
Il governo nella palude dei debiti
Il capitalismo italiano annega nei debiti. L’indebitamento sul PIL ha raggiunto la nuova vetta del 143.5%, toccando un nuovo record negativo questa estate[1]. Le famiglie italiane hanno aumentato del 4.6% il proprio debito medio verso le banche. Alla fine del 2022 i debiti familiari rappresentavano il 62.5% dei loro redditi totali. L’ondata di inflazione e l’indebitamento hanno ovviamente frenato i consumi interni, di cui le spese obbligate (cibo, casa, sanità) ha ormai superato il 40% delle spese complessive[2].
Solo la presidenza del Consiglio si è stupita dell’innalzamento dei prezzi e del congelamento della crescita economica. I dati Istat di agosto sono impietosi: livello degli occupati sceso di 73mila unità e occupazione a -0.2%; la fiducia delle imprese a -1.9%, sia di manifattura che di servizi; il fatturato dell’industria è a -0.6% su base trimestrale, soprattutto per il calo delle esportazioni. A luglio i prestiti alle imprese sono scesi del 3.7%. Il potere d’acquisto è calato del 7.5% in un anno, il dato più grande tra i paesi OCSE. L’inflazione è scesa a 5.5% da 5.9%, ma sul carrello della spesa rimane molto elevata: 9.5%. Trasporti e affitto salgono +0.7, la benzina a +18.9%, l’elettricità a +30%, a causa del rincaro del gas da cui dipende metà della produzione elettrica del paese[3]. E’ una guerra civile in cifre contro lavoratori, lavoratrici e giovani.
Come largamente prevedibile, il governo Meloni produrrà una manovra economica molto stretta, perchè le stime di crescita del capitalismo italiano appaiono ridottissime. Senz’altro il governo non può fare una manovra in deficit (spendere) perchè avrebbe addosso subito Germania, Olanda e tutti i falchi dell’Unione Europea. Soprattutto ora che si stanno riscrivendo le regole del Patto di stabilità. La borghesia italiana ha invece bisogno di mostrarsi rigorosa per strappare condizioni meno soffocanti.
La lunga battaglia per la distribuzione dei fondi del PNRR ha già mietuto la sua prima vittima eccellente: la sanità pubblica. Le previsioni di spesa pubblica per il 2025 prevedono il 6.2% del PIL, dato al di sotto del periodo pre-Covid (anche volendo, la borghesia italiana non può imparare la lezione). I nuovi dati OCSE mostrano come la spesa sanitaria italiana nel 2022 sia stata di 4290 dollari pro-capite, meno della metà di Germania e Francia. Il governo Meloni sta procedendo a vele spiegate sulla strada della privatizzazione (ma non certo all’americana: senza settore pubblico in agonia come far godere il privato di pazienti costretti e sicuri?). La riforma fiscale, abolendo l’IRAP, ha abolito la principale tassa che finanziava il sistema sanitario nazionale. La flat-tax, cavallo di battaglia della Lega, abolendo il principio di progressività toglierà ulteriore finanziamento alla sanità pubblica.
Secondo il Rapporto Crea-sanità[4], mancano 30mila medici e 220mila infermieri con riferimento alla popolazione anziana. Non casualmente stanno schizzando alle stelle i ricorsi ai medici a gettone (costosissimi), le prestazioni intramoenia e la spesa “out of pocket” ossia la spesa direttamente investita dai cittadini in sanità privata. Ne guadagnano anche le compagnie assicurative, pompate dai welfare aziendali che tanto sono completamente defiscalizzati. La spesa pubblica diretta rivolta al settore privato è arrivata alla cifra record del 22%, con punte del 30% in Lombardia[5].
