“Prendendo le mosse da questi principi, il Partito operaio tedesco si sforza di raggiungere con tutti i mezzi legali lo Stato libero – e – la società socialista; l’eliminazione del sistema del salario con la legge bronzea del salario – e – dello sfruttamento sotto ogni aspetto; la eliminazione di ogni disuguaglianza sociale e politica.”

Sullo Stato “libero” ritornerò più tardi. Dunque, per l’avvenire, il Partito operaio tedesco dovrà credere alla “legge bronzea del salario” di Lassalle! Perchè essa non vada perduta, si commette l’assurdo di parlare dell'”eliminazione del sistema del salario” (si doveva dire: sistema del lavoro salariato) con la “legge bronzea del salario.” Se elimino il lavoro salariato, elimino, naturalmente anche le sue leggi, siano esse “bronzee” oppure flosce. Ma la lotta di Lassalle contro il lavoro salariato si aggira quasi esclusivamente attorno a questa cosiddetta legge. Per provare, dunque, che la sètta lassalliana ha vinto, si deve eliminare il “sistema del salariocon la legge bronzea del salario” e non senza di essa. Della “legge bronzea del salario,” com’è noto, a Lassalle non appartiene che la parola “bronzea,” che egli ha preso a prestito dalle “eterne, grandi, bronzee leggi” di Goethe. La parola bronzea è un sigillo a cui gli ortodossi si riconoscono tra di loro. Ma se accetto la legge con la impronta di Lassalle, e perciò nel senso che egli le ha dato, debbo accettarla anche con la sua giustificazione. E quale è questa giustificazione? – Come ha dimostrato Lange subito dopo la morte di Lassalle, è la teoria della popolazione di Malthus (predicata dallo stesso Lange). Ma se questo è esatto io non posso eliminare la legge, se anche elimino cento volte il sistema del lavoro salariato, perchè in questo caso la legge non regola soltanto il sistema del lavoro salariato, ma ogni sistema sociale. Ed è precisamente poggiandosi su questo che gli economisti hanno dimostrato da cinquant’anni e più che il socialismo non può eliminare la miseria essendo questa di origine naturale, ma può solo renderla generale, distribuirla su tutta la superficie della società ad un tempo.

Ma tutto questo non è la cosa principale. Prescindendo completamente dalla falsa concezione della legge da parte di Lassalle, il vero rivoltante regresso consiste in questo: Dopo la morte di Lassalle si è fatto strada nelnostro partito il criterio scientifico che il salario non è ciò che sembra essere, cioè il valore e rispettivamente ilprezzo del lavoro, ma solo una forma mascherata del valore, rispettivamente del prezzo della forza-lavoro. Con ciò tutta la vecchia concezione borghese del salario, come la critica finora diretta contro di essa, è stata una volta per sempre gettata a mare e si è messo in chiaro che l’operaio salariato ha il permesso di lavorare per la sua propria vita, cioè di vivere, solo in quanto lavora, per un certo tempo, gratuitamente, per il capitalista (e quindi anche per quelli che insieme col capitalista consumano il plusvalore); che tutto il sistema di produzione capitalistico si aggira attorno al problema di prolungare questo lavoro gratuito prolungando la giornata di lavoro o sviluppando la produttività cioè con una maggiore tensione della forza-lavoro, ecc,; che dunque il sistema del lavoro salariato è un sistema di schiavitù, e di una schiavitù che diventa sempre più dura nella misura in cui si sviluppano le forze produttive sociali del lavoro, tanto se l’operaio è pagato meglio, quanto se è pagato peggio. E dopo che questo criterio si è fatto sempre più e più strada nel nostro partito, si ritorna ai dogmi di Lassalle, benchè ormai si debba sapere che Lassalle non sapeva ciò che è il salario, ma, seguendo gli economisti borghesi, prendeva la parvenza per la sostanza della cosa. E’ come se tra gli schiavi venuti finalmente a capo del mistero della schiavitù e diventati ribelli, uno schiavo prigioniero di concetti antiquati scrivesse nel programma della ribellione: la schiavitù dev’essere abolita, perchè il mantenimento degli schiavi nel sistema della schiavitù non può sorpassare un certo massimo poco elevato! Il semplice fatto che i rappresentanti del nostro partito sono stati capaci di commettere un così enorme attentato al criterio diffuso nella massa del partito, mostra da solo con quale insolente leggerezza, con quale mancanza di coscienza essi si sono accinti alla redazione del programma di compromesso! Invece dell’indeterminata frase conclusiva del paragrafo “l’eliminazione di ogni disuguaglianza politica e sociale,” si doveva dire che con l’abolizione delle distinzioni di classe, scompaiono da sé tutte le disuguaglianze sociali e politiche che ne derivano.