle riformiste, che conservano l’impianto borghese nel movimento operaio) sviluppare una politica delle bandierine, la scelta della Harris non ricade solo per il colore della sua pelle ma perché di per sè è una diretta espressione dello staff presidenziale che nel 2016 cercò di eleggere Hillary Clinton. Come Obama è stato risvegliato per tirare la volata a Biden[11], così Kamala Harris è stata resuscitata dallo staff clintoniano[12].
L’aspetto non è sfuggito tanto ai repubblicani quanto ai settori più liberal del Partito Democratico, che sono stati costretti a riconoscere un elemento di continuità.
Ma soprattutto, non è sfuggito al movimento. Come è stato costretto ad ammettere il New York Times, Kamala Harris è esattamente un prodotto del sistema giudiziario statunitense:
Da quando divenne procuratore generale dello stato della California nel 2011, evitò di intervenire in diversi casi di omicidio in cui era coinvolta la polizia. Diversi manifestanti ad Oakland distribuivano volantini su cui si poteva leggere: “Chiedete a Kamala Harris di denunciare i poliziotti coinvolti in omicidi. E’ il suo lavoro!”[13]”
E ancora:
“Successivamente, nel pieno dell’indignazione nazionale suscitata dall’omicidio nel 2014 di Michael Brown a Ferguson, Mo., ricevette la supplica di indagare su una serie di sparatorie della polizia a San Francisco, dove in precedenza era stata procuratore distrettuale. Non è intervenuta. Tranne che in circostanze straordinarie, ha detto, non era il suo lavoro.”[14]
Questa strategia del Partito Democratico e questa parallela diffidenza del movimento è ben presente nella testa di Trump, che sta concentrando i suoi colpi per equiparare la candidata vicepresidente a Bernie Sanders[15] e spaventare gli elettori moderati.
L’irruzione di BLM nel dibattito elettorale americano ha spinto il Partito Democratico a utilizzare i media più vicini, come la CNN, per cercare di penetrare nel movimento. Il razzismo è il portato culturale della presidenza Trump, è quanto hanno dichiarato negli ultimi 3 mesi. Oggi i loro reporter di punta, Chris Cuomo e Don Lemon[16], ritrattano precisamente questa posizione di fronte agli scontri di Kenosha. La manovra è ben studiata e proviene direttamente dalla direzione della campagna elettorale di Joe Biden: gli scontri favoriscono Donald Trump e il suo messaggio conservatore.
D’altronde, da vero esponente del settore più duro della borghesia americana, Trump ha ben altre preoccupazioni al momento. Che espliciti di candidarsi contro il socialismo[17] è superficialmente un espediente elettorale ma cela una inquietudine più profonda. E’ un riflesso del fallimento ideologico della borghesia americana, che avverte il pericolo del socialismo senza che, ad oggi, ne esistano i presupposti mobilitativi.
Trump cita il coordinamento Antifa[18] come coagulo degli incubi di classe della borghesia americana ma di fatto si candida contro uno stato d’animo che si sta generalizzando dallo scoppio della crisi del 2008.
Sfoderando le parole d’ordine di legge e ordine, come Nixon nel 1968 dopo le proteste e i saccheggi del movimento nero e degli studenti nei campus universitari, il presidente si incarica di esplicitare un messaggio: dei nostri avversari democratici non ci interessa nulla; il nostro vero nemico è l’odio verso il mercato e la proprietà che sta montando in un settore della società americana.
Di per sè Trump teme la combinazione tra mobilitazione e dinamica elettorale molto di più di quanto lo possano vedere diversi attivisti in Italia, ad esempio i redattori di Jacobin:
“Con l’insediamento di Biden-Harris, il vecchio corso, quello che gli statunitensi nel 2016 avevano creduto di ripudiare preferendo Donald Trump a Hillary Clinton (considerata come la prosecuzione femminile della presidenza Obama), verrà ristabilito nella sua integrità. E gli elettori di questo ticket continueranno a credere, almeno fino a che l’esasperazione per la situazione creata dalla pandemia, dai soprusi della polizia e dalla crisi economica senza precedenti non esploderà in maniera molto più massiccia, che fosse l’unica scelta possibile per sconfiggere Donald Trump. Perché questo è ciò che il Grande Fratello democratico ha fatto credere loro”[19]
Ma il Partito Democratico non ha elettori organizzati e mobilitabili al di là delle tornate elettorali. Non risponde agli stessi meccanismi dei partiti della sinistra europei, per certi aspetti nemmeno a quelli del Partito Democratico italiano, che ha ereditato l’impalcatura organizzativa di un partito socialdemocratico. Non interviene a Kenosha in modo riconoscibile perchè di per sè è un comitato elettorale. Fare affari per vincere le elezioni è il suo primo comandamento, al contrario del PD italiano dove vincere le elezioni è l’anticamera per fare affari. La dialettica del suo elettorato è necessariamente più fluida delle sue candidature.
