Sono passati poco più di due mesi dall’insediamento del nuovo governo e possiamo già trarne un piccolo bilancio. Lo straordinario risultato di Fratelli d’Italia è dovuto, in buona parte, a dieci anni di opposizione ai vari governi che si sono succeduti nell’ultimo periodo. Governi di centro sinistra, di unità nazionale o lo stesso governo giallo/verde.

C’è stata una coerenza nella strategia di Fratelli d’Italia (a livello nazionale): nessun compromesso coi “governi delle elites, attaccati solamente alla poltrona”, ma solo una grande voglia di difendere “la Nazione e la famiglia” e, ovviamente, “il popolo italiano”. Il posizionamento politico del partito ha pagato in termini elettorali, facendo così da traino per tutta la coalizione.

 

Dipingendo (furbescamente) il Partito Democratico come “la sinistra amica dei ricchi” (concordiamo sul fatto che questo partito sia amico dei ricchi, un po’ meno sulla definizione di partito di sinistra), Giorgia Meloni è riuscita a presentarsi come l’alfiere a difesa “del popolo”. E’ un termine assai vago, ma sicuramente utile a livello propagandistico nei comizi elettorali. Un osservatore poco attento della politica italiana, si sarebbe quindi aspettato una certa attenzione verso i lavoratori, i cui salari sono peggiorati negli ultimi 30 anni. Abbiamo quindi deciso di soffermarci brevemente  su questo primo operato del governo anche alla luce della manovra appena approvata.

 

Per combattere i bassi stipendi e le pessime condizioni contrattuali dei lavoratori, il governo ha infatti pensato di reintrodurre i voucher, aboliti dal governo Gentiloni nel 2017. “Basta lacci e lacciuoli, chi investe deve essere aiutato!” è un ritornello che abbiamo ascoltato per anni. Traduzione: il lavoratore è una merce e come tale deve poter essere buttata via quando è scaduta. Ma il sottosegretario leghista Durigon non si ferma  qui. In una recente intervista spiega la sua ricetta per abbattere definitivamente la precarietà, e garantire a tutti un lavoro dignitoso:

 

 

“Le causali imposte dal decreto dignità sono troppo restrittive e non esaustive delle esigenze dei singoli settori produttivi. La proposta mia e della Lega è di prevedere per legge l’acausalità dei contratti a termine per 24 mesi e poi lasciare alla contrattazione collettiva e aziendale l’estensione fino a 36 mesi”[1]

 

 

Nei fatti un ritorno al Jobs Act. Durigon del resto ha una certa ammirazione per il passato. Come quando propose di intitolare un parco al fratello del Duce.

 

Ha però suscitato maggiore clamore la discussione intorno all’abolizione del reddito di cittadinanza. Non pensiamo certo che il reddito risolva il problema salariale, ci chiediamo però se il modo migliore di combattere “i furbetti e gli evasori” sia quello di togliere un sussidio che può arrivare fino all’esorbitante cifra di…700 euro! Certo che se mezza Italia campa sul sussidio, come dice il governo, pensate a quanto siano allettanti gli stipendi italiani. In ogni caso il centrodestra ha tirato dritto: il reddito verrà abolito da agosto per gli under 60 considerati “occupabili” (traduzione del termine occupabile: accettazione di un lavoro senza badare alle condizioni contrattuali), per poi abolirlo in maniera definitiva a partire dal primo gennaio 2024. A proposito di lotta all’evasione, non è necessario soffermarsi ulteriormente sulla discussione che si è sviluppata intorno al tetto minimo per l’utilizzo del pos. Prendiamo semplicemente atto che precari e  percettori del reddito di cittadinanza evidentemente non fanno parte del “popolo”.

