“Il nazionalismo polacco veramente si è sforzato di trasformare una particolare opinione di Marx in un vero dogma, immutabile in tutti i tempi, indipendentemente dalle condizioni storiche.” [1]

Rosa Luxemburg

La Polonia del diciannovesimo secolo era un paese smembrato dalle tre potenze più reazionarie d’Europa. Una zona era occupata dall’impero austro-ungarico, un’altra dalla Prussia e un’altra larga fetta dalla Russia zarista. Così l’aveva descritta Engels

Dall’inizio del secolo la Polonia è esistita solo, come dicevano gli stessi polacchi, in mezzo al caos…tutto il paese è occupato da truppe straniere, lo utilizzano come una locanda, dove bere e  mangiare, nella quale normalmente si scordano anche di pagare il conto….[2]

Per questo l’insurrezione per l’indipendenza scoppiata in Polonia nel 1863 non poteva che raccogliere la piena simpatia del movimento operaio europeo. Diciamo di più: la Prima Internazionale si era formata addirittura attorno alla campagna internazionale di solidarietà con la lotta polacca. Per Marx la questione si poneva in questi termini: da un lato la formazione di Stati nazionali aveva ancora un ruolo relativamente progressista. Era ancora il risultato della lotta della nuova società borghese contro la vecchia società feudale. L’eco delle rivoluzioni nazionali del 1848 non si era ancora spento, l’Italia aveva da poco proclamato l’unità e la Germania rimaneva divisa in un coacervo di Staterelli e principati reazionari. Di fronte al movimento operaio europeo dell’epoca, la questione nazionale non si poneva quindi nei termini in cui si sarebbe posta appena un paio di decenni dopo.

In secondo luogo la lotta per l’indipendenza polacca costituiva un oggettivo indebolimento dello zarismo russo. Lungo tutto il secolo, quest’ultimo aveva giocato il ruolo di gendarme della controrivoluzione europea. Era perciò una priorità per il movimento operaio internazionale favorire qualsiasi elemento minasse la potenza zarista. E nella misura in cui si intravedevano scarse possibilità di una rivoluzione su suolo russo, tutta l’attenzione ricadeva sulla Polonia. Oltre tutto era la parte più industrializzata dell’impero zarista e questo lasciava pensare che il movimento operaio polacco si sarebbe sviluppato ben prima di quello russo. Rispondendo alla domanda “perchè i lavoratori europei fanno propria la causa polacca”, nel Congresso Internazionale del 1866, Marx spiegò:

In primo luogo, perchè i pubblicisti e gli agitatori della borghesia sono tutti d’accordo nell’ucciderla, malgrado prendano sotto la loro protezione qualunque causa nazionale del continente, perfino quella dell’Irlanda. Come mai questo silenzio? Perchè tanto gli aristocratici quanto la borghesia considerano la cupa potenza asiatica [la Russia -Ndr] che sta alle loro spalle come ultimo rifugio contro l’avanzata della classe operaia. Questa potenza può essere abbattuta realmente solo ricostituendo la Polonia su basi democratiche.”[3]

Così si esprimeva ancora Engels nel 1875:

L’impero russo forma, come hanno dimostrato in modo evidente il 1848 e il 1849, l’ultimo grande contrafforte della reazione nell’Europa occidentale. (…) Nessuna rivoluzione può ottenere vittoria definitiva nell’Europa occidentale finchè l’odierno stato russo le sussiste accanto. (…) Nel seno stesso dell’impero [russo], esistono fattori che lavorano attivamente alla sua rovina. Il primo è rappresentato dai polacchi. Questi sono stati posti da un giogo secolare in una situazione che li costringe o a essere rivoluzionari, e quindi a appoggiare ogni moto genuinamente rivoluzionario dell’occidente europeo come primo passo verso la liberazione della Polonia, o morire. E, oggi come oggi, possono trovar degli alleati nell’Europa occidentale soltanto tra le file della classe operaia. [4]

