Per poter vedere quanto vide Rosa Luxemburg negli ultimi anni dell’800 non era sufficiente una solida preparazione marxista. Sicuramente le doti personali, una lunga esperienza nella battaglia di strada, il fiuto per la polemica impressero il tempismo di una polemica che si sarebbe tradotta nella pubblicazione di un capolavoro, Riforma sociale o rivoluzione, che siede di diritto nel pantheon dei classici del marxismo.Circa 30 anni dopo Antonio Gramsci, in Italia, sarebbe dovuto passare dall’esperienza del tradimento del PSI per comprendere quanto le dispute teoriche in tempo di pace sarebbero diventate l’ago della bilancia in tempo di guerra. Rosa Luxemburg sarebbe già stata all’opposizione, in indipendenza, quando i lavoratori tedeschi avrebbero cercato l’assalto al cielo circa 20 anni dopo, nella rivoluzione tedesca del 1919.

Non è con scopo celebrativo, quindi, che redigiamo questa introduzione. L’immortalità di Rosa Luxemburg sta nel contenuto delle sue idee, non nel quanta ragione possiamo attribuirgli. Ed oggi il contenuto di Riforma sociale o rivoluzione è estremamente importante.

Il Partito Socialdemocratico Tedesco nel 1898 era un partito in crescita, proprio come il capitalismo tedesco. Giornali, sedi, funzionari e una solida crescita elettorale viaggiavano di pari passi passo con la crescita del capitalismo tedesco. Non era una crescita sospesa nel vuoto: per ogni fabbrica che nasceva in Germania, una porzione della popolazione tedesca andava ad ingrossare le fila della classe lavoratrice. Quando arrivarono le prime conquiste sindacali, la classe cominciò istintivamente a rivolgersi anche alle organizzazioni politiche. Il Partito Socialdemocratico era l’approdo naturale.

Il gruppo dirigente del Partito non mutò posizioni politiche dall’oggi al domani. Mutò progressivamente man mano che la pressione della borghesia si faceva più forte. Per ogni funzionario che il partito strappava ai fondi dello stato, si irrobustiva l’idea che si potesse approdare al socialismo per decreto.

Quando uno dei principali dirigenti del partito, Eduard Bernstein, pubblica Presupposti del socialismo e compiti della socialdemocrazia, l’opuscolo non viene accolto né dalle critiche né dall’esaltazione. Era il riflesso teorico di un apparato che già cresceva e quanto più importante diventava, tanto meno la base era nelle condizioni di controllare il processo.

Nel libro di Bernstein venivano delineati pochi semplici concetti. L’idea di base era che il marxismo dovesse essere corretto sulle proprie basi perché le previsioni del Manifesto non si erano avverate. La lotta di classe avrebbe permesso di conquistare un miglioramento sociale che, a un certo, avrebbe reso obsoleto il padrone e, ancora più gradualmente, perfino lo stato. Il sistema aveva nelle organizzazioni sindacali e soprattutto nella borsa le proprie leve di compensazione.

E’ importante questo aspetto. Il 1929 era ancora lontano, ma i dirigenti della socialdemocrazia vedevano, esattamente come i padroni, le virtù della possibilità di ricavare denaro dal denaro attraverso la speculazione borsistica. Ne vedevano un mezzo di compensazione che impediva la crisi di sovrapproduzione e non capivano che tutti gli aspetti che spingevano in alto le borse durante i periodi di crescita si sarebbero trasformate nel loro contrario non appena la bolla sarebbe esplosa.

Rosa Luxemburg scrisse una replica a questo lavoro partendo da un semplice assunto: le conquiste sociali della classe portavano dritto dritto alla necessità di abbattere il sistema, non il contrario. Davano coraggio alla classe, non appagavano. In questo non vi era nulla di psicologico, ma la logica conclusione delle basi su cui il sistema si reggeva: lo sfruttamento del lavoro salariato e la sovrapproduzione capitalistica.

Oggi non esistono partiti come il Partito Socialdemocratico Tedesco di fine ‘800. Certo, l’attuale Spd, il PSOE spagnolo, il Psf francese non possono vivere senza gli aiuti statali. Il cuore del loro apparato batte a destra mentre la loro base operaia è disposta ai più immani sacrifici prima di volgere loro le spalle.

Ma è cambiato il ciclo economico. Oggi il capitalismo, complessivamente, non cresce più. Anche se la politica del quatitative easing creasse le condizioni per la formazione di una nuova bolla speculativa, la curva di crescita del capitalismo non può più essere come quella di fine ‘800. Le fasi di recessione sarebbero comunque più lunghe di quelle di crescita. Ma è un “anche se”. Oggi il capitalismo è in recessione mondiale, in una crisi ben peggiore di quella del 1929.

Per questo non c’è riga del libro di Rosa Luxemburg che non offra la propria attualità agli attivisti della classe. E’ il libro che vi indica precisamente gli argomenti teorici per smontare le concezioni riformiste tanto dei Varoufakis e dei Picketty quanto dei Landini in Italia.

Ma soprattutto è il libro che vi dà gli strumenti per parlare ai lavoratori dell’importanza delle conquiste, anche delle più piccole, per costruire una società nuova. Nella conquista per un aumento di salario, per una riduzione d’orario, per maggiori fondi all’istruzione pubblica, per il diritto di riunione o per la libertà di stampa, c’è il germe di una lotta ben più grande.

Questo aveva compreso Rosa Luxemburg: quando avremo la capacità di particare a queste lotte ben più grandi, non dovremo avere dubbi. Dovremo sapere riconoscere il ruolo degli apparati dei partiti della classe e dei sindacati e non lasciare che i lavoratori ne vengano intrappolati. Ma trafiggerne ideologicamente il cuore per spiegare pazientemente come ogni strumento della classe, ogni partito, ogni sindacato, appartiene alla classe.

Che è la sola padrona di qualsiasi assalto al cielo.

Indice: