Nell’estate del 1914 scoppia la Grande Guerra. Le principali potenze capitaliste decidono di partecipare al conflitto, ognuno con l’obiettivo di allargare la propria sfera d’influenza. I partiti socialisti e socialdemocratici, che negli anni precedenti avevano portato avanti campagne contro la guerra imperialista, vengono così messi alla prova. E’ una grande occasione, perchè il capitalismo mostra in tutta chiarezza il suo lato peggiore mandando a morire operai e contadini, divisi dall’appartenenza nazionale che li pone gli uni contro gli altri, ma uniti dalle medesime condizioni materiali.
I partiti della Seconda Internazionale non sanno organizzare l’opposizione alle proprie borghesie e capitolano subito sotto le pressioni dei governi nazionali. Il 4 agosto 1914 il principale partito socialista europeo, la SPD tedesca, vota i cosiddetti crediti di guerra: è la fine dell’Internazionale nata nel 1889.
E’ un vero e proprio tradimento. I partiti che per anni si sono dichiarati gli eredi di Marx ed Engels, cedono senza nemmeno lottare, come conseguenza del proprio opportunismo e delle conquiste di seggi parlamentari. Vengono utilizzati sempre più come unico strumento per ottenere qualche riforma progressista, anziché come cassa di risonanza per le idee rivoluzionarie.

Sono poche le eccezioni, tra cui i bolscevichi in Russia, i membri della Lega di Spartaco in Germania, rappresentanti dell’ala sinistra della SPD (il parlamentare Karl Liebknecht inizialmente votò i crediti di guerra per disciplina di partito, esprimendo però la sua contrarietà pochi mesi dopo), i socialisti italiani, seppur con l’ambigua formula “nè aderire, né sabotare”.
Queste forze danno vita alle conferenze di Zimmerwald, nel settembre 1915, e Kienthal nell’aprile 1916. Viene approvata la proposta di Lenin che ha come obiettivo quello di “trasformare la guerra imperialista in guerra civile”. I delegati sono solamente una quarantina, tanto che lo stesso leader bolscevico dice che sarebbe stato sufficiente il vagone di un treno per contenerne i partecipanti.
Stiamo quindi parlando di una netta minoranza dei partiti socialisti europei. La storia però avrebbe avuto una forte accelerazione nei mesi successivi: l’8 marzo 1917 (23 febbraio secondo il calendario russo dell’epoca), in occasione della giornata di lotta per i diritti delle donne, un imponente corteo dà inizio alla Rivoluzione di Febbraio.
Pochi giorni dopo lo Zar Nicola II decide di abdicare. Nasce un governo provvisorio presieduto dal principe Lvov. Si sviluppano in quelle settimane i soviet, organismi di autogoverno nati dal basso, eredi di quelli del 1905. Lenin, allora in esilio, decide di rientrare tramite un treno messo a disposizione dall’Impero tedesco. L’idea della Germania è infatti quella di sfruttare la situazione in Russia per destabilizzare il paese, ma non certo per le stesse ragioni dei bolscevichi, quanto per accelerare il ritiro della Russia dal conflitto.
I calcoli si riveleranno naturalmente sbagliati e le idee rivoluzionarie prenderanno piede anche in Germania. Arrivato a Pietrogrado, Lenin ingaggia una battaglia contro l’intero Comitato Centrale del Partito Bolscevico, criticando l’idea dell’ appoggio critico al governo provvisorio, una posizione sostenuta in particolare da Stalin e Kamenev, facendo pubblicare sulla “Pravda”, a titolo personale, le “Tesi di Aprile”:
“3. Non appoggiare in alcun modo il Governo provvisorio, dimostrare la completa falsità di tutte le sue promesse, soprattutto di quelle concernenti la rinuncia alle annessioni. Smascherare questo governo, invece di “rivendicare” – ciò che è inammissibile e semina illusioni – che esso, governo di capitalisti, cessi di essere imperialistico.
4. Riconoscere che il nostro partito è in minoranza, e costituisce per ora un’esigua minoranza, nella maggior parte dei Soviet dei deputati operai, di fronte al blocco di tutti gli elementi opportunistici piccolo-borghesi, che sono soggetti all’influenza della borghesia e che estendono quest’influenza al proletariato: dai socialisti-popolari e dai socialisti-rivoluzionari fino al Comitato di organizzazione (Ckheidze, Tsereteli, ecc.), a Steklov, ecc. ecc.
Spiegare alle masse che i Soviet dei deputati operai sono l’unica forma possibile di governo rivoluzionario e che, pertanto, fino a che questo governo sarà sottomesso all’influenza della borghesia, il nostro compito potrà consistere soltanto nello spiegare alle masse in modo paziente, sistematico, perseverante, conforme ai loro bisogni pratici, agli errori della loro tattica.
Fino a che saremo in minoranza, svolgeremo un’opera di critica e di spiegazione degli errori, sostenendo in pari tempo la necessità del passaggio di tutto il potere statale ai Soviet dei deputati operai, perché le masse possano liberarsi dei loro errori sulla base dell’esperienza.
5. Niente repubblica parlamentare – ritornare ad essa dopo i Soviet dei deputati operai sarebbe un passo indietro – ma Repubblica dei Soviet di deputati degli operai, dei salariati agricoli e dei contadini in tutto il paese, dal basso in alto.
Sopprimere la polizia, l’esercito e il corpo dei funzionari.
Lo stipendio dei funzionari – tutti eleggibili e revocabili in qualsiasi momento – non deve superare il salario medio di un buon operaio.”1

In queste poche righe Lenin sottolinea il ruolo rivoluzionario dei soviet, come istituzione di autogoverno delle masse. E’ qui la vera essenza di tutto il processo rivoluzionario russo, concetto che lo stesso Gramsci riprenderà due anni dopo: i soviet come momento di massima democrazia, dove ad esprimersi sono gli operai, i contadini e i soldati e dove la revocabilità dei delegati è pressoché immediata in caso di comportamento non conforme alle direttive del soviet.
Per quanto la rivendicazione di una repubblica parlamentare possa essere sicuramente un passo in avanti rispetto allo zarismo, sarebbe criminale rimanere ancorati a quella proposta di fronte all’irrompere sulla scena di nuovi organismi più democratici.
Con l’estate, il socialrivoluzionario Kerenskij diviene capo del governo. Il fatto che sia formalmente più progressista del suo predecessore non cambia la situazione della popolazione russa: la guerra continua e le condizioni economiche di operai e contadini non migliorano, così come quelle dei soldati al fronte.
Il governo deve pure affrontare un tentativo di colpo di stato del generale Kornilov, sventato grazie al decisivo intervento di quegli stessi bolscevichi che nel frattempo avevano cominciato ad aumentare il loro peso politico.
La situazione è ormai matura. Il 7 novembre 1917 (24 ottobre secondo il calendario russo) i bolscevichi guidano operai e contadini alla presa del potere. Meno di mezzo secolo dopo la sconfitta della Comune di Parigi, trionfa la prima rivoluzione operaia della storia.
Nel marzo del 1918 il governo bolscevico firmerà la pace con gli imperi centrali, uscendo così dalla guerra, seppur a condizioni non vantaggiose. La rivoluzione d’ottobre suscita da subito un grande entusiasmo nei principali paesi europei. Nel triennio successivo scoppiano situazioni rivoluzionarie in molti paesi, tra cui Germania, Ungheria e Italia. Tra la fine degli anni ’10 e l’inizio degli anni ’20, alcuni partiti socialisti cambiano il proprio nome in Partito Comunista. Se da un lato i proletari di tutti i paesi salutano con entusiasmo questo evento, vedendo in esso un momento di riscatto e una luce di speranza, dall’altro le rispettive borghesie non possono tollerare che un paese come la Russia mostri che sia possibile abbattere il capitalismo.
Diversi paesi offrono il loro supporto all’Armata Bianca, che lotta apertamente per la restaurazione capitalista. In particolare sono la Francia di Clemenceau e la Gran Bretagna di Lloyd George (molto attivo in chiave anticomunista è Winston Churchill, allora Ministro della Guerra) a guidare il fronte antibolscevico. Chiedendo anche un aiuto agli Stati Uniti di Wilson, che decise di mandare truppe a supporto della causa. Persino l’Italia invio un piccolo contingente.
Ma gli ammutinamenti della flotta francese ad Odessa e lo sciopero dei portuali londinesi, costringono le truppe straniere a ritirarsi, permettendo quindi la vittoria dell’Armata Rossa, guidata da Trotskij, contro i bianchi.
I bolscevichi capiscono subito che solo il trionfo della rivoluzione nei paesi più avanzati, in particolare in Germania, avrebbe potuto aiutare la causa del comunismo. In particolare, subito dopo la fine della guerra, scoppia un primo tentativo rivoluzionario in Germania che si concluderà con l’assassinio di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht.
Nella primavera del 1919 si instaura in Ungheria una Repubblica di tipo sovietico, che durerà fino all’estate. E’ in questo contesto che nasce la Terza Internazionale. Sepolta la Seconda, sotto le macerie dello sciovinismo, è necessario un coordinamento dei partiti rivoluzionari.

Così scrive Lenin sulla “Pravda” il 5 marzo 1919:
“Solo quattro mesi fa non si poteva ancora dire che il potere sovietico, la forma sovietica dello Stato, era una conquista internazionale. In quel potere era implicito qualcosa, e qualcosa di sostanziale, che non apparteneva soltanto alla Russia, ma a tutti i paesi capitalistici. E tuttavia non si poteva ancora dire, prima della verifica dei fatti, quali modificazioni, di quale portata e profondità, avrebbe recato l’ulteriore sviluppo della rivoluzione mondiale.
La rivoluzione tedesca ha fornito questa verifica. Un paese capitalistico progredito – dopo l’ultimo dei paesi più arretrati – ha mostrato al mondo intero, in un breve periodo di tempo, in poco più di cento giorni, non solo le stesse forze fondamentali della rivoluzione, non solo la sua stessa direzione fondamentale, ma anche la stessa forma fondamentale della nuova democrazia proletaria: i soviet.
In pari tempo, in Inghilterra, in un paese vincitore, nel paese più ricco di colonie, nel paese che più di ogni altro era e aveva fama di essere un modello di “pace sociale”, nel paese capitalistico più antico, registriamo un vasto, incontenibile, divampante e poderoso sviluppo dei soviet e delle nuove forme sovietiche della lotta proletaria di massa; gli Shop stewards committees, i comitati dei delegati di fabbrica.
In America, nel paese capitalistico più giovane e forte, si riscontra un’immensa simpatia delle masse operaie per i soviet.
Il ghiaccio è rotto.
I soviet hanno vinto in tutto il mondo.
Hanno vinto anzitutto e soprattutto nel senso che si sono conquistati la simpatia delle masse proletarie. Questo è l’essenziale. Nessuna atrocità della borghesia imperialistica, nessuna persecuzione, nessun assassinio di bolscevichi potrà strappare alle masse questa conquista. Quanto più la borghesia “democratica” infierirà, tanto più durature saranno queste conquiste nell’animo delle masse proletarie, nei loro sentimenti, nella loro coscienza, nella loro eroica volontà di lotta.
Il ghiaccio è rotto.
Ecco perché il lavoro della conferenza internazionale comunista di Mosca, che ha fondato la III Internazionale, si è svolto così agevolmente, senza impacci, con tanta serenità e fermezza.”2
In termini di partecipazione il I congresso non è certo un successo. Diversi delegati, tra cui quello del PSI, non riescono nemmeno ad arrivare. Viaggiare nella Russia di quel periodo, in piena guerra civile, è un’impresa.
La scarsa partecipazione non può però sminuire la portata dell’evento. Si sono poste le basi per la costruzione di partiti rivoluzionari in tutto il mondo. Diversi paesi sono attraversati da scioperi e movimenti di lotta più o meno avanzati.
Ma cosa succede in Italia?