 

“Ma abbiamo per la prima volta un Presidente del Consiglio donna! Finalmente una che si occuperà delle altre donne!”, dirà il nostro osservatore distratto. Già. Questa particolare attenzione alla condizione femminile, è visibile infatti in merito al tema pensioni. Come eliminare quindi le ingiustizie della Riforma Fornero, cavallo di battaglia di Lega e Fratelli d’Italia in questi anni?[2] Restringendo i requisiti per accedere ad “Opzione donna”: età alzata a 60 anni (in precedenza bastava averne 58) con 35 di contributi. Se invece si hanno figli (utili per la Patria?), sarà possibile andare in pensione uno o due anni prima. In ogni caso questa misura è riservata solamente a caregiver, donne licenziate, o disabili al 74%. Più in generale, viene introdotta Quota 103 (per un anno) per l’uscita a 62 anni con 41 di contributi (percependo però l’assegno intero solo  a partire dai 67 anni). Chi preferirà invece rimanere al lavoro, usufruirà del bonus Maroni, con aumento della busta paga del 9,19% (in base ai contributi). Meglio quindi che un dipendente continui a lavorare. Chè poi da pensionato magari vengono strane idee, tipo quella di partecipare a un rave party.

 

Sul tema immigrazione, il ministro Piantedosi mostra il pugno duro. La destra però non usa più nemmeno strumentalmente lo slogan “più immigrati = meno diritti per gli italiani”.  A questo ci pensa già il governo Meloni, con la sua politica di attacco ai lavoratori e, più in generale, ai ceti disagiati.

 

In occasione del Capodanno, Giorgia Meloni ha pubblicato sul proprio profilo un breve video di auguri, assicurando che:

 

 

“il governo farà la sua parte in quest’anno ma vorrei che ci credeste con noi, con me nella possibilità di risollevare questa nazione, di rimetterla in piedi, di farla camminare velocemente con entusiasmo perché noi possiamo fare molto di più. E dobbiamo farlo insieme.” [3]

 

 

Su questo però, non possiamo non riconoscere al governo il giusto merito (anche noi forse siamo stati contagiati dal Ministro Valditara) nel poter rivendicare con orgoglio il primato europeo in un campo particolare. Per anni abbiamo sentito la destra agitare lo slogan “Prima gli italiani”. Finalmente i vari Meloni e Salvini possono festeggiare: l’Italia chiude l’anno con un’inflazione ben oltre l’11%, tenendo bene a distanza i principali paesi dell’Eurozona.[4]

 

Gli antenati dell’attuale governo volevano “spezzare le reni alla Grecia”. La Destra attuale, forse memore del successo dei propri avi, ha condotto la campagna elettorale in grande stile, promettendo addirittura di “spezzare le reni all’Europa”. Per anni Giorgia Meloni si è schierata contro il cosiddetto fondo salvastati, il MES. Il dibattito si accese particolarmente all’inizio della pandemia. Per approfondire la nostra posizione, vi invitiamo a leggere l’articolo che pubblicammo all’epoca.[5] Con la tenacia che contraddistingue le formazioni come Fratelli d’Italia, l’attuale Presidente del Consiglio ha di fatto aperto a una riforma dello strumento, naturalmente “per non bloccare gli altri”.[6]

 

Dopo questa breve panoramica non crediamo ci sia molto da aggiungere. Se non che questo governo, come i precedenti, ha delle basi molto fragili. Toccherà a noi organizzarci per staccare la spina quanto prima.

[1]https://www.repubblica.it/economia/2023/01/05/news/durigon_pensioni_contratti_reddito_di_cittadinanza-382139581/

[2]https://www.fanpage.it/politica/il-governo-meloni-non-ha-mantenuto-le-promesse-fatte-su-opzione-donna-in-campagna-elettorale/

[3]https://www.repubblica.it/politica/2023/01/01/news/meloni_auguri_2023_governo-381627557/

[4]https://www.ilsole24ore.com/art/italia-inflazione-03percento-dicembre-e-116percento-annuo-81percento-media-2022-AERGuQUC

[5]https://marxpedia.org/mes-sure-e-altre-catastrofi/

[6]https://www.youtube.com/watch?v=A0I5TZfpInI a 34:08