“Il problema centrale è il seguente: noi tre (…) siamo dell’avviso che il partito stia attraversando una crisi interna che è molto, ma molto più grave di quella che contrassegnò il sorgere del revisionismo. Può suonar duro, ma sono convinto che il partito rischia di cadere nel caos se le cose continuano così. In una situazione del genere per un partito rivoluzionario esiste soltanto una via d’uscita: la più severa, spietata autocritica”.
Luxemburg, Mehring e Marchlewski,
 
 

Il primo luglio del 1911 la cannoniera tedesca Panther navigò fino a raggiungere le coste d’Agadir, in Marocco. Si trattava di una provocazione in piena regola dell’imperialismo tedesco nei confronti di quello francese, un vero e proprio test in vista della futura guerra mondiale. Le valutazioni dei dirigenti dell’Spd furono di natura esclusivamente elettorale. Una circolare dell’esecutivo invitò il partito all’immobilismo: “Se ci impegnassimo prematuramente e anteponessimo la questione marocchina a tutti i problemi di politica interna fornendo ai nostri avversari un efficace slogan elettorale contro di noi, le conseguenze sarebbero incalcolabili…”[1]. Quando i marxisti coniarono il termine cretinismo parlamentare non intesero in fondo offendere nessuno, ma indicare un atteggiamento che sfiora la patologia mentale, una confusione dei piani della realtà. Per il dirigente riformista il parlamento non è sorto dalla società, ma è la società che sorge dal parlamento. La perdita di qualche punto elettorale era presentata come una catastrofe dalle “conseguenze incalcolabili”, mentre la futura carneficina mondiale come una complicazione elettorale. Rosa Luxemburg commentò amareggiata:

Si può essere di opinione diversa sulla necessità o meno di una conferenza dell’Ufficio socialista internazionale in seguito alla questione marocchina….ma l’atteggiamento assunto dal partito tedesco di fronte al movimento di protesta socialista sviluppatosi negli altri paesi non si può certo definire incoraggiante. E ciò rende ancora più interessante l’esame delle ragioni che hanno spinto il nostro partito ad assumere tale atteggiamento. E’ quasi incredibile, ma esse sono, ancora una volta, considerazioni riguardanti le prossime elezioni del Reichstag [il parlamento -Ndr]. [2]

Se il mondo va valutato dai risultati elettorali, per i dirigenti socialdemocratici tedeschi quello del 1912 fu il migliore dei mondi possibili. L’Spd passò dai 3 milioni e 250 mila voti del 1907 ai 4 milioni e 300mila voti del 1912. Ma questo non bastava ancora. La teoria della lotta per l’aumento del peso parlamentare ha una propria logica interna. Una volta accettata, essa si sviluppa con una dinamica autonoma. Per questo per la prima volta l’Spd raggiunse un accordo elettorale con i progressisti borghesi. In cambio del reciproco appoggio ai ballottaggi, il partito si impegnava ad attenuare le proprie critiche verso la sinistra borghese. I voti operai servirono all’elezione di diversi liberali borghesi, mentre viceversa i liberali non rispettarono nessuno degli accordi presi. Rosa commentò così la situazione:

Non era necessaria un’analisi elettorale complicata per dimostrare che i socialdemocratici avevano onestamente tenuto fede ai loro impegni e come contropartita non avevano ottenuto di più (…) Cosa ne consegue? Un fatto molto semplice. Ne consegue la vecchia teoria del materialismo storico di Marx, che i reali interessi di classe sono più forti degli accordi….[3]

In compenso il gruppo parlamentare socialdemocratico passò da 43 a 110 deputati. Il parlamentarismo non era più solo l’ideologia principale del partito, ne era la forza materiale dominante. Tutti i membri dell’esecutivo erano al contempo parlamentari. Kautsky teorizzò una futura rigenerazione della “sinistra borghese” e l’annientamento della “reazione” grazie ai 110 deputati socialdemocratici. In ogni caso, si apprestò a specificare, la tattica del logoramento poteva dirsi conclusa solo al raggiungimento di 125 seggi. Rosa Luxemburg al contrario si schierò contro ogni forma di accordo con le forze borghesi, prospettandone il futuro spostamento a destra:

Ogni partito [liberal-borghese] prima si sposta a sinistra per poi ricadere a destra, e i pochi dirigenti di partito che non hanno ancora perduto del tutto la loro coscienza liberale tentano vanamente…di strappare il carro ribaltato del liberalismo alla palude della reazione. (…) Non con i progressisti e i liberali, ma contro di essi; meglio difendere da soli i propri interessi di classe che metterli in gioco per ottenere vantaggi inesistenti. (…) Meno solerzia nel realizzare cambiamenti di scena sul terreno parlamentare, minor fiducia in una “nuova era” a ogni insignificante cambiamento di vento (…), in compenso più tranquilla continuità e generosità in politica, più calcoli a distanza, fondati sui grandi decisivi fattori della lotta di classe – è questo di cui abbiamo bisogno nella grande epoca in cui viviamo.[4]

Il disorientamento politico del partito cresceva in maniera direttamente proporzionale ai suoi avanzamenti elettorali. Dal 1905 al 1910 il numero degli iscritti era passato da 348.327 a 720.038. Ma l’attivismo registrava una continua diminuzione. Il 1913 fu considerato il punto massimo raggiunto dal ristagno della militanza. Come spiegò Rosa: “le masse degli iscritti sentono un insopprimibile bisogno di respirare una boccata d’aria fresca nella vita del partito (…), ne hanno abbastanza di sentir lodare il parlamentarismo e null’altro che il parlamentarismo come l’unica panacea”.

Ancora una volta un fatto apparentemente causale giunse a sancire la chiusura di un ciclo. Il 3 agosto del 1913 morì August Bebel. Ebert lo sostituì alla carica di segretario politico, mentre all’organizzazione giunse un altro burocrate rampante: Scheidemann. Il vecchio gruppo dirigente se ne andava. Militanti come Bebel erano da tempo persi ad una reale prospettiva rivoluzionaria. Eppure, più per tradizione che per convinzione, impersonificavano ancora le vecchia politica dell’Spd. Senza di loro, la destra poté terminare la conquista del partito.

Nello stesso anno una conferenza organizzativa vietò alle diverse testate socialdemocratiche la critica verso il gruppo parlamentare. Quest’ultimo in compenso decise di votare a favore di una tassa creata per finanziare gli armamenti, con il pretesto che si trattava di una tassa strutturata in base a criteri progressivi. Quasi contemporaneamente Rosa venne denunciata dalle autorità per aver pronunciato in un comizio la seguente frase: “Se si pretende da noi che leviamo l’arma omicida contro i nostri fratelli francesi ed altri fratelli stranieri, noi dichiariamo: no, non lo facciamo”. Il processo si tenne il febbraio del 1914 e fu condannata ad un anno di reclusione. Il suo discorso al processo fu in seguito trascritto e trasformato in un opuscolo politico contro il militarismo.

Ma in complesso l’agibilità interna al partito si era tremendamente ridotta. Tra il 1909 e il 1914, Rosa Luxemburg riuscì ad essere eletta delegata nazionale solo in tre congressi su cinque. Nel 1913 fu espulsa dal gruppo dei collaboratori del giornale radicale “Leipziger Volkszeitung”. Il vecchio dirigente socialdemocratico Mehring e  Marchlewski si dimisero dalla redazione in sua solidarietà. I tre decisero di fondare a quel punto un giornale attorno a cui organizzare la sinistra del partito, la “Sozialdemokratische Korrespondenz”. Ancora una volta però la strutturazione della sinistra interna appariva non il risultato di fatti politici rilevanti, ma delle vicende personali dei suoi militanti. I legami personali precedevano quelli politici e non viceversa. Tra l’altro la  Sozialdemokratische Korrespondenz era un trisettimanale con una tiratura di appena 150 copie. Una dimostrazione palese del fatto che i suoi redattori non consideravano ancora necessario portare la lotta politica direttamente nella base del partito e fuori dal partito stesso, tra le masse operaie.

Che cosa era l’Spd nel 1914? Apparentemente era l’organizzazione più possente mai creata dal proletariato. Il partito contava 1 milione e 85mila iscritti, con un bacino di 5 milioni di elettori e 2 milioni di lavoratori inquadrati nei propri sindacati. Aveva 110 deputati al Parlamento, 220 eletti nei diversi Stati federali, 2886 eletti nei comuni, 267 giornalisti nelle proprie testate e 3mila funzionari al proprio servizio. Ma questi numeri non erano la forza della militanza, ma la forza dell’inerzia. Senza prospettive e idee politiche, al momento decisivo questa enorme struttura organizzativa si sarebbe rivelata uno zero assoluto. Quasi nove anni prima Trockij aveva scritto:

Ma il lavoro di agitazione e organizzazione nelle fila del proletariato ha una sua inerzia interna. I partiti socialisti europei e, in primo luogo, il più potente di essi, la socialdemocrazia tedesca, hanno un proprio conservatorismo, tanto più forte quanto più grandi sono le masse conquistate dal socialismo e quanto più grande è l’organizzazione e la disciplina di tali masse. Ne deriva che la socialdemocrazia, in quanto organizzazione che incarna l’esperienza politica del proletariato, può a un certo punto diventare un ostacolo immediato sulla via dello scontro aperto fra i lavoratori e la reazione borghese. [5]


[1]     PETER NETTL, Op. Cit., p.360.

[2]     Ivi, p. 361.

[3]     Ivi, p. 370.

[4]       Ivi, pp. 371-372.

[5]     LEV TROCKIJ, Classi sociali e rivoluzione, Edizioni Ottaviano, Milano, 1976.