Guida alla lettura

Pubblicato sull’Ordine Nuovo del 27 marzo 1920, questo testo fa parte della relazione presentata e approvata all’assemblea generale degli operai della FIAT Centro (fabbrica che ha dato il via al movimento dei Consigli), tenuta il 20 marzo del 1920 in preparazione al Congresso nazionale dei Consigli di fabbrica. Abbiamo pubblicato la parte relativa ai Consigli di fabbrica, scritta dagli operai del Comitato Esecutivo (l’organismo dirigente del Consiglio di fabbrica, eletto direttamente dai lavoratori).

La costituzione dei Consigli nelle officine tori­nesi ha provocato discussioni diffuse e minuziose sulla natura, i limiti, la linea di sviluppo, i fini im­mediati e lontani di questa nuova istituzione della classe operaia. I compagni del Comitato di Studio dei Consigli torinesi raccolgono, coordinano, analiz­zano il materiale di concezioni e di esperienze che già si è accumulato per poter giungere alla formu­lazione di un programma d’azione che sia concreto e nel tempo stesso non rappresenti un inceppo per ulteriori sviluppi: il prossimo Congresso dei Com­missari di fabbrica deciderà su questo programma. In attesa del Congresso ci permettiamo di contribuire alla discussione, esponendo il nostro modesto parere, risultato dell’esperienza acquistata attraverso la no­stra breve gestione.

L’idea socialista è in continuo e meraviglioso svi­luppo nella coscienza degli operai. Gli operai si con­vincono sempre più che la lotta di classe deve ten­dere al conseguimento delle rivendicazioni radicali e sono persuasi che i fini massimi saranno attuati sol­tanto attraverso la stretta unione di tutte le forze e di tutte le volontà proletarie. Questa nuova psicolo­gia rende urgente non solo la necessità di consoli­dare le organizzazioni di classe già esistenti, ma anche quella di creare e di coordinare nuovi organismi predisposti ad una azione rivoluzionania non più generica e teorica ma pratica e proficua che si svolga attraverso le esperienze del lavoro, in modo da aderire all’intero processo di produzione industriale. Siamo convinti che l’istituzione meglio corrispondente a queste assillanti urgenze è appunto il Consiglio di officina, le cui forze e Ie cui attivita de­vono disciplinatamente convergere alla costruzione del sistema dei Soviet locali, regionali, nazionali.

Lo scopo precipuo e fondamentale dei Consigli di officina e dei Soviet deve essere tecnico e ammini­strativo: essi devono proporsi di disciplinare, coordinandole, tutte Ie forze produttive per una migliore e maggiore produziooe a vantaggio della collettività . Finché non sarà abbattuto Il dominio capitalistico e non saranno annientate le barriere tra le diverse classi, l’attività del Consiglio d’Officina deve inquadrarsi nell’azione politica generale della classe ope­raia mirante alla dittatura proletaria. In questo perio­do di intensa preparazione rivoluzionaria il Consi­glio di fabbrica deve tendere a coinvolgere tutti quanti i lavoratori del braccio e del cervello nel pro­cesso attivo e cosciente della Iotta politica e rivolu­zionaria, deve tendere a far sì che ogni individuo della classe lavoratrice diventi un milite discipli­nato, consapevole della verità rivoluzionaria: l’emancipazione dei lavoratori sarà opera degli stessi lavoratori.

Il Consiglio d’officina deve essere l’espressione genuina di tutti i lavoratori di una determinata fabbrica: deve essere composto di Commissari organiz­zati nei Sindacati professionali, ma eletti da tutti i produttori, organizzati e non organizzati; l’assem­blea di questi Commissari eleggerà un proprio Co­mitato esecutivo; i Comitati esecutivi degli operai, dei capi tecnici e degli impiegati costituiranno il massimo organismo proletario dell’Officina.

La forma dei Consigli d’officina dovrà sempre es­sere discussa e poter essere modificata. La forma del Consiglio dipende dalla potenza politica ed econo­mica della classe operaia, è cioè strettamente con­nessa alle diverse fasi del processo rivoluzionario. Molta strada e non certo facile, dovrà ancora essere percorsa prima che il Consiglio d’Officina possa di­ventare una forza preponderante sui rispettivi poteri capitalistici. La mèta sarà però tanto più vicina quanto più la volontà e le forze disciplinate del pro­letariato convergeranno a questo scopo, accrescendo la potenza del Consiglio d’Off icina.

Nessuna Commissione Interna avrebbe potuto svol­gere la mole di lavoro che risulta dalla presente re­lazione se non basandosi sul confortante ed efficace aiuto dei Commissari di Reparto, senza essere cioè il Comitato Esecutivo di un Consiglio di fabbrica. Attraverso i Commissari di Reparto, è stato possibile, in diverse riunioni, accertarsi della vera espressione della volontà operai nelle agitazioni, è stato possi­bile coordinare l’attività molteplice domandata dalla vastità dell’officina, e impedire il ripetersi delle fer­mate inconsulte del lavoro. Le grandi manifestazioni di carattere politico o per la difesa dei diritti acquisiti sono riuscite perfettamente per l’opera dei Commissari: ne consegue che il Consiglio d’Officina è l’apparecchio più idoneo di cui possa servirsi il pro­letariato per attuare la sua disciplina e la sua potenza di classe, è l’arma più efficace che il proletariato può impugnare per il conseguimento delle sue finalità.