Ma non è che non vi siano i soldi. In un paese che fa fatica a tenere aperti i Pronto Soccorso, la Difesa ha speso 4 miliardi in più rispetto allo scorso anno, da 25.5 a 29.5 miliardi di euro. E’ l’effetto della guerra in Ucraina. La NATO da tempo chiede ai paesi membri almeno il 2% del PIL in armamenti[6]. Ci stiamo arrivando, promette il governo. Così, rimasto con molte spese e poche entrate, Meloni e compagnia hanno deciso di spingere sulla guerra ai poveri che di fronte agli occhi di imprenditori e banchieri fa sempre austerità, lotta agli sprechi e senso di responsabilità. Eppure fare cassa dal Reddito di cittadinanza si è dimostrata dunque una mossa inutile. Sarà anzi controproducente, perchè alienerà una parte dell’elettorato sottoproletario di Fratelli d’Italia al sud. Ed essendo una manovra a costo zero, la crociata contro il reddito di cittadinanza sarà probabilmente l’unica ad essere portata a termine delle tante promesse di Giorgia Meloni e Matteo Salvini.
Le condizioni in cui versa il capitalismo italiano non cadono dal cielo. Nell’era dell’imperialismo, cioè l’era dei grandi monopoli multinazionali e della supremazia della finanza sulla produzione, nessun paese è isolato dal mercato mondiale. La recessione mondiale è causata da una crisi di sovrapproduzione che ristagna dalla grande crisi finanziaria dei mutui subprime del 2008. L’inflazione generale è conseguenza delle enormi quantità di denaro pubblico che le Banche Centrali hanno dovuto pompare nell’economia dei singoli paesi per acquistare i debiti privati, di aziende e banche prima e poi di interi stati, per convincere gli investitori a continuare ad investire e le banche a continuare a prestare denaro. Questa strategia ha ovviamente peggiorato una situazione già avvelenata. Non solo gli investimenti ristagnano da anni, perchè nessun padrone vuole investire senza certezza del ritorno e nessuna banca vuole prestare senza certezza della restituzione, ma oggi la crisi generale si è trasferita completamente a livello dei bilanci pubblici. E nel capitalismo una fonte di entrata regge gran parte dei bilanci pubblici: le trattenute in tasse nelle buste paga dei lavoratori e delle lavoratrici, tasse che i lavoratori non possono evadere a differenza di padroni, padroncini e liberi professionisti. E’ quindi facile capire chi pagherà la crisi e soprattutto la recessione che sta minacciando di varcare le Alpi ed esondare anche in Italia.
La prospettiva per il capitalismo italiano nel prossimo periodo è dunque lineare: con un livello di indebitamento così alto non si può fare altro che tagliare lo stato sociale e introdurre solo riforme che possano avere una ricaduta pubblicitaria. Soldi non ve ne sono. L’estrema destra cercherà di scontentare la propria base di riferimento solo se strettamente necessario, ma alla fine lo farà. Piccoli commercianti, padroncini, disoccupati avvelenati, pochi di loro non raccoglieranno che qualche esenzione fiscale e qualche spicciolo una tantum. E’ iniziato il processo di erosione del consenso politico del governo Meloni. Si tratta di un processo oggettivo, che affligge qualsiasi governo cerchi di gestire la crisi del capitalismo. Solo lo stato frammentario e pietoso del centrosinistra, rappresentata dal PD, da Sinistra Italiana, dal M5S insieme alla viltà della direzione della CGIL, permette al governo di tenere a bada le proprie contraddizioni senza che nessuno provi a divaricarle. Ma è una situazione implicitamente fragile, che potrebbe essere oggettivamente sconvolta al primo risveglio delle mobilitazioni sociali.
[1] https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2023/07/21/debito-pil-nelleurozona-cala-al-912-italia-seconda-al-1435_117b36c8-0179-473e-adc0-faef49e238aa.html
[2] https://www.ilsole24ore.com/art/cgia-famiglie-sempre-piu-indebitate-milano-famiglie-piu-rosso-debito-medio-oltre-35mila-euro-AFHNoiX
[3] Alessandro Bonetti – L’Italia si è fermata: manovra da incubo – Il Fatto Quotidiano (01/09/2023)
[4] https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/dal-governo/2023-06-21/rapporto-crea-8-regioni-promosse-7-rimandate-e-6-bocciate-performance-sanitarie-2023-142429.php?uuid=AEtIY2mD
[5] Andrea Colombo – Manovra, il governo supplica l’Europa e rimuove la sanità (Il Manifesto – 24/08/2023)
[6] L. De Carolis – E’ il caro guerra: la Difesa ha speso 4 miliardi in più – Il Fatto Quotidiano (8/9/2023)