L’indipendenza della Polonia non era quindi concepita come una concessione al nazionalismo polacco, ma come un obiettivo subordinato e funzionale alla lotta internazionale del proletariato. Di più: si trattava di far comprendere agli stessi lavoratori polacchi l’impossibilità di ottenere una qualsiasi vittoria della loro causa senza un collegamento con le sorti del movimento operaio internazionale. Proprio per questo, la stessa questione si pose per i primi marxisti polacchi sotto una visuale diversa. Il loro compito principale non poteva essere quello di lasciarsi trascinare dalle correnti nazionaliste presenti in Polonia, ma vaccinarsi al contrario con un possente internazionalismo. Si trattava di combattere contro qualsiasi fattore potesse contribuire a staccare il vagone della lotta polacca dal treno della rivoluzione internazionale. Quando nel 1882 nacque il gruppo socialista polacco Proletariat, iscrisse nel proprio programma la necessità di un’assoluta ‘indipendenza di classe:

poichè gli interessi degli sfruttati non possono in alcun modo seguire lo stesso cammino di una fittizia unità nazionale; poiché al contrario gli interessi dei lavoratori delle città sono comuni a quelli della popolazione lavoratrice delle campagne, il proletariato polacco si stacca definitivamente dalla classe privilegiata ed entra in lotta come classe autonoma, distinta dalle sue aspirazioni economiche, politiche ed etiche. [5]

Il Proletariat ebbe il merito di diffondere le idee del marxismo in Polonia, con un’attività febbrile di pubblicazioni clandestine. Fu un suo appello che portò in sciopero 6000 operaie tessili della cittadina di Zyrardov, in risposta alla vergognosa scarcerazione del capo della polizia di Varsavia accusato di molestie nei confronti di altre operaie. Ciononostante il gruppo si situava a metà strada tra il marxismo e il populismo russo. Nel 1884 raggiunse un patto con il gruppo terrorista russo Narodnaja Volja e questo ne minò definitivamente le possibilità di diventare una forza di massa. Come scrisse la Luxemburg:

L’attività cospirativa non fu mai faccenda consona alle masse, essa ha sempre riposto l’azione compiuta nel nome delle masse nelle mani di un pugno di suoi procuratori rivoluzionari (….). In vista di ciò il movimento non poté evitare di assumere un carattere settario e di rinchiudersi nei ristretti limiti di circoli segreti, in cui venivano predicati i principi socialisti generali e il terrorismo. [6]

Se il terrorismo fu un errore tragico degli albori del movimento rivoluzionario russo, per quello polacco fu addirittura una farsa. Alla periferia dell’impero non c’erano né zar né ministri da colpire. Di conseguenza il patto con i populisti russi si tradusse nella farsesca imitazione dei loro metodi cospirativi. Questo fu in ogni caso sufficiente perchè la scure della repressione si abbattesse sul gruppo. Nel 1885 fu celebrato davanti al tribunale di guerra il processo ai danni di 25 membri del Proletariat. L’esito del processo fece particolare scalpore: a 21 furono dati tra i 6 e i 20 anni di lavori forzati e 4 furono condannati a morte tramite impiccagione. Tra di essi vi era anche il noto leader del movimento Warynski.

Fu sulla base di questo avvenimento che Rosa Luxemburg, una ginnasiale quindicenne, decise di prendere contatti con il movimento socialista. Quando finalmente vi riuscì l’anno dopo, però, del Proletariat non rimaneva praticamente nulla. Il settore operaio del movimento, in ogni caso, aveva tratto le lezioni fondamentali. Abbandonata ogni velleità terroristica, si rivolse al terreno dell’agitazione sindacale. Il centro della svolta fu l’operaio Kaszprak, con cui Rosa strinse una stretta collaborazione. Sorse la nuova “Lega operaia polacca” e – come spiegò la Luxemburg – fu il motore di

un’autentica primavera della lotta proletaria in Polonia; (…) l’agitazione raggiunge il suo vertice nel maggio 1892 con lo sciopero generale di 80.000 operai a Lodz. [Per la festa del 1° maggio] nel 1890 manifestarono astenendosi dal lavoro circa 10.000 operai, nel 1891 25-30.000, nel 1892 solo a Lodz 80.000. [7]

Proprio nel pieno di queste lotte, però, il fiato della polizia zarista iniziò rifarsi sentire sul collo del gruppo. Kaszprak stesso insistette perché la giovane Luxemburg si mettesse al sicuro, organizzandole la fuga nei minimi dettagli: nel 1889 Rosa varcò quindi il confine diretta in Svizzera. Aveva appena 18 anni. Sarebbe potuta tornare in Polonia solo 16 anni dopo, sul finire della rivoluzione del 1905, appena un paio di mesi dopo la morte di Kaszprak nelle prigioni zariste.

Rosa era già all’estero quindi quando nel 1893 i resti del Proletariat e la Lega operaia polacca si fusero con due minuscoli gruppi nazionalisti per dar vita al Partito socialista polacco (Pps).  Con la frustrazione derivante dalla fine dell’ondata di mobilitazioni operaie, il Partito fu subito dominato dalle posizioni nazionaliste. Con una svolta di 180 gradi, il Pps assunse come centrale la parola d’ordine della ricostituzione della Polonia subordinando a tale obiettivo qualsiasi movimento della classe. Quel che è peggio è che il nuovo partito mascherava la propria posizione dietro a quella di Marx. Come avrebbe scritto anni dopo la stessa Luxemburg i vertici del Pps

assicuravano i socialisti francesi, italiani, tedeschi, inglesi ecc. che “tutto il socialismo polacco voleva” la ricostruzione della Polonia (…). Le espressioni di simpatia per il socialpatriottismo [termine coniato dalla Luxemburg per indicare l’ideologia del Pps- Ndr] raccolte con questo mezzo fra personalità del movimento internazionale operaio cominciarono a far la parte, nella letteratura di questa corrente, negli anni 1895, 1896, di una litania ripetuta all’infinito (…). i nomi di Marx, Engels, Liebknecht, Bebel, Kautsky, Bernstein, Guesde, Labriola, Hyndman, Eleonora Marx-Aveling, Motteler, Lesner ecc. vennero più volte ricordati nella letteratura socialpattriotica (…). Il lungo elenco di nomi brillanti dell’aeropago socialista doveva servire come surrogato della giustificazione del programma socialpatriottico (…), [della] piacevole scoperta che si può essere nazionalista di vecchia data e tuttavia quasi proprio per questo essere un “socialista” della più bell’acqua.  [8]

Per i marxisti polacchi diventava quindi vitale salvare dalla strumentalizzazione nazionalista le idee stesse di Marx, pena il rischio che il marxismo nascesse in Polonia come copertura ideologica del nazionalismo. “Si trattava – come disse la Luxemburg – di rivedere le antiquate opinioni di Marx sulla questione polacca per lasciar libero adito ai principi della teoria marxista nel movimento operaio polacco” [9].

Il punto essenziale erano i cambiamenti avvenuti nel frattempo all’interno della Russia stessa. L’importanza data da Marx ed Engels alla Polonia si basava sulla previsione che i rapporti sociali interni vi si sarebbero sviluppati molto prima che in Russia. Quando nel 1863 scoppiò l’insurrezione polacca – nelle parole di Lenin –“la Russia dormiva ancora e la Polonia ribolliva” [10]. Ma tale situazione era andata gradualmente modificandosi. Negli ultimi vent’anni del secolo iniziarono ad avvertirsi i primi vagiti del neonato movimento operaio russo. La causa nazionale polacca veniva perciò a giocare un ruolo diverso. Si rischiava non tanto di dividere la Polonia dallo zarismo russo, ma di dividere le lotte operaie polacche da quelle russe. Scrisse la Luxemuburg:

Il lettore che conosce un po’ le pubblicazioni del Partito socialista polacco, sa che fin dalla sua nascita, cioè dal 1893, il socialpatriottismo cercava di giustificare (…) la sua esistenza e il suo programma, anzitutto con la situazione sociale stagnante della Russia e con il fatto che il movimento operaio russo non aveva prospettive di riuscita. (…) In tal modo il movimento operaio russo, che si era sviluppato alla fine degli anni ’80, venne a trovarsi, nell’opinione del socialismo internazionale, davanti, come suol dirsi, ad una porta chiusa. Proprio quando a Pietroburgo, nella primavera del 1896, un enorme sciopero di 40.000 operai segnò l’inizio del movimento di massa del proletariato russo, il socialismo internazionale [secondo i dettami del Pps] avrebbe dovuto dichiarare ufficialmente che le speranze di rovesciare lo zarismo riposavano non sulla lotta di classe e politica di questo proletariato, ma sulla lotta nazionale dei polacchi. [11]