Del resto, la marcia dei 50mila a Washington convocata dal reverendo Al Sharpton il 28 agosto ha sicuramente portato in piazza elettori democratici di ogni sfumatura[20]. Altrimenti, semplicemente questo partito non sarebbe stato messo in crisi dal movimento, nè lo avrebbe rincorso come vediamo in questi giorni a Kenosha.[21][22]
Nuda è la proprietà, nude le sue armi
Come sempre la reazione è più rapida a comprendere la vera posta in palio. A Kenosha esponenti repubblicani hanno organizzato delle proprie guardie armate per difendere la proprietà privata. Un diciassettenne è stato arrestato per avere ucciso due manifestanti[23]. Questa enorme circolazione privata di armi da fuoco è ben difesa dal secondo emendamento della costituzione americana, sebbene la natura sociale di questa protezione legale abbia una natura di classe ben chiara: permettere ai proprietari industriali di possedere armi e circondarsi di persone armate per difendere la proprietà. Gustosa ironia del materialismo dialettico, nemmeno questo emendamento sfugge tuttavia alla sua potenziale dualità:
Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben organizzata milizia, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto[24].
Questa circolazione di armi potenzialmente può quindi orientarsi contro la proprietà stessa e rompere il tabù dell’autodifesa armata proprio nel bastione dell’imperialismo mondiale. Ad oggi imprime alle mobilitazioni un carattere diseguale e combinato: da una parte sdogana rapidamente l’idea di un armamento indipendente della popolazione; dall’altra denuda la direzione piccolo borghese del movimento che si appella alle stesse forze dell’ordine, di cui contesta l’operato, per la propria protezione in piazza. Il risultato è che la reazione non esita ad armarsi ed il movimento, che potrebbe farlo, è restio ad abbandonare le istituzioni contro cui sta combattendo. Questo limite erompe in vendette individuali verso i sostenitori di Trump ma non assume, per ora, un carattere organizzato[25].
Le punte più avanzate del movimento hanno generato isole come Portland e Seattle[26] dove l’autorganizzazione è arrivata effettivamente ad armarsi per difendersi.
Come spiega il Corriere della sera del 9 settembre, Portland e alcuni altri centri minori in Oregon sono il punto più alto dello scontro armato negli Usa. Qui si fronteggiano i Proud Boys dell’estrema destra con gruppi come la Nfac (Not fucking aroung coalition) formata prevalentemente da neri. Questa regione vede quindi il punto più alto dello scontro sociale ma non necessariamente dello scontro di classe. E’ un conflitto armato che, pur alludendo all’autodifesa, al momento ha ancora la fisionomia di uno scontro tra bande.
Il fronte conservatore, che ha nutrito la cultura delle armi e delle bande paramilitari per anni, si regge su un numero maggiore di gruppi (Proud Boys, Three Percenters, American Patriots, Angry Vikings). Ma sarebbe sbagliato vedere questa superiorità militare come una superiorità politica. In realtà essa è solo apparente e, se emerge, è solo per i limiti della direzione di BLM che non ha ancora posto la necessità di una strutturazione nazionale non solo del movimento ma anche delle sue esigenze di difesa.
Quanto la Casa Bianca ha dovuto fare a Portland è l’ammissione implicita di quanto abbiamo già sottolineato: un movimento con una composizione più proletaria del passato ma con una direzione piccolo borghese. Esclusivamente per questo motivo la Casa Bianca non è riuscita a mobilitare l’esercito e la guardia nazionale per lo scontro a Portland: le alte sfere del Pentagono erano formalmente contrarie all’uso delle truppe nelle città[27] [28]. Perchè? Per il timore latente di una simpatizzazione tra soldati, spesso di colore o di minoranze etniche, e un movimento non più composto solo da ragazzini. Questo ha spinto Trump a inviare truppe paramilitari[29], disvelando le fragilità della borghesia americana. Col tempo, questo creerà ulteriori crepe nei vertici militari statunitensi.