Degna di menzione è l’opera svolta dal segretario di collegamento, specie nelle sotto-sezioni della F.l.A.T. Per l’attività del Segretario di collegamento alcune richieste sono state presentate collettivamen­te per gruppi di officine, è stato possibile stabilire ac­cordi tra diversi Comitati esecutivi e attenersi alle disposizioni prese in comune senza urtare con le esi­genze particolari di ogni officina. Il procedere di co­mune accordo fra le diverse officine è per i Consigli fonte di coesione e di ordine proletario, elementi fon­damentali sui quali deve basarsi l’edifizio del Soviet locale. E’ dunque necessario valorizzare debitamente l’opera dei Segretari di collegamento e dar loro la possibilità di svolgere più completamente e più spes­so le loro mansioni.

Il problema del riconoscimento o meno dei Commis­sari di Reparto da parte della Direzione, specie dopo la minaccia espressa in proposito dagli industriali, è sembrato a qualcuno di una eccezionale gravità. A nostro modesto avviso questo problema è invece di importanza relativa. E’ fuori di qualsiasi dubbio che gli industriali non accetteranno di riconoscere e di Iasciar funzionare pacificamente il Consiglio di officina che tende appunto ad abbattere il dominio capi­talistico minando i pilastri sui quali poggia la bor­ghesia. Il riconoscimento avverrebbe solo se i propugnatori dei Consigli facessero esplicita dichiara­zione di limitarsi all’attività inerente ai patti di lavoro, e di voler collaborare alla conservazione del regime borghese attuale, dando di questi loro buoni propositi garanzie solide e prove esuberanti. Per ottenere il ri­conoscimento dei Consigli occorrerebbe stipulare con­tratti e accettare tutte le limitazioni Iegali che gli in­dustriali intendessero bene introdurvi. Ciò significhe­rebbe la morte sicura del nuovo istituto operaio che può affermarsi e svilupparsi solo in quanto conserva la libertà di muoversi é di modificare il suo organa­mento a seconda che mutano le esigenze del processo rivoluzionario e la psicologia della classe operaia.

Quello che invece preme di più e che merita di essere discusso con la maturità e la consapevolezza necessarie è di definire il compito particolare del Con­siglio d’Officina nell’attuazione dei nostri programmi e di stabilire quali debbono essere le mansioni dei Commissari e del Comitato Esecutivo in rapporto alle nostre forze rivoluzionarie. Il resto verrà da sè, in conseguenza dell’assillante necessità di sconvolgere gli attuali ordinamenti sociali, per liberare le forze produttive dalle catene che le tengono paraliz­zate e in conseguenza della forza politica nazionale e internazionale che la classe operaia sarà riuscita a organizzare. Gli industriali non sono degli dei e nep­pure dei superuomini: essi dovranno sottostare alle leggi dello sviluppo storico. Il meraviglioso risveglio della classe operaia, che caratterizza il periodo at­tuale, è il risultato del progresso tecnico industriale, che i capitalisti hanno attuato per ragioni di profitto individuale e per mettere lo Stato borghese in grado di vincere la guerra imperiaiista. La superiore posizione che oggi la classe operaia occupa nel campo in­dustrale, nel processo della produzione dovrà essere riconosciuta non dagli industriali, ma dalla Storia. La classe lavoratrice è stanca di essere sfruttata e di es­sere considerata come composta di pària; il sistema di imperio autocratico nella disciplina industriale non può più reggere, è diventato un vero e proprio siste­matico sabotaggio dell’apparato di produzione indu­striale. Sono diventate necessarie forme di go­verno industriale democratiche, corrispondenti alla posizione storica ohe oggi occupa la classe operaia. Il Consiglio d’officina è la forma di questo governo in­dustriale democratico. Se gli industriali si oppongono al funzionamento dei Consigli, se gli industriali per finalità politiche, per mantenere il loro privilegio, vo­gliono comprimere i tentativi che Ia classe operaia fa per ritrovare nuovi modi di produzione, ebbene, riuni­remo le nostre forze, chiameremo alla battaglia le armate proletarie che accampano nelle officine, nei cantieri, nelle miniere, nei campi d’Italia, impegne­remo tutte Ie nostre forze e imporremo la nostra volontà come abbiamo fatto per il riconoscimento delle Organizzazioni professionali, come abbiamo fatto per le otto ore. Non ci faccierno illusioni: gli industriali sono anch’essi convinti che la classe operaia neces­sariamente deve procedere innanzi nelle afferrnazio­ni del suo potere e dei suoi fini rivoluzionari, e si organizzano fortemente in grandi coalizioni capita­listiche e bancarie; la battaglia non può essere evi­tata perchè sono in gioco i privilegi fondamentali del­la classe capitalista, sui quali poggia tutto l’edifizio della Società divisa in classi, culminante nello Stato bonghese; la nostra volontà ricostruttrice dovrà neces­sariamente essere imposta, e solo dopo la vittoria del­la classe operaia potremo procedere bene nel lavoro comune rivolto alla produzione della comune ricchezza.

Le mansioni cui dovranno dedicarsi i Cornmissari di Reparto si possono considerare di due specie. Come mansione minima l’attività dei Commissari deve svol­gersi intorno ai reclami di qualsiasi genere; i Com­missari devono porsi in grado di comprendere e chia­rire tutti i fatti che succedono nel lavoro e nello svolgimento dei rapporti che intercorrono tra la maestranza, la ditta e gli organi direttivi del proletariato: devono informare il Comitato Esecutivo di tutto l’an­damento dell’officina, di tutte le manifestazioni e i desiderata degli operai; devono comunicare le disposizioni deliberate tra il Consiglio d’officina e il C.E. e curare affinchè siano attuate col dovuto ordine e con disciplina proletaria: devono vigilare affìnchè le nor­me regolamentari e igieniche vengano debitamente osservate.

Come mansione massima invece si intende lo svol­gimento di un’attività nel campo tecnico, politico e disciplinare. Ogni Commissario deve predisporre i suoi compagni di lavoro ad una scrupolosa disciplina proletaria sia nei rapporti con le deliberazioni del Consiglio, sia nel processo del Iavoro: deve esortarli a rendersi coscienti dell’importanza e del significato del proprio lavoro, inducendoli a frequentare scuole pubbliche e private, per essere in grado, con I ‘espe­rienza pratica e con la cultura individuale, di com­prendere le esigenze e le tendenze dell’industria moderna e aver quindi la capacità di imprimerle un mag­giore sviluppo quando sarà socializzata; deve svol­gere una propaganda persuasiva, prendendo lo spun­to da tutti gli avvenimenti quotidiani, sui metodi e i fini del Partito Socialista e per ottenere I’iscrizione in massa degli operai nelle organizzazioni sindacali e politiche; deve specialmente valorizzare il Comitato Esecutivo del Consiglio d’Officina, massimo organi­smo dell’autogoverno proletario; i Commissari devo­no sempre tenersi pronti politicamente ad ogni even­to e ad ogni appello degli organi direttivi della classe operaia.

Se i Commissari svolgeranno con disciplina e co­scienza proletaria queste loro mansioni, senza avvi­lirsi se queste spesso sembrano molto modeste e di piccolissima importanza nel quadro generale della Rivoluzione, noi riusciremo a costruire un gigantesco polipo i cui tentacoli si infiltrano in tutte le pieghe del­la vita moderna industriale, abbracciando e coordi­nando tutte le attività produttive e rivoluzionarie, riu­sciremo a costruire un formidabile strumento di lotta da rivolgere per il conseguimento dei nostri fini e per I’instauramento del potere proletario.

II nuovo C. E. avrà il compito di consolidare e ren­dere sempre più efficace la nuova istituzione dei Consigli, escogitando ogni mezzo atto a educare gli operai in tutte le attività tecniche, politiche, morali, necessarie per collaborare alla costruzione della So­cietà comunista; esso dovrà portare a termine le trat­tative intavolate dall’attuale C. E. con la Direzione per la fondazione di una biblioteca circolante d’offi­cina ricca di libri sull’industria, sulla storia e sulla economia politica.

Concludiamo esortando i dirigenti le organizzazioni, i quali manifestano una grande avversione per i Con­sigli d’Officina, a voler riesaminare le loro vedute in proposito e a stringersi con i propugnatori dei Consi­gli per renderne più omogenea e rapida l’attuazione. Esortiamo pure gli operai, che rivolgono lo sguardo alla luce d’Oriente con tanta aspettazione, a voler imitare i nostri valorosi compagni russi nella volontà, nella tenacia e nella fede, e a dedicarsi con spirito di sacrifizio e di abnegazione al lavoro dei Consigli d’Of­ficina per la sollecita instaurazione del regime socialista.

 

Il Comitato Esecutivo

Aprà Giovanni, aggiustatore

Bordigari Felice, tornitore

Carretto Giorgio, tornitore

Danusso Carlo, tornitore

Giorgi Felice, aggiustatore

Parodi Giovanni, aggiustatore

 

Questa relazione fu approvata dall’assemblea generale degli operai delle Officine FIAT Centro il 20 marzo scorso all’unanimità, e alla Commissione Interna fu rinnovato il mandato.[i]

 

Note:


[i] Nota a margine inserita dall’Ordine Nuovo