Il 27 aprile del 1937 muore Antonio Gramsci dopo dieci anni di prigionia nelle carceri fasciste. Arrestato nel novembre del 1926, il suo processo si avvia solo un anno e mezzo dopo, nel maggio del 1928, terminando nel giro di un mese.Il pubblico ministero conclude la sua requisitoria con la famosa frase «Per vent’anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare». Gramsci viene infatti condannato a venti anni, quattro mesi e cinque giorni di reclusione. Nonostante le dure condizioni del carcere, il fascismo non riesce a raggiungere questo obiettivo. In quei dieci lunghi anni Gramsci continua a dare il suo contributo politico, anche se in forma ben diversa dagli anni precedenti.

Tania Schucht – la cognata di Gramsci e suo principale contatto con l’esterno durante la prigionia – racconta  quanto accaduto al terzo colloquio con Gramsci in carcere:

Nino [Antonio, Ndr] mi rispose con impeto se credevo che fosse così facile di potere comunicare ciò che si vuole, fare sentire e intendere ciò che si vuol far sapere e che dovrei essermi persuasa che egli non scrive punto ciò che desidera, tutt’altro [1]

Togliatti stesso conferma la pesante censura a cui era sottoposta ogni riga scritta da Gramsci in carcere:

[Nei Quaderni del carcere- Ndr ] Non vi è un programma d’azione e – chi glielo avrebbe lasciato scrivere, in quei fogli che passavano per dieci censure? – (…) [2]

Quello del carcere non è quindi un Gramsci che può dire né ciò che vuole, né come lo vuole. Questo è il difetto dei Quaderni, scritti in forma frammentaria e con una terminologia ambigua. Ma se il difetto sta nella forma e dipende dal contesto, il valore è nella sostanza e deriva dall’autore. Chi scrive è pur sempre il quadro comunista che ha vissuto in prima fila l’occupazione delle fabbriche del 1920, le vicende della rivoluzione russa e l’ascesa del fascismo. I Quaderni acquisiscono pieno valore se vengono incrociati con le lettere dal carcere, con le testimonianze dei compagni di prigionia. Il Gramsci in carcere, del decennio 1927-1937, riprende la parola se lo si legge alla luce del Gramsci in libertà, del decennio tra il 1917 e il 1927.

Ma per Togliatti e il gruppo dirigente del Pci difetti e qualità dei Quaderni apparvero invertiti. La loro qualità consisteva nel come erano scritti. Con un Gramsci che non poteva esprimersi liberamente, si poteva liberamente esprimersi al posto di Gramsci. Il loro difetto consisteva nel loro legame con il resto dell’attività di Gramsci. Per portarli a spasso nel campo delle supposizioni, delle interpretazioni, bisognava slegarli da tutto ciò che Gramsci aveva detto prima e durante il carcere. Gramsci entra in carcere come quadro comunista e diventa in carcere, per bocca di Togliatti, l’intellettuale del rinnovamento italiano:

vi è qualcosa di più [nei Quaderni, Ndr]: una interpretazione storica che dà a inizio a una nuova scienza della nostra storia e della nostra politica. (…) Perciò l’antifascismo di Gramsci, comunista e internazionalista, è una dottrina di sostanza del rinnovamento della nazione italiana. [3]

In molti videro in questa interpretazione la volontà dei vertici del Pci di valorizzare Gramsci. Di accreditarlo come figura nazional-popolare, slegata dalle ragioni anguste di partito. Al contrario, tale revisione rispondeva esattamente alle ragioni di partito e in particolare a quelle anguste del suo vertice burocratico. Si accreditava Gramsci tra gli intellettuali della democrazia borghese italiana, per accreditare il Pci tra i partiti cardine dell’arco istituzionale borghese. Tanto che quest’ultimo non esiste più, ma resiste un’ idea distorta di Gramsci.

Gramsci fu uno dei comunisti di questo paese che più fu in grado di applicare il bolscevismo alle condizioni italiane. Nell’interpretazione di Togliatti diventò un intellettuale che nelle condizioni italiane aveva trovato le ragioni per superare il bolscevismo. Il teorico della lotta per il socialismo in Italia diventò così l’anticipatore della via italiana al socialismo. Appena arrivato in Italia, nel 1945 Togliatti inizia a propagandare l’idea che Gramsci in carcere avesse elaborato e anticipato la svolta effettuata dal Pci nel 1944:

Ma in tutto quel periodo l’idea centrale della azione politica di Gramsci fu l’idea dell’unità: unità dei partiti operai nella lotta per la difesa delle istituzioni democratiche e per il rovesciamento dei del fascismo; unità dei partiti operai con le forze democratiche che allora incominciavano ad organizzarsi (…) per la creazione di un grande blocco di forze nazionali [4]

E ancora nel discorso tenuto il 29 aprile 1945 a Napoli, pochi giorni dopo la fine di Mussolini:

Il nostro paese, infatti, deve essere rinnovato, ricostruito; ma deve essere ricostruito in modo nuovo, diverso. (…). Per questo occorre una classe dirigente nuova. Ma questa classe dirigente nuova non potrà mai uscire da un solo gruppo sociale, dal gruppo soltanto dei proletari. No, qui il pensiero di Gramsci ancora una volta ci deve guidare. [5]

Dunque è questa la concezione che Gramsci aveva maturato in carcere? Quella di uno scontro tra fascismo e istituzioni democratiche? Tra blocco democratico borghese e blocco fascista? Gramsci ci fornisce nei Quaderni una “dottrina” del rinnovamento dello Stato italiano? Se così fosse, bisognerebbe ammettere che Gramsci stesso aveva effettuato in carcere un profondo ripensamento della sua precedente militanza. Sarebbe lecito a quel punto ipotizzare che questo ripensamento non si limitasse a questo o quell’aspetto politico, ma investisse la sua intera identità comunista. Togliatti, il ministro della Giustizia del 1946, il promotore dell’amnistia verso i fascisti, piega Gramsci alle ragioni di unità nazionale. Ci presenta un Gramsci intellettuale di tutta la nazione che – gioco forza – non può essere più intellettuale di una classe.

La nostra idea è radicalmente diversa. Quanto scritto da Gramsci nei Quaderni, particolarmente nel periodo tra il 1929 ed il 1932 rappresenta una condanna senza appello alla politica del Terzo Periodo promossa da Stalin e applicata servilmente da Togliatti. Gramsci rivolge le proprie armi teoriche contro il settarismo, l’ avventurismo e il  determinismo economico di tale linea. Ma l’intero arsenale ideologico utilizzato contro la sbandata settaria dei primi anni ’30, può essere utilizzato fuori contesto da Togliatti anni dopo per avvalorare la nuova svolta opportunista.

In ogni caso, per comprendere se e quanto Gramsci in carcere avesse mutato le proprie idee, è quanto meno necessario chiarire quali fossero tali idee in partenza.


[1] ANGELO ROSSI, GIUSEPPE VACCA, Gramsci, tra Mussolini e Stalin, Roma, Fazi, 2007.

[2] PALMIRO TOGLIATTI, Scritti su Gramsci, Editori Riuniti, Roma, 2001, p.101

[3] Ivi

[4] PALMIRO TOGLIATTI, Gramsci, Editori Riuniti, 1967..

[5] PALMIRO TOGLIATTI, Ivi, p.55

Le radici del fascismo

Aventino e antifascismo borghese

Il problema della transizione nei Quaderni del carcere