Sono prove tecniche di guerra civile.
Scioperi che anticipano il futuro
Formalmente gran parte dei sindacati americani ha aderito a una sola data di sciopero di solidarietà, il 20 luglio[30]. Fondamentalmente, i sindacati americani hanno chiesto al padronato di legittimare il movimento. In sè, BLM è riuscita a fermare l’NBA[31] e ha raccolto solidarietà operaia, ma solo a un livello dimostrativo. I settori più intellettuali che sostengono il movimento ne faranno probabilmente una bandierina. Eppure accresce l’inquietudine del padronato americano pur non rappresentando ancora una vera sfida alla proprietà.
L’aspetto più interessante di questa mobilitazione non risiede nel fatto che BLM sia riuscita a coinvolgere il movimento sindacale, la cui direzione non è al momento turbate dalle generiche parole d’ordine di solidarietà. Inoltre la presidenza Trump si presta bene a subire scioperi di questo tipo, significativi ma isolati.
L’aspetto centrale risiede nel fatto che questo sciopero sia stato convocato il giorno dopo lo sciopero spontaneo dei portuali della costa ovest[32], ben più significativo, spontaneo e dalla forte carica sociale. Il sindacato che l’ha convocato, la ILWU, è tra i più combattivi e politicizzati del paese.
La direzione del movimento non compete con le direzioni sindacali, che rimangono fondamentalmente in un campo libero di iniziative. Ad oggi il movimento non ha competizione alla sua sinistra, laddove ha dovuto guardarsi solo dalle pressioni più moderati. Da qui discende l’incapacità del movimento di far depositare un soggetto politico che organizzi i settori operai e studenteschi più radicali, coaguli gli intellettuali e i settori piccolo borghesi più combattivi e li raccolga attorno a un programma di ricostruzione della società sotto il controllo attivo di chi lavora. Eppure, anche questo aspetto potrebbe trasformarsi nel suo contrario man mano che lo scontro maturi.
Questo movimento è il preludio a un nuovo movimento Occupy su basi dialetticamente più avanzate. Un movimento che torni a raccogliere argomentazioni e rivendicazioni generali ma con una composizione di classe e di metodi più maturi. E’ una fase destinata a riproporsi frequentemente finché i propri limiti non vengano superati, in un modo o nell’altro: o nella momentanea vittoria della reazione o in una nuova maturazione.
Ma anche una nuova vittoria dei repubblicani non cambierebbe il corso. Poggerebbe esclusivamente su una forte repressione poliziesca e sul benestare di Biden e del suo gruppo di intellettuali democratici. Il suo consenso nell’America profonda sarebbe ancor più passivo di quanto raccolto da Trump.
La borghesia americana effettivamente non è nelle condizioni di schiacciare questo movimento. E’ divisa politicamente e non ha punti di riferimento in grado di accoglierne davvero il malcontento e di dirottarlo su un binario morto. Come abbiamo visto, anche il Partito Democratico è uno strumento spuntato, vivo solo per mancanza di alternative.
BLM non si differenzia da quanto sta avvenendo a livello mondiale. Come il capitalismo plasma il mondo a propria immagine e somiglianza, così tende a livellare le differenze nazionali nello sviluppo della lotta di classe. Libano, Iraq, Francia, Sud America, Hong Kong, Bielorussia: con alti e bassi e profonde differenze tra ciascuno di questi paesi, siamo di fronte a un movimento mondiale per la democrazia, che è una conseguenza diretta dell’incapacità del capitalismo di poter provvedere al più elementare funzionamento della democrazia borghese.
La lista dei paesi coinvolti è destinata ad aumentare. E’ sufficiente uno scandalo di qualsiasi natura, che muova emotivamente la coscienza dei lavoratori, per fungere da miccia all’esplosione di un movimento con parole d’ordine democratico borghesi e composizione sempre più proletaria, seppur non ancora organizzata.
Come abbiamo visto in Libano e Iraq, laddove le democrazie borghesi sono più fragili il movimento acquisisce immediatamente un carattere insurrezionale. E’ costretto immediatamente a scontrarsi frontalmente con la classe dominante, indipendentemente dalla moderazione delle proprie parole d’ordine. Questa condizione è il detonatore principale degli scontri che sottopone a una torsione continua le stesse direzioni piccolo borghesi del movimento. Può insegnarci molto: il futuro in Italia potrebbe non essere così diverso.
Note:
[1] https://www.cnbc.com/2016/09/02/trump-presidency-would-be-a-nightmare-says-joseph-stiglitz.html
[2] https://www.internazionale.it/opinione/joseph-stiglitz/2016/11/09/donald-trump-non-deve-stupirci
[3] https://www.wsj.com/articles/remember-the-trump-economy-11598396570
[4] https://www.ilsole24ore.com/art/e-l-economia-pericolo-maggiore-trump-ACwf3qP
[5] https://www.bloomberg.com/opinion/articles/2020-08-13/how-trump-s-economic-growth-record-compares-with-past-presidents
[6]https://it.businessinsider.com/lo-spettro-del-debito-pubblico-usa-dietro-la-storica-decisione-della-fed-sullinflazione/?refresh_ce
[7] Idem
[8] https://www.youtube.com/watch?v=ZxD3o-9H1lY
[9] https://edition.cnn.com/2018/03/26/us/march-for-our-lives/index.html
[10]https://www.repubblica.it/esteri/elezioni-usa/primarie2016/2016/07/25/news/bernie_sanders_hillary_clinton-144805509/
[11] https://www.nytimes.com/2020/07/23/us/politics/barack-obama-joe-biden-video.html
[12] https://www.foxnews.com/politics/hillary-clinton-praises-kamala-harris-pick
[13] https://www.nytimes.com/2020/08/09/us/politics/kamala-harris-policing.html
[14] idem
[15] https://nypost.com/2020/08/16/trump-kamala-harris-is-more-liberal-than-bernie-sanders/
[16]https://www.nationalreview.com/news/cnn-hosts-worry-dems-will-face-electoral-consequences-if-they-dont-address-blind-spot-on-rioting/
[17]https://stream24.ilsole24ore.com/video/mondo/trump-accetta-nomination-scelta-sogno-americano-e-socialismo/ADxjdbl
[18] https://www.bbc.com/news/world-us-canada-52868295
[19] https://jacobinitalia.it/si-scrive-kamala-harris-si-legge-hillary-clinton/
[20]https://www.repubblica.it/esteri/2020/08/28/news/usa_la_giornata_della_marcia_dell_impegno_metti_giu_il_ginocchio_dal_mio_collo_bloccato_chi_viene_da_stati_a_rischio_co-265724829/?refresh_ce
[21] https://www.cbsnews.com/news/kamala-harris-meets-jacob-blake-family-wisconsin/
[22]https://eu.usatoday.com/story/news/politics/2020/08/28/kamala-harris-says-officer-who-shot-jacob-blake-should-charged/5655070002/
[23] https://edition.cnn.com/2020/08/26/us/kenosha-wisconsin-wednesday-shooting/index.html
[24]https://it.wikipedia.org/wiki/II_emendamento_della_Costituzione_degli_Stati_Uniti_d%27America#:~:text=%C2%ABEssendo%20necessaria%20alla%20sicurezza%20di,armi%20non%20potr%C3%A0%20essere%20infranto.%C2%BB
[25] https://www.wsj.com/articles/in-portland-man-fatally-shot-as-rival-protesters-clash-11598769075
[26] https://www.youtube.com/watch?v=hYlb06pLBMc
[27] https://www.huffingtonpost.it/entry/usa-il-coprifuoco-non-fiacca-le-proteste_it_5ed7535dc5b6a209e0b9c102
[28] https://edition.cnn.com/2020/06/01/politics/troops-deploying-washington-dc/index.html
[29] https://www.theguardian.com/commentisfree/2020/jul/20/trump-shock-troops-portland-doomed
[30]https://www.adnkronos.com/fatti/esteri/2020/07/20/usa-oggi-sciopero-black-lives-matter-fermi-migliaia-lavoratori_vwHU299MapYWAvR7ahv16M.html
[31]https://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Nel-nome-di-Jacob-Blake-si-ferma-lo-sport-USA-dopo-NBA-stop-anche-in-baseball-e-calcio-276535e1-9336-4609-9696-82afd7be61ed.html
[32] https://www.thenation.com/article/economy/dockworkers-union-shutdown-george-floyd/