Il contenuto in sintesi:

A) La rabbia sociale, rimasta sotto la superficie dopo le mobilitazioni del 2016, è esplosa in Francia in un movimento che ha visto come protagonisti inizialmente settori del proletariato periferico, di ceto medio impoverito e disoccupati. La destra ha infiltrato le mobilitazioni e ha provato a sposarne le ragioni con fini elettorali. Ma tale movimento non è stato né creato né eterodiretto della destra.

B) Per propria composizione sociale, tale movimento non è in grado di darsi direzione e continuità a patto che non contagi il grosso del proletariato organizzato e il movimento studentesco. Tale contagio è in effetti avvenuto ma al momento sembra essere stato “contenuto” a causa di una serie di fattori: ruolo delle direzioni sindacali, repressione governativa mista a una serie di concessioni.

C) Il movimento sembra andare verso il riflusso. Indipendentemente dal suo esito a breve, ciò che è necessario sottolineare è come Macron ne esca comunque bruciato. L’europeismo borghese continua così nel suo crollo di consensi. Al contempo le cosiddette correnti sovraniste sono incapaci di fornire alcuna alternativa. La classe dominante europea entra in una crisi di strategia politica le cui conseguenze sono potenzialmente rivoluzionarie.

I nostri appunti:

1. La rabbia sociale non attende. Non esplode secondo canali teoricamente determinati. La cappa burocratica che grava sulle organizzazioni del movimento operaio spesso la “respinge”. Le esplosioni sociali finiscono così a volte per trovare forme apparentemente originali e inedite. E’ quanto accaduto in Francia: un movimento di vasta portata, contenente chiari riferimenti al problema delle diseguaglianze sociali, e alla necessità di “bloccare” il paese, ha costretto il Governo di uno dei principali paesi imperialisti a concessioni. Siano esse sostanziali o no, è un evento che fa scuola.

2. Siamo alla tappa di un processo. Quella che segue alle mobilitazioni del 2016 e forse precede esplosioni ancora più grosse. Il successivo percorso non sarà lineare. Non è nemmeno da escludersi che il rientro delle mobilitazioni sia intramezzato ad un certo punto da un  Governo di destra. Quel che certo è che l’europeismo borghese esce ulteriormente minato da questa tappa. Una dopo l’altra, vede bruciarsi le sue carte. Questa volta è stato il turno di Macron.

3. La borghesia si inganna a volte con le proprie stesse menzogne. Nell’epoca dei social e della teorizzazione dei “partiti leggeri”, si illude di poter risolvere la propria crisi di strategia politica tirando fuori dal cappello personaggi improvvisati, sostenuti da movimenti d’opinione leggeri. Tali candidati si dimostrano privi di una base sociale sufficientemente ampia per reggere la prova di Governo. Scrivevamo subito dopo le elezioni francesi: Ha vinto Emmanuel Macron. E perderà. Il suo progetto è debolissimo e la sua stella – si fa per dire, ovviamente – si brucerà presto. Forse molto prima di quanto fatto da Renzi in Italia. Orfano di una base partitica, pieno al momento di candidati che supportano il suo progetto in vista di conquistare una candidatura per le legislative che si terranno a breve, ma pronti ovviamente a girargli le spalle quando il vento cambierà, Macron sarà costretto a portare avanti un programma di rigore economico e tagli sociali.[i]

4. Le ragioni scatenanti di un movimento stanno alle reali cause come la miccia sta alla dinamite. L’aumento dei carburanti è stato l’innesco del movimento. E questo spiega la natura particolarmente interclassista della sua fase iniziale. La tassazione indiretta, particolarmente dei carburanti, colpisce egualmente il salariato, il piccolo trasportatore, il professionista. Sia detto di sfuggita, solo un approccio “sindacalese” può considerare tale tema lontano dal movimento operaio. Fino a prova contraria, la leva fiscale è una delle forme più efficaci con cui la classe dominante sposta ricchezza dal basso all’alto della società. Mentre un attacco diretto al salario nominale può scatenare la reazione dei lavoratori, la tassazione iniqua spolpa la busta paga gradualmente e poco alla volta. Attraverso la fiscalità, particolarmente quella indiretta, si garantisce un continuo drenaggio di risorse verso le casse dello Stato e da lì ai grandi patrimoni finanziari attraverso il meccanismo del debito pubblico e dei contributi ai grandi capitali.