Lo stesso Engels del resto era convinto che la questione polacca avrebbe mantenuto la sua importanza solo fino al momento in cui la Russia non fosse stata trascinata nella rivoluzione agraria. Oltre tutto i rapporti internazionali si stavano radicalmente modificando. L’arrivo dei capitali internazionali in Russia aveva da un lato creato un nuovo proletariato e dall’altro stava minando l’indipendenza dello zarismo. Non era più lo zarismo a sostenere la controrivoluzione in Europa, ma erano i capitalisti francesi e inglesi a sostenere lo zarismo in Russia. Rosa Luxemburg intuiva quindi come nello scacchiere internazionale il nazionalismo polacco stesse cambiando di segno: esso non era più lo scudo dell’Europa democratica contro lo zarismo, ma rischiava di essere il pungolo dell’Europa imperialista contro la futura Russa rivoluzionaria. Non successe in fondo esattamente così? Al soldo dell’imperialismo straniero, nel 1920 il dittatore nazionalista polacco Pilsudski attaccò l’Unione Sovietica sommando le proprie truppe a quelle della controrivoluzione. Nel 1896 Pilsudski altri non era che uno dei dirigenti più in vista del Pps.

La grande intuizione di Rosa Luxemburg fu tuttavia condita anche da grandi errori. Nel fuoco della polemica, spinse eccessivamente oltre le sue argomentazioni. Impaziente di togliere il terreno sotto i piedi al nazionalismo polacco, cercò un appiglio sul terreno dell’economia. Osservando la crescente compenetrazione tra industria polacca e russa, bollò la ricostituzione della Polonia come “una utopia senza speranze di fronte allo sviluppo capitalistico” [12]. Ai lavoratori polacchi non restava quindi che rassegnarsi a lottare nelle diverse zone d’occupazione a fianco del proletariato straniero.

Le diverse nazionalità oppresse dalla Russia dovevano rimandare qualsiasi aspirazione nazionale a data da stabilirsi e sommarsi alla lotta del proletariato russo contro lo zarismo. Rimaneva un mistero, però, come avrebbe fatto lo stesso proletariato russo a favorire l’unità dei lavoratori di tutte le nazionalità oppresse dallo zar senza lottare per il loro diritto all’autodeterminazione. Come avrebbe potuto il lavoratore russo dimostrare il proprio internazionalismo senza lottare perché il proprio nazionalismo cessasse di opprimere gli altri?

E questo fu l’altro grande errore della Luxemburg: la negazione di qualsiasi necessità da parte del movimento operaio di battersi per il diritto all’autodeterminazione delle nazioni. Torneremo su questo punto su cui si svilupperà una polemica con Lenin. Per il momento sia sufficiente dire come essa considerasse la rivendicazione dell’autodeterminazione delle nazioni come un tutt’uno con il nazionalismo:

Quando parliamo del “diritto all’autodeterminazione” delle nazioni concepiamo la “nazione” come un tutto, come un’unità sociale e politica chiusa. (…) In una società divisa in classi la nazione non esiste in quanto totalità politico-sociale; esistono invece in ogni nazione classi con interessi e “diritti antagonistici. [13]

Nel Congresso Internazionale del 1893 fu quindi definitivamente consumata la rottura con il Pps. Il gruppo Causa Operaia fondò nel 1894 il Partito socialdemocratico del regno di Polonia (Skpd). Il nome non fu casuale, visto che la denominazione “Regno di Polonia” si riferiva solo alla parte della Polonia occupata dalla Russia. L’intento di legare il proletariato polacco a quello russo si concretizzava quindi in una paradossale divisione dello stesso proletariato polacco.

Al successivo Congresso Internazionale, a Londra nel 1896, l’Skpd ottenne un parziale successo. Le posizioni del Pps furono respinte a favore di una generica risoluzione per l’autodeterminazione delle nazioni che non nominava esplicitamente la causa polacca:

Il congresso sostiene il diritto alla completa autodeterminazione di tutte le nazioni ed è solidale con gli operai di tutti i paesi che attualmente soffrono sotto il giogo del dispotismo militare, nazionale o di altro genere. Esso invita gli operai di tutti quei paesi a entrare nei ranghi degli operai coscienti di tutto il mondo, per battersi assieme ad essi per la liquidazione del capitalismo internazionale e la realizzazione dei fini della socialdemocrazia internazionale. [14]

Per i quattro fondatori dell’Skpd, Luxemburg, Marchlewski, Warszwaski e Leo Jogiches era l’inizio di una collaborazione che sarebbe durata tutta la vita. Jogiches fu a lungo anche il compagno di vita di Rosa. La loro strettissima relazione politica sarebbe sopravvissuta in ogni caso ben oltre le sorti di quella coniugale.

Per quanto la Luxemburg avesse potuto compiere degli errori nel definire la propria posizione rispetto alla questione nazionale, tali errori si collocavano completamente nel campo dell’internazionalismo. Il fatto di essere donna, ebrea e polacca, le faceva sentire ancora più forte il dovere di lottare tra le donne, gli ebrei e i polacchi per affermare l’intima unità della loro causa a quella più generale della rivoluzione socialista. Quando molti anni dopo le fu chiesto se non si considerasse vittima, in quanto ebrea, di una particolare oppressione rispose:

Che intendi per sofferenze specificatamente ebraiche? Le disgraziate vittime delle piantagioni caucciù di Putumayo, i negri in Africa con i cui corpi gli europei giocano a palla mi sono altrettanto vicini. Ricordi ancora le parole scritte nell’opera del grande Stato Maggiore sulla spedizione di Trotha nel Calahari: “….E il rantolare dei moribondi, le urla folli di coloro che stavano morendo di sete, si perdevano nel nobile silenzio dell’infinito”. Questo “nobile silenzio dell’infinito” nel quale tante grida si perdono senza essere udite, risuona tanto fortemente in me che nel mio cuore non ho alcun angolo particolare per il ghetto: mi sento a casa in ogni parte del mondo in cui ci sono nuvole e uccelli e lacrime umane. [15]

Il pensiero della Luxemburg si riassumeva in fondo in questo concetto: prima di tutto l’Internazionale. E per questo né l’ambiente polacco, né quello svizzero le sarebbero mai potuti bastare. Come l’internazionalismo era al centro della sua analisi, i suoi desideri non potevano che tendere verso il centro dell’Internazionale. E in quel periodo indiscutibilmente il cuore politico e organizzativo dell’Internazionale era la socialdemocrazia tedesca. Fu così che nel 1898 decise di trasferirsi in Germania.


[1]  ROSA LUXEMBURG,  Questione nazionale e autonomia, Scritti politici, Editori Riuniti, Roma, 1970. pp. 251-281.

[2]  citato in ALAN WOODS y ELOY VAL DEL OLMO, Euskal Herria y el socialismo, Fundacion Federico Engels, Madrid, 2005.

[3]  PAUL FROLICH, Rosa Luxemburg, La Nuova Italia, Firenze, 1969.

[4]  KARL MARX, FRIEDRICH ENGELS, India, Cina, Russia; Mondadori, Milano, 1960. pp. 278-279.

[5]  PAUL FROLICH, Op. Cit., p.22

[6]  ROSA LUXEMBURG, Il socialismo e la Polonia,  Scritti scelti, Edizioni Avanti!, Milano, 1963, pp.114-130.

[7]     Ibidem.

[8]  ROSA LUXEMBURG,  Questione nazionale e autonomia, Scritti politici, Editori Riuniti, Roma, 1970. pp. 251-281.

[9]  Ibidem

[10]  LENIN, L’autodecisione delle nazioni, Editori Riuniti, Roma, 1976, p. 103.

[11]  ROSA LUXEMBURG,  Questione nazionale e autonomia, Scritti politici, Editori Riuniti, Roma, 1970. pp. 251-281.

[12]  Ibidem.

[13]  PETER NETTL, Op. Cit., p. 651.

[14]  Ivi, p. 91.

[15]  Ivi, p. 621.