“Presto non riuscirò a leggere più un solo rigo di Kautsky (…). E’ come una serie disgustosa di ragnatele, di cui ci si può liberare solo con un bagno mentale di lettura di Marx.”
Rosa Luxemburg
 
 

Il destino di ogni riformista di sinistra sembra inesorabilmente quello di capitolare senza combattere di fronte alle tendenze del riformismo di destra. Questo fu  per lo meno quello che accadde a Kautsky e al gruppo dirigente dell’Spd. Tanto più prendevano consapevolezza della forza della destra interna al partito, tanto più le si avvicinavano. Come un esercito in ritirata deve bruciare i ponti dietro di sé, coprivano ogni arretramento con una nuova teoria. Così non solo lasciavano campo all’opportunismo, ma ne fornivano anche una giustificazione teorica. Così Kautsky descriveva la situazione nella propria corrispondenza nel 1909:

[Ciò che] abbiamo visto prima nei sindacati, ora lo vediamo nell’organizzazione politica. (…) le cause [della debolezza del partito] bisogna cercarle in primo luogo nel dilagare della burocrazia che soffoca qualsiasi tipo di iniziativa dal basso e nello stesso tempo qualsiasi coraggio. In tutto questo affare mi colpisce di più la debolezza di August [Bebel], spiegabile a dir la verità per il suo stato fisico. Mi ha rimproverato anche il mio articolo (…) perché troppo rivoluzionario! La parola rivoluzione sembra dargli quasi un disgusto fisico. Nella sua commemorazione per la morte di Natalia Liebknecht parla degli anni del movimento invece che degli anni della rivoluzione. La situazione oggi è tale che il più potente partito socialdemocratico del mondo ha la direzione più subalterna del mondo. (…) Il nostro partito è in procinto di cadere completamente alla retroguardia (…) Da anni August era il solo lottatore politico nella direzione. Ora è mortalmente stanco. [1]

Questa era dunque la consapevolezza maturata dall’individuo che era riconosciuto unanimemente come il dirigente internazionale del marxismo. Ci si sarebbe aspettato che Kautsky, il cosiddetto papa rosso, la usasse per sferrare un attacco ancora più deciso al burocratismo. Successe il contrario: egli vide in faccia la forza della destra, si girò dall’altra parte, fece finta di nulla e iniziò a combattere con tutte le proprie forze la sua sinistra. Se Kautsky diventò il bersaglio principale della polemica dei marxisti, non fu per caso. Nessuno come lui si pose con tale abnegazione l’obiettivo di prevenire la formazione di una corrente di sinistra. Giocò il ruolo consapevole di “centro”, sufficientemente a destra per fare fronte con il settore opportunista del partito e sufficientemente a sinistra per dar l’impressione di rappresentare le ragioni del marxismo. Rosa Luxemburg ne fu per anni la stretta collaboratrice e fu la prima a dover prendere atto di questo stato di cose. La loro rottura era maturata sin dal 1908 quando, lavorandoci nuovamente a stretto contatto, aveva notato per la prima volta la debolezza dell’individuo. Ma una tale base psicologica non poteva essere sufficiente per una spaccatura politica. Ancora una volta fu la lotta di classe a portare più luce.

A causa della via particolare con cui la Germania aveva raggiunto la propria unità politica, il paese era un mosaico di legislazioni differenti. In Prussia il sistema elettorale prevedeva ancora un voto censitario diviso per classi. Il 4 febbraio una manifestazione a favore del suffragio universale prussiano raccolse un inaspettato successo. Quello che doveva essere un singolo corteo, si trasformò in un movimento. Le manifestazioni iniziarono a svolgersi regolarmente ogni domenica. A fine mese si verificarono scontri con la polizia a cui seguì il divieto di manifestare. Il 6 marzo, per aggirare questa proibizione, fu convocata una “passeggiata del suffragio” che ebbe un successo enorme. Si verificarono anche degli scioperi che coinvolsero almeno 300mila lavoratori. Rosa Luxemburg scrisse un articolo dal titolo E ora? in cui invitava il partito ad estendere la lotta, con la convocazione dello sciopero generale e avanzando la parola d’ordine della repubblica democratica per tutta la Germania:

Il nostro partito deve avere un piano preciso di come intende sviluppare l’azione di massa cui esso stesso ha dato vita (…). Se al partito che dirige manca la parola d’ordine necessaria, [le masse] cadono inevitabilmente preda della delusione, lo slancio scompare e l’azione finisce per sgonfiarsi. [2]

Anche in questo caso non si trattava di propagandare “lo sciopero generale di principio”, ma semplicemente della via più efficace con cui estendere la mobilitazione:

Lo sciopero di massa, soprattutto sotto la forma di un breve sciopero dimostrativo isolato, non sarà certo l’ultimo parola della campagna politica in corso. Ma è altrettanto certo che è la sua prima parola nello stadio attuale. [3]

Il Vorwarts si rifiutò di pubblicare l’articolo “poichè secondo un accordo intercorso tra l’esecutivo di partito e la commissione esecutiva dell’organizzazione provinciale prussiana e il direttore, per il momento la questione dello sciopero di massa non deve venire affrontata”[4]Rosa Luxemburg si rivolse a quel punto alla Neue Zeit di Kautsky. Quest’ultimo prima prese tempo e poi rifiutò. Accampò una serie di scuse riguardo alcune formulazioni non propriamente corrette contenute nell’articolo. Il movimento quindi passò senza che la posizione di Rosa fosse pubblicata su alcuna testata socialdemocratica a larga tiratura. Per la prima volta tra lei e le masse si era frapposta la censura dell’apparato. La sua reazione fu rabbiosa. Ufficializzò la propria rottura con Kautsky con un articolo dal titolo “Teoria e prassi”:

Il destino finora toccato al movimento per il diritto elettorale prussiano sembra quasi dimostrare che il nostro apparato organizzativo e la nostra disciplina di partito si prestano provvisoriamente meglio a funzionare da freno piuttosto che da guida a grandi azioni di massa. Se già in anticipo si mandano ad effetto timidamente e controvoglia le dimostrazioni di strada, se penosamente si evita ogni occasione che si offre per potenziarle, (…) se si lasciano del tutto non sfruttate le proprie vittorie (…), se finalmente si mettono in generale in soffitta le dimostrazioni e si spediscono a casa le masse, in breve se si fa di tutto per trattenere l’azione delle masse, per paralizzarla, per intaccare il loro spirito battagliero, allora è naturalmente anche possibile che dalla massa non scaturisca quel movimento impetuoso che dovrebbe sboccare in uno sciopero di massa. [5]

In tutta risposta Kautsky elaborò la teoria “del lento logoramento”. Il rifiuto di estendere il movimento veniva  giustificato dietro alla necessità di attendere rapporti di forza migliori. Il partito doveva logorare la borghesia con una graduale crescita delle proprie forze. La tappa successiva della lotta era così indicata nelle elezioni politiche del 1912. In che cosa si distingueva una simile posizione “dall’aumento ininterrotto dei voti” teorizzato a suo tempo da Bernstein? La destra del partito comprese quindi di avere un nuovo e importante alleato e acquisì coraggio. Per la prima volta i dirigenti del Baden sfidarono apertamente la disciplina del partito e diedero un voto di fiducia al Governo del proprio Stato. Un gesto a cui Kautsky rispose ufficializzando la propria posizione di “centro” del partito, impegnato formalmente a mediare tra le posizioni della destra e della sinistra interna. Espresse tale concetto con un gioco di parole geografico:

Se osserviamo su una carta geografica i ducati del Baden e del Lussemburgo (Luxemburg), ci accorgiamo che tra essi si trova Treviri, la città di Karl Marx. Se da quel punto ci si sposta a sinistra, oltre la frontiera, si raggiunge il Lussemburgo (Luxemburg). Se invece si compie una brusca svolta a destra, oltre il Reno, si raggiunge il Baden. [6]

La scissione dell’ala sinistra del partito era quindi arrivata. Le divisioni covate per anni si produssero infine in una  chiara frattura. Ma essa era giunta nel modo peggiore possibile. Ai più apparve un dissidio quasi caratteriale. A livello internazionale la rottura tra Kautsky e la Luxemburg sembrò un semplice problema di tempistica della lotta. Lenin stesso la minimizzò come uno scontro “sulla valutazione del momento”[7] . I bolscevichi sentivano in fondo puzza di bruciato, ma non avevano modo di comprendere da che parte venisse il fuoco. Trockij incontrò Kautsky in questo periodo e gli disse:

Poche parole sulla polemica con Rosa Luxemburg. Anche in questa questione le posizioni dei russi sono divise. I menscevichi si dichiarano perfettamente d’accordo con lei, ma tentano di interpretare il suo punto di vista come una “svolta” dalla precedente intransigenza tattica…al menscevismo. Secondo il mio amico Kamenev (…) i bolscevichi, o più esattamente Lenin, sono dell’avviso che abbiate ragione nel vostro giudizio sulla situazione politica attuale, ma che la natura dell’agitazione che Lux[emburg] sta conducendo potrebbe rivelarsi molto utile e importante per la Germania. Per poter approvare senza riserve il vostro punto di vista, Lenin propone che al prossimo congresso di partito presentiate una mozione con cui chiedete un’agitazione vigorosa, sottolineando la natura inevitabile della lotta rivoluzionaria. In ogni caso non ho incontrato un solo compagno – neppure tra i bolscevichi – che osasse dichiararsi solidale con Rosa Luxemburg. (…) A mio modesto parere, il motore tattico di Rosa Luxemburg è la sua nobile impazienza. E’ una qualità molto bella, ma sarebbe insensato elevarla a principio dominante del partito [tedesco]. [8]

Ma la cosa drammatica è che la comprensione dello scontro non fu maggiore in Germania. L’altro storico dirigente dell’ala sinistra, Franz Mehring, diede ragione a Kautsky. Attorno a Rosa Luxemburg si aggregò un gruppo piuttosto risicato ed eterogeneo, il cui collante erano più i rapporti personali che una piattaforma politica complessiva. Rosa aveva dichiarato da tempo la necessità di andare oltre la pura lotta congressuale contro l’opportunismo:

Già da dodici anni il partito si mantiene sulla difensiva di fronte a tutte le tendenze revisioniste, comportandosi come un guardiano notturno che appare in campo aperto e suona l’allarme solo quando si verifica uno scandalo in piena strada. I risultati provano che con questo metodo il male non si cura…Non attraverso divieti esteriori e non con la pura disciplina, ma soprattutto attraverso il più largo sviluppo possibile di una grande azione di massa che faccia entrare in scena larghi strati del proletariato, dove e quando la situazione lo permette…..solo così è possibile dissolvere le pesanti nebbie del cretinismo parlamentare, della politica di alleanza con la borghesia e dello spirito campanilistico piccolo borghese. [9]

Ma assolutizzava questo concetto fino a trasformarlo nella sottovalutazione della necessità di creare di una corrente marxista nella lotta di frazione interna al partito. E’ un dato di fatto: nel 1910 l’estrema sinistra dell’Spd era uno stato d’animo critico, un dissenso impalpabile, legato ad aneddoti ed episodi. La mancanza di una vera tendenza marxista organizzata dentro il partito sarebbe stata pagata a carissimo prezzo. In ogni caso Rosa Luxemburg, prima di tutti, aveva individuato la reale estensione dell’opportunismo del gruppo dirigente. Tanto che nel 1914 Lenin riconobbe: “Aveva ragione R. Luxemburg quando scrisse tempo addietro, che in Kautsky c’è lo “strisciare del teorico”, in parole povere il servilismo, servilismo davanti alla maggioranza del partito, davanti all’opportunismo”. [10]


[1]              ROSA LUXEMBURG, Lettere ai Kautsky, Editori Riuniti, Roma, 1971. p.34.

[2]              PETER NETTL, Op. Cit., p. 351

[3]              ROSA LUXEMBURG, Scritti scelti, Edizioni Avanti!, Milano, 1963. p.289.

[4]              PETER NETTL, Op. Cit., p. 349.

[5]     ROSA LUXEMBURG, Scritti scelti, Edizioni Avanti!, Milano, 1963. pp. 344.

[6]     PETER NETTL, Op. Cit., p. 355.

[7] ROSA LUXEMBURG, Lettere ai Kautsky, Editori Riuniti, Roma, 1971. p. 47.

[8]     PETER NETTL, Op. Cit., p. 357.

[9]     Ivi, p. 355.

[10]    ROSA LUXEMBURG, Lettere ai Kautsky, Editori Riuniti, Roma, 1971. p. 47.