5. In ogni caso la tassa sui carburanti ha solo fatto esplodere la percezione di un “presidente al servizio dei ricchi”. In meno di due anni Macron ha abolito l’Isf (Tassa patrimoniale di solidarietà), varato un programma di sgravi fiscali alle grandi aziende, approvato con la legge di bilancio del 2018 una sorta di Flat Tax con un risparmio di circa 10 miliardi di euro per le fasce benestanti della popolazione, aumentato la Csg (tassa sul reddito) gravante sui pensionati, eliminato l’indicizzazione delle pensioni in base all’inflazione[ii].

6. Soprattutto nella fase iniziale, in diversi a sinistra hanno preso le distanze dal movimento per la sua composizione o per la presenza della destra nelle sue fila. Non neghiamo che tali fattori possano pesare. Ma la valutazione della natura complessiva di un movimento dipende da una molteplicità di fattori. Per i marxisti essa non è un puro esercizio di sociologia. Le classi non si pesano come verdure al mercato. Possono esistere movimenti composti in maggioranza da settori di piccola borghesia egemonizzati da organizzazioni operaie e viceversa. Possono esistere movimenti composti in grossa parte da classe operaia industriale con un indirizzo profondamente reazionario. Così come movimenti dalla composizione profondamente piccolo borghese possono aprire la strada a rivoluzioni operaie. Senza considerare poi, che l’appartenenza sociologica a una classe ancora non ci dice nulla. All’interno della stessa classe esistono settori diversi per storia, tradizione, ruolo nella produzione, reddito reale ecc. In ogni caso, se vogliamo restare alla pura aritmetica sociologica, per quanto ne sappiamo i gilet gialli sono composti per il 33% di impiegati e per il 14% da operai[iii].

7. Dal 2008 in poi, la piccola borghesia rovinata, gli ampi settori di disoccupati, il ceto medio impoverito sono il materiale estremamente infiammabile che si accumula nella nostra società. Un tempo baluardi del centro moderato e dei partiti più tradizionali, la loro rabbia li rende particolarmente disponibili a nuove opzioni politiche, soprattutto se percepite come “antisistemiche”. E’ a loro che si rivolge principalmente la demagogia della destra e del nazionalismo. E’ su di loro che puntano Le Pen e Salvini come riserve di consenso, elettorale e partitico. Da qua però a desiderarne una mobilitazione attiva e permanente, ce ne corre. Il motivo è semplice. Il richiamo alla piazza, pur limitato al ceto medio, finirebbe per contagiare tutti i settori sociali. Le classi oppresse tenderebbero a entrare in gioco permeando la lotta con metodi e rivendicazioni proprie. A meno che la piccola borghesia e i disoccupati non siano mobilitati in forma squadrista e con l’obiettivo esplicito di schiacciare il movimento dei lavoratori. Ci sono anche “rivoluzioni arancioni”, completamente eterodirette da destra o forze imperialiste. Ma non è quanto accaduto in Francia.

8. Sullo sviluppo del movimento tra l’altro pesano come un macigno tradizioni, immaginario collettivo e stato delle organizzazioni della classe. Le rivolte in Francia richiamano alla mente il maggio ’68 o perfino il giacobinismo. Le organizzazioni operaie francesi non sono affatto annichilite, nè lo è il movimento studentesco. Nessun settore della borghesia internazionale aveva interesse a far cadere Macron attraverso la piazza.

9. In Francia la mobilitazione è partita da settori di ceto medio impoverito, di proletariato periferico non appartenente alle grandi conglomerazioni produttive, di disoccupati. Tali settori scontano ovviamente l’assenza totale di omogeneità e organizzazione. Quando si muovono, tendono a considerare la propria lotta storicamente “nuova” e “autonoma” dalle grandi classi sociali. Tendono a considerarsi un movimento interclassista, in grado di abbracciare tutta la nazione. Ma tali tipi di movimenti non sono in grado in verità di darsi alcuna continuità autonoma. Glielo impedisce la propria stessa conformazione sociale. Sono destinati per propria natura ad essere o una rapida meteora o la miccia di una esplosione sociale più generale che coinvolge la classe operaia organizzata. Il movimento dei gilet gialli aveva quindi un solo imperativo: contagiare e mettere in moto l’intero spettro sociale delle classi oppresse o rifluire, lasciandosi ipnotizzare dal lato più estetico e secondario della propria stessa mobilitazione. Il contagio c’è stato, ma al momento non sembra essere stato in grado di “sfondare” in maniera generalizzata. Senza tale “sfondamento”, termini come “insurrezione” e “rivoluzione” sono fuori luogo.

10. L’elemento più rilevante del movimento non è consistito negli scontri di piazza in centro a Parigi. Anzi, spesso sono stati i momenti più facilmente infiltrabili da estrema destra e provocatori della polizia. Nessun Governo può essere messo in crisi dallo scontro puramente militare con la celere. Sul piano delle forme di lotta, è stato molto più importante l’utilizzo dei blocchi stradali e l’occupazione dei caselli autostradali. E’ questo elemento che ha reso esplicito l’obiettivo di “bloccare il paese”. Ed è questa la consegna che potenzialmente può essere generalizzata, fatta propria e replicata con metodi propri da studenti e lavoratori.

11. Sono così cominciate le occupazioni di istituti superiori e di alcune facoltà. La base della Cgt è entrata in subbuglio, iniziando a fare pressione per la convocazione di uno sciopero generale e convocando giornate di mobilitazione in singoli settori o federazioni locali[iv]. Il 6 di dicembre, giorno prima dell’ennesimo atto convocato dal movimento, i vertici della Cgt hanno però firmato insieme a tutte le principali organizzazioni sindacali una dichiarazione contenente di fatto un appello al dialogo tra Governo e movimento. Una posizione neutrale che nei fatti faceva completamente il gioco di Macron e del suo tentativo di calmare la piazza attraverso un mix di concessioni e repressione.

12. Senza l’estensione del movimento, diventa anche più facile il gioco della repressione. Un conto è se la celere attacca la testa di un corteo o un presidio, un conto è l’attacco diretto a un picchetto operaio o a una scuola occupata. La provocazione poliziesca avvenuta al liceo Saint-Exupery alla periferia di Parigi ha immediatamente generato l’estensione del movimento studentesco[v]. Viceversa, gli ultimi concentramenti del movimento a Parigi sono stati letteralmente impediti con cordoni, perquisizioni, blocchi polizieschi.

13. Il mix di repressione e di concessioni governative, il mancato sbocco in un vero e proprio sciopero generale, sembrano al momento aver determinato una inevitabile contrazione del movimento. In assenza di una direzione organizzata, è difficile ipotizzare una rivitalizzazione delle mobilitazioni dopo la pausa natalizia.

14. In caso di dispersione del movimento, la spinta radicale che ne è alla base finirebbe per ripiegare sul terreno elettorale. La crescita elettorale dei partiti all’opposizione di Macron sarebbe a quel punto il sottoprodotto della mancata caduta del Governo attraverso la mobilitazione diretta. Ne gioverebbe in piccola parte la Le Pen. Ma, per quel che possono valere i sondaggi, il partito in maggiore crescita sembra essere proprio France Insoumise (Fi)[vi]. Il che conferma che un pezzo della radicalizzazione sociale francese da tempo si esprime all’interno di quel contenitore. Un dato destinato però a generare ulteriori contraddizioni all’interno di Fi. Un movimento come i gileti gialli sembra confermare agli occhi di un osservatore superficiale tutte le teorizzazioni di Melenchòn sul “popolo” come nuovo soggetto del cambiamento. Quello che è mancato in Francia al momento non è stato il “popolo”, ma lo sciopero generale e l’intervento massiccio del movimento operaio organizzato.

15. Vada come vada il prossimo periodo, un dato emerge inequivocabile: la corrente politica “europeista” è entrata ormai in crisi ovunque. Una dopo l’altro vede crollare i suoi punti di consenso tra le masse. Da tempo tale crisi si riflette nell’ascesa di cosiddetti partiti “sovranisti”. Ma allo scontro politico tra sovranisti e europeisti non corrisponde alcuna alternativa sul piano sociale ed economico. Il programma sociale del sovranismo è antioperaio e antipopolare tanto quanto quello del cosiddetto europeismo. Nè il sovranismo può appoggiarsi su alcuna corrente della grande borghesia disposta a far saltare l’Unione Europea e la stabilità finanziaria del quadro europeo. Per questo i partiti “nazionalisti” borghesi sono destinati a crescere elettoralmente, nutrendosi della rabbia della piccola borghesia rovinata e del proletariato disorientato, per rivelarsi farseschi appena giunti al Governo. Per questo il tramonto dei partiti “europeisti” non vedrà l’alba di nessuna epoca “sovranista”. La crisi dell’europeismo è solo l’anticamera del disvelarsi della farsa sovranista. Queste due ipotesi politiche sono destinate a coesistere, litigare in una danza immobile, senza tramutarsi in alcuna strategia stabile.

16. E di tutto questo è necessario trarre le dovute conseguenze. Un simile scenario apre prima o poi la strada all’ascesa di correnti rivoluzionarie di massa, qua nel cuore d’Europa. Stiamo ipotizzando, con sobrietà e con tutte le differenze del caso, di una potenziale “americalatinizzazione” del Vecchio Continente. Se vogliamo usare una analogia storica, la quale necessariamente zoppica, stiamo parlando di un nuovo ’68 in un contesto che ricorda gli anni ’30. Di questo processo, i gilet gialli rappresentano solo una tappa contraddittoria e peculiare. Le scosse sono profonde. Vengono dalle fondamenta.


Note:

[i]     https://www.autistici.org/archive/20180729152954/https://www.inventati.org/cortocircuito/2017/05/09/la-vittoria-di-macron-come-puo-uno-scoglio-arginare-il-mare/

[ii]    https://jacobinmag.com/2018/11/yellow-vests-fuel-prices-france-protests?fbclid=IwAR3qZWdMQg7xD35P7d4mPJXXUQ9PwOBIJ3S4Dmaf6AQGDdkyz8jWqsc4fO8

[iii]   https://www.lemonde.fr/idees/article/2018/12/11/gilets-jaunes-une-enquete-pionniere-sur-la-revolte-des-revenus-modestes_5395562_3232.html?fbclid=IwAR3DkdQ0KRDD9XvDufnMp0EAIBI6R0rOLWRi80zTSiKSMn9XjIEehO43LWM

[iv]   https://www.liberation.fr/france/2018/12/13/la-cgt-debordee-par-sa-base-sur-l-idee-d-une-convergence_1697773?fbclid=IwAR06gY52zxb353_W3JFpzsOidehEB-zy8TW47t3FRtAZ9ssASgSKwcIWJHI

[v]    http://www.ildesk.it/attualita/il-nuovo-68-francese-gli-studenti-a-fianco-dei-gilet-gialli-occupate-100-scuole/?fbclid=IwAR2Yk41LnDhO6fAPqmtqJLKxtXcWmEgBclKkTeX7kgnv0vjJMMyf1sUB0u0

[vi]   https://www.money.it/sondaggi-Francia-elezioni-europee-risultati